I mercatini delle pulci, soprattutto quelli nordeuropei non segnalati dalle guide turistiche, sono luoghi affascinanti. Difficile fare affari in senso stretto, anche i commercianti hanno internet e più o meno sanno quello che vendono. Ma si fanno affari in senso intimo, ritrovando quel tal libro o disco, o scovando tra la fuffa una bambola da salvare o anelli di fattura industriale degli anni settanta, meravigliosi e snobbati dalla massa di visitatori. Attendono con malriposta fiducia I mercatini sono anche un immenso cimitero. Pressoché tutto quanto è in vendita proviene dalle soffitte o dalle case di persone che non ci sono più. Libri, cartoline, lettere, fotografie, raccolte di francobolli, giocattoli, souvenir, braccialetti, spille, biglietti aerei, fedine penali, orologi da muro, lampade, cassettiere, abiti, occhiali, orologida polso, spartiti musicali, scatole di biscotti. Tutto appartenuto a gente morta. Decine di migliaia di ninnoli che un tempo hanno avuto ognuno un particolare significato per chi li indossava Va bene, non drammatizziamo, è nell‘ordine delle cose. Mi raccontava un venditore di trenini usati che le vedove si rifiutano di vendere i modellini dei mariti appena defunti, giurano che li conserveranno in eterno ricordo. Ma che dopo cinque anni le signore sono ben contente di disfarsi di quelle cose che ormai hanno assunto la dimensione della cianfrusaglia. Non sono da biasimare, con il passare degli anni le cose appartenute a qualcuno che si è amato appaiono via via sempre più grossolane rispetto al ricordo, e allo strazio sottile che lo accompagna. Meglio che passino a qualcuno che le possa considerare per ciò che sono e mantenerle in vita. Uno dei libri a cui tengo di più, un romanzo dell’autore romantico Wilhelm Hauff (1802-1827), riporta la firma del suo proprietario, un ufficiale tedesco (nell’immagine qui sotto ho cancellato il nome). Con calligrafia perfetta annotava: “In ricordo del quinto Natale di guerra […] 20 dicembre 1943″. Sarà tornato, avrà avuto una vita felice? Chissà. Per ora quell’ufficiale d’inchiostro resta con me, poi quando non ci sarò più spero che qualcun altro se ne prenderà cura, ma non credo. I mercatini sono romanzi a cielo aperto. Qualche mese fa ho trovato lo scambio di lettere, fine anni trenta, tra un signore di Berlino e l‘ambasciata tedesca a Mosca. Quest‘uomo cercava il fratello di cui si erano perse le tracce. C’è voluto del tempo, ma alla fine ho scoperto che quel fratello era approdato a Basilea, in Svizzera, probabilmente fuggendo. E un paio di settimane fa ho notato delle lettere della vedova del direttore d‘orchestra Herbert von Karajan, indirizzate a un uomo che ogni anno si ricordava di festeggiare il compleanno postumo di Karajan. Lei rispondeva con lettere autenticamente grate del pensiero. Occhiali senza più occhi Si fanno anche ritrovamenti divertenti, come un libro che conteneva la fotografia del grafico di una certa casa editrice, inizio anni settanta. Il volto di quel giovane uomo era simpatico, e facendo qualche ricerca ho scoperto la faccenda: il libro, che non era mai stato letto, era stato scritto dal capo del grafico. Quando il dipendente era andato in pensione si era disfatto del libro assieme al proprio ritratto al tavolo da disegno. Al diavolo capo e lavoro. Ma gli oggetti che mi piacciono di più sono i dischi (di vinile) con dedica e data, è bello fantasticare su quei due ragazzi e domandarsi come è andata poi, se si sono sposati o è finita dopo una settimana. E che cosa facevo io quel giorno del 1975? E pensare che le copertine firmate deprezzano il disco. Natale 1982 I mercatini sono un monito, in particolare le bancarelle dei libri. Come ho scritto tempo fa, il mondo è pieno di gente che non vede l‘ora di pubblicare un libro, o di comparire da qualche parte. È umano, in fondo anch‘io sto scrivendo per voi e metto persino il copyright. Ma guardando queste centinaia e migliaia di volumi abbandonati che nessuno vuole neanche a un euro, dimenticati per sempre, si ha la percezione fisica dell‘inutilità della gloria terrena. La gloria fa piacere, e soprattutto spesso porta denaro e ragazze, ma mettiamoci il cuore in pace, al mondo quasi a nessuno frega niente di nessuno. Basta saperlo e non prendersi troppo sul serio. Ancor meno dei libri valgono i CD e i DVD, bisognerebbe dirlo a quei ragazzi che pensano di sfondare vincendo un talent show. Sfondare che? 1 euro i DVD, 50 centesimi i CD Che ne sarà delle proprie cose un giorno? Quando faccio questa domanda a qualcuno, la risposta è sempre: “E che mi importa, tanto non ci sarò più”. È una risposta sciocca, impregnata di un mediocre cinismo. La storia umana è un sovrapporsi e un dialogare di vite e di oggetti. Marie Kondō e autori simili profeti a buon mercato del nichilismo materialista non hanno capito niente. Da hegeliano di sinistra fuori tempo massimo mi piace pensare a una evoluzione infinita, puramente umana, nella quale anche gli oggetti siano in rapporto dialettico tra loro, sfuggente all’uomo. Però più terra terra è anche vero che quegli oggetti, come i trenini delle vedove, spesso hanno senso solo se accompagnati dai loro proprietari, o da chi decide di adottarli. La società nel complesso se ne frega: da decenni le biblioteche non accettano libri in regalo [qualcuna ancora sì – NdR], anche se rari. Anzi, buona parte dei volumi che si trovano a pochi centesimi provengono proprio da biblioteche, come un saggio che ho preso per un paio di euro, un raro testo degli anni cinquanta sulla storia della televisione tedesca, già in possesso della biblioteca di Radio Brema. Al suo interno ho anche trovato un opuscolo con la trascrizione coeva di una conferenza del 1936 sull’avanzamento tecnico della televisione. Acquisito nel 1953, cancellato (ovvero buttato via) il 30 marzo 2017; Radio Brema è una emittente di Stato Ogni tanto saltano fuori associazioni che si propongono di raccogliere cose specifiche donate da persone che non vogliono che vadano perse, cartoline di una certa zona o documentazione su un certo argomento. Ma vedo che dopo pochi anni già restringono il campo di accettazione, per esempio solo cartoline anteriori a un certo anno. E soprattutto vedo spesso che un bel giorno il sito non c’è più e la roba chissà dove è andata a finire. È un’impresa sovrumana raccogliere le cose. Le cose dovrebbero allora forse passare di mano nelle stesse famiglie, ma i figli sono i primi a chiamare gli svuotacantine, un po’ perché chissenefrega di quella collezione di francobolli, un po’ per vaghe vendette postume. Una bella collezione, probabilmente di nessun valore venale Non ho una risposta. Forse alla fin fine il mercatino delle pulci è il luogo dove le cose devono andare a finire. Ed è un posto macabramente molto divertente. (Testo e immagini copyright © Andrea Antonini, Berlino, 2019). Navigazione articoli IMPARARE L’INGLESE, I METODI INNOVATIVI DIPENDENTE PUBBLICO O PRIVATO: COSA CAMBIA PER I FINANZIAMENTI