Negli anni settanta l’Italia era la nazione dove si vendevano più fumetti nel mondo. O almeno, nel mondo occidentale (il Giappone era il primo della classifica anche allora). C’erano molti settimanali a fumetti, alcuni dei quali vendevano più di mezzo milione di copie. E tantissimi giornalini di seconda fila come questi, che pure se la cavavano bene vendendo sulle 50mila copie. Si trattava perlopiù di fumetti mediocri, soprattutto quelli dei grandi editori che raggiungevano diffusioni maggiori solo grazie al basso prezzo di copertina. Il pubblico li comprava perché c’erano scarse occasioni di svago. La televisione pubblica, l’unica esistente, aveva due canali che iniziavano a trasmettere nel tardo pomeriggio: per il resto della giornata c’era il monoscopio fisso. Tra gli ultimi anni settanta e i primi anni ottanta, i bambini iniziarono a conoscere i cartoni animati giapponesi. I quali, come i fumetti di quel Paese, non avevano alcun intento “educativo”. Del resto non ha senso inserire l’insegnamento nei divertimenti, come già sosteneva il drammaturgo e pensatore Friedrich Schiller alla fine del settecento. Da noi, però, imperversavano i pedagogisti barbogi, che già all’inizio degli anni quaranta erano provvisoriamente riusciti a far abolire le pericolose nuovolette dei fumetti. Solo alla fine degli anni settanta il sociologo americano Neil Postman diede il contrordine ai pedagogisti: Ma lasciateli divertire in pace questi bambini! Anche gli adulti, che seguivano testate vendutissime come “Intrepido”, alla fine preferirono i telefilm americani di migliore fattura rispetto ai fumetti nostrani scritti con lo stampino: le nuove reti commerciali, sorte alla fine degli anni settanta, iniziarono a trasmettere in continuazione i telefilm ignorati nei decenni precedenti dalla televisione di Stato. In Giappone, invece, varietà e mancanza di imposizioni pedagogiche hanno permesso ai fumetti di vendere milioni e milioni di copie, anche nell’epoca dei tanti canali televisivi. All’improvviso, nell’Italia dei primi anni ottanta, le edicole si svuotarono di fumetti mentre fino a poco prima ne erano letteralmente tappezzate, e ottimi autori rimasero disoccupati. Non ci facevano caso i critici del fumetto, che pensavano a qualunque cosa salvo che al fumetto “popolare”. Erano entusiasti per il fiorire delle riviste “d’autore”, senza rendersi conto che erano potute nascere solo grazie alla massa di lettori educati al fumetto negli anni precedenti: ora che non c’era più un diffuso fumetto popolare, quelle riviste non potevano che finire male. L’America aveva conosciuto una crisi simile, ma ci fu un uomo che reagì: Jim Shooter. Non ascoltando chi ripeteva che il fumetto era stato ucciso dai nuovi media, alla fine degli anni settanta Shooter cambiò le pessime abitudini consolidate e il fumetto tornò ad avere successo. Non solo i fumetti Marvel, ma, per emulazione, anche quelli della Dc Comics. Naturalmente, dopo che aveva compiuto il miracolo, Shooter fu crocifisso e ancora oggi ci si dimentica di innalzare inni al Salvatore del fumetto americano. Il boom del fumetto italiano degli anni settanta inizia nei sessanta. Cerco di ricostruirlo esaminando i dati delle agenzie di accertamento delle diffusioni dei giornali. Queste agenzie sono incaricate di controllare il numero esatto dei giornali venduti dagli editori che ricevono inserzioni pubblicitarie. Quindi non sono mai state utilizzate dalla Bonelli, che tradizionalmente non vuole pagine di pubblicità. Come pure mancano i dati dei piccoli editori, perché non vendevano abbastanza per interessare i pubblicitari. Abbiamo, comunque, diverse testate a fumetti certificate. Negli anni sessanta l’agenzia preposta a queste indagini era la lad, dalla metà dei settanta l’Ads (che continua a operare ancora oggi). Mentre nei primi anni settanta c’era una grande confusione, con società diverse. I dati Iad sono conservati in una biblioteca di Torino: bisognerebbe passarci un bel po’ di tempo per trascrivere tutti i dati perché, a differenza della Ads, non faceva schede riassuntive annuali con tutte le testate. Quindi i dati Iad che darò, grazie alla gentilissima collaborazione della direzione della biblioteca, sono limitati e frammentari: aspettiamo che qualcuno faccia il lavoro grosso (magari un laureando per la propria tesi). Mi sono concentrato soprattutto sul “Corriere dei Piccoli”, che dall’inizio degli anni sessanta comincia a essere meno spocchioso, abbandonando i “raffinati” parafumetti con le rime baciate e pubblicando qualcosa di più digeribile. Per quanto riguarda gli autori italiani, il Corrierino non riuscirà mai a presentare veri disegnatori di fumetti, con l’eccezione di Hugo Pratt. Mario Uggeri è un caso significativo. Grande disegnatore di fumetti, come si può intuire nei suoi lavori degli anni cinquanta, nel corso degli anni sessanta diventa un accanito (quanto imbarazzante) ricalcatore di fotografie. Se per gli autori italiani c’è poco da fare, i fumetti francofoni aumentano sempre di più nelle pagine del “Corriere dei Piccoli” riuscendo a frenare il calo diffusionale causato dai fumetti in stile americano di “Topolino”. Ecco le copie vendute del “Corriere dei Piccoli”. Ciascun dato comprende il secondo semestre di un anno e il primo del successivo. Corriere dei Piccoli 1962-1963: 272.174 1963-1964: 251.859 1964-1965: 255.514 1965-1966: 273.373 1966-1967: 247.900 1967-1968: 237.990 1968-1969: 238.480 1969-1970: 228.805 1970-1971: 225.014 “Il Giornalino” all’epoca viene venduto solo nelle parrocchie. Il raddoppio e più delle copie nel 1968 è dovuto all’arrivo dei bravi autori transfughi de “Il Vittorioso” in crisi, che ha modificato il nome in “Vitt”. Il Commissario Spada di Gian Luigi Gonano e Gianni De Luca è il personaggio principale del Giornalino, e uno dei migliori fumetti italiani (altro che l’ermetismo di Crepax e Toppi!). Purtroppo, dopo Spada a De Luca commissioneranno solo fumetti privi di spessore. Il Giornalino 1964-1965: 80.328 1965-1966: 73.248 1966-1967: 73.330 1967-1968: 62.522 1968-1969: 159.786 1969-1970: 180.107 1970-1971: 185.488 1971-1972: 186.231 Quanto vendono i supereroi negli anni sessanta? Il settimanale Mondadori di Superman (chiamato Nembo Kid) va benone, il mensile a lui dedicato pure. Albi del Falco – Nembo Kid 1964-1965: 113.844 Superalbo Nembo Kid 1964-1965: 98.339 Sfogliando queste vecchie schede della Iad, noto casualmente che il settimanale d’informazione scollacciato e radical chic “Abc” nel 1971 vende ben 317.248 copie. Negli anni successivi, “Panorama” e “L’Espresso” rubarono la formula di “Abc” arrivando a vendere altrettanto e attirando un fottìo di pubblicità grazie a un’impostazione glamour. Così il graficamente grezzo “Abc” finisce per fallire. In tempi recenti, “L’Espresso” e “Panorama” sono tornati a essere i cloni di “Time Magazine”, togliendo le modelle nude dalle copertine ed eliminando i temi “scabrosi”. Perdendo, di conseguenza, un fracco di copie. Arriviamo alla seconda metà degli anni settanta, con i dati più completi che la segreteria della sempre operativa Ads mi ha cortesemente fornito. Cominciamo con i settimanali. Albi di Topolino 1976 – 98.217 1977 – 72.880 1978 – 72.456 1979 – 63.113 1980 – 42.734 Questo giornalino con poche pagine vende sempre meno perché, ormai, i lettori si possono permettere pubblicazioni più corpose. Albo Bliz / Albo Blitz 1978 – 244.098 1979 – 182.702 1980 – 180.605 1981 – 129.453 1982 – 111.379 1983 – 199.810 1984 – 294.837 1985 – 246.798 1986 – 153.667 Le copie calano dal 1980. Dal 1982 si trasforma in un settimanale giornalistico sempre più spinto. Il compianto Riccardo Schicchi, produttore di Moana Pozzi e di altre pornodive italiane, mi raccontava di avere iniziato la carriera lavorando massicciamente per questa pubblicazione. Candy Candy 1981 – 128.672 1982 – 129.893 1983 – 101.383 1984 – 74.313 1985 – 43.685 Giornalino per bambine, inizialmente con i fumetti originali giapponesi appositamente colorati, in seguito con materiale italiano. Corriere dei Ragazzi / Corrier Boy / Boy Music 1976 – 95.713 1977 – 125.221 1978 – 156.133 1979 – 261.553 1980 – 254.548 1981 – 221.839 1982 – 218.198 1983 – 114.137 Il dato del 1976 deve intendersi riferito al “Corriere dei Ragazzi” (già “Corriere dei Piccoli”), perché solo alla fine dell’anno cambia testata in “Corrier Boy”. Dalle 225.000 copie del 1971 certificate dalla Iad (il direttore generale di allora, Mario Oriani, mi ha detto che l’anno dopo arrivò al record di 250.000) in pochi anni scende sotto le centomila. Questo probabilmente perché i migliori personaggi francofoni sono stati sostituiti da fumetti italiani piuttosto insipidi (salvo quelli umoristici, splendidi, ma a un certo punto eliminati). Molti lettori passano ai meno problematici “Lanciostory” e simili. Il direttore della successiva versione di “Corrier Boy”, Raffaele D’Argenzio, riporta la rivista al successo con fumetti fin troppo popolari, passando così da un eccesso all’altro. I ladri Aristocratici di Alfredo Castelli e Ferdinando Tacconi (qui in edizione album francese) pubblicati dal “Corriere dei Ragazzi”. La sensuale pellerossa Swea di Raffaele D’Argenzio e Nadir Quinto fa da ponte con il successivo “Corrier Boy”. Corriere dei Piccoli 1976 – 80.032 1977 – 75.594 1978 – 128.888 1979 – 108.601 1980 – 68.350 1981 – 68.701 1982 – 98.127 1983 – 108.289 1984 – 139.045 1985 – 153.777 1986 – 153.487 Questo giornalino, rinato da una costola del “Corriere dei Ragazzi”, cresce diffusionalmente pian piano. Nel 1980 c’è una flessione, ma dal 1982 avviene un recupero: cosa pubblica in quegli anni? Boh. Successivamente le vendite crollano. Il Giornalino 1976 – 135.620 1977 – 159.794 1978 – 169.250 1979 – 188.216 1980 – 182.747 1981 – 170.114 1982 – 172.871 1983 – 194.274 1984 – 210.535 1985 – 225.276 1986 – 209.775 Nel 1980 c’è una flessione del Giornalino, ma nel 1983 (in contemporanea con il concorrente “Corriere dei Piccoli”) avviene una nettissima risalita, della quale pure ignoro le ragioni. Anche qui, dopo, la flessione diventa continua. Il Monello 1976 – 482.242! 1977 – 437.883 1978 – 402.474 1979 – 405.273 1980 – 366.286 1981 – 303.593 1982 – 280.632 1983 – 253.227 1984 – 231.992 1985 – 193.029 1986 – 150.786 Il Monello sopra le 400 mila copie: oggi un sogno irrealizzabile per una pubblicazione a fumetti! Il settimanale della Universo perde copie a causa dei molti cloni nati a metà anni settanta: “Corrier Boy”, “Albo Bliz”, “Lanciostory”, “Skorpio” e altri ancora. Il vero declino inizia nel 1980. Intrepido 1976 – 587.171! 1977 – 540.376 1978 – 489.347 1979 – 472.303 1980 – 405.027 1981 – 332.738 1982 – 328.969 1983 – 301.710 1984 – 307.050 1985 – 276.098 1986 – 226.455 “Intrepido” è il settimanale a fumetti più venduto dopo Topolino. Anche questo periodico della Universo perde copie a causa dei cloni nati a metà anni Settanta. Il netto declino comincia nel 1980. Le cose peggiorarono notevolmente quando, per avvantaggiarsi della legge Spadolini che dava la carta gratis alle testate giornalistiche, Intrepido e Il Monello aumentarono a dismisura i redazionali (quando avevo iniziato a curarlo io, nel 1992, vendeva ormai 20mila copie scarse). Topolino 1976 – 750.482! 1977 – 692.962 1978 – 630.326 1979 – 632.020 1980 – 540.550 1981 – 504.246 1982 – 499.804 1983 – 496.977 1984 – 496.746 1985 – 461.270 1986 – 482.996 I cartoni animati giapponesi (Goldrake arriva in Italia il 4 aprile 1978) cambiano i gusti dei piccoli lettori e Topolino ne subisce le conseguenze. Vediamo ora i mensili a fumetti. Almanacco di Topolino / Mega Almanacco 1976 – 266.204 1977 – 238.393 1978 – 238.664 1979 – 224.026 1980 – 166.431 1981 – 138.806 1982 – 108.414 1983 – 81.844 1984 – 84.339 1985 – 176.980 1986 – 176.113 Una buona diffusione fino al 1980, quando per l’Almanacco inizia il declino. Corto Maltese 1986 – 31.320 La riduzione del formato di Linus, avvenuta nel gennaio 1979, trova i consensi del pubblico. Linus 1977 – 62.985 1978 – 56.449 1979 – 70.762 1980 – 69.141 1981 – 69.529 1982 – 53.823 1983 – 51.090 1984 – 64.547 1985 – 62.135 1986 – 60.870 Un’idea della crisi del 1980 può essere data ancora meglio dal numero delle pubblicazioni a fumetti che chiudono i battenti, a partire da “Boy Music” (ex “Corrier Boy”). Se non fossi pigro, sfoglierei i numeri della rivista “If”, che ho nell’armadio alle mie spalle, per contare le testate defunte negli elenchi che presentava trimestralmente. Decine di albi a fumetti che non comparivano nelle certificazioni Iad e Ads. In questo periodo entrano in crisi irreversibile o chiudono definitivamente case editrici medie come l’Editoriale Corno (la mia preferita) e l’Editrice Cenisio. Altre, come Dardo, Bianconi/Metro, Edifumetto ed Ediperiodici, subiscono forti ridimensionamenti dai quali non si riavranno più. Di alcune di loro parlo nell’articolo L’inverno dei fumetti milanesi. Navigazione articoli HORRORLANDIA – 3 JUNGLA!
Lo avevo già detto sul blog ? Il CdP nel 1982 rinasce grazie ai manga italiani ( anche molti sono solo collage dei fotogrammi delle serie tv ) primo tra tutti “Lady Oscar ” ( i cui diritti sono stati acquistati dal licenziatario italiano del merchandising, la Olympus) che riporta il giornale al top di vendite. La Fabbri però gli fa causa dicendo che i diritti di Oscar sono loro ( hanno comprato i diritti del manga originale ) e la vincono. Giusto per dimostrare come la questioen diritti all’ epoca era abbastanza fumosa ; la stessa Fabbri fu fregata da un faccendiere nipponico che gli vendette i diritti de “Il Grande Mazinga ” senza che il suo creatore, Go Nagai, ne sapesse nulla. E Nagai se l’è legata al dito: infatti non vuole che si sappia che è esistita una edizione Fabbri di Mazinga. Non solo ha rimproverato il dipendente Federico Colpi per averla menzionata in un intervista in Giappone, ma se comprate un qualsiasi libro nipponico sulla carriera di Nagai, noterete che che nella sezione ” edizioni estere dei suoi manga”, ci sono tutte le versioni esistenti tranne quelle Fabbri. Rispondi
Mamma mia che nostalgia! Quanti ne leggevo e in quanti di questi ha disegnato anche il mio papà Luigi Merati! Grazie per la bella carrellata! Rispondi
“Non ci facevano caso i critici del fumetto, che pensavano a qualunque cosa salvo che al fumetto “popolare”. Erano entusiasti per il fiorire delle riviste “d’autore”, senza rendersi conto che erano potute nascere solo grazie alla massa di lettori educati al fumetto negli anni precedenti: ora che non c’era più un diffuso fumetto popolare, quelle riviste non potevano che finire male.” Parole sante. Splendido articolo, complimenti! Rispondi
[…] In breve, i lettori cresciuti con i fumetti francofoni del Corriere dei Piccoli della seconda metà degli anni sessanta fuggono pian piano davanti a questa roba, tanto che il Corriere dei Ragazzi scende a 90mila copie (quando i due principali settimanali a fumetti concorrenti ne vendono 400mila e 500mila). Dato che la redazione snob del Corriere dei Ragazzi non vuole staccarsi dal didatticismo, l’editore prende un direttore esterno che riporta la testata sulle 250mila copie. Ormai il settimanale si chiama CorrierBoy e presenta fumetti di autori meno bravi, anche se più svegli (vedi il mio articolo: “I fumetti italiani erano i più venduti del mondo”). […] Rispondi
[…] il fumetto italiano da primo nel mondo per diffusione alla mediocre situazione attuale, descritta qui con tanto di […] Rispondi
[…] Mix, chi era costui? Negli anni settanta le edicole erano ricche di fumetti di ogni tipo. I target e i generi erano i più vari: fumetti per bambini e ragazzi; fumetti […] Rispondi
[…] fumetto scoppiata nei primi anni ottanta parlo, indicando i dati delle vendite, nell’articolo “I fumetti italiani erano i più venduti del mondo”. A me “Intrepido” non piaceva, per questo settimanale avevo scritto solo qualche […] Rispondi
Non vedo citata la rivista “Più e il suo gioco” della Editoriale Domus, clone della francese Pif. Ha venduto così poco? :O Rispondi
ma negli anni 80 e 90 topolino, tex e dylan dog non vendevano milioni di copie? la crisi non è iniziata dopo il 2000? Rispondi
Vendevano centinaia di migliaia di copie, non certo milioni. Con internet le cose sono peggiorate ancora. Rispondi
Sto scrivendo una biografia di Cairroll Rheinstrom che rappresentava DC Comics (1950-1982) per editori in Italia e in altri paesi europei oltre a Messico, Australia ecc. Mi piacerebbe avere notizie da persone che ricordano di aver letto Nembo Kid o Batman nel 1950-1982). Vorrei sapere chi. imparato a leggere usando i fumetti? Dove li hai letti? Li hai acquistati tu? In caso contrario, come li hai ottenuti? Rispondi
L’aumento delle copie vendute de Il Giornalino negli anni 80 potrebbe essere dovuto all’arrivo di serie esterne televisive, come i puffi e gli snorkel? Una nota sugli anni 80 degli almanacchi Topolino, hai scritto che dal 1980 in poi inizia il declino ma i numeri degli anni 1985 e 1986 sono molto alti, cosa intendevi? Ottimo articolo, grazie! Rispondi
«Sfogliando queste vecchie schede della Iad, noto casualmente che il settimanale d’informazione scollacciato e radical chic “Abc” nel 1971 vende ben 317.248 copie. Negli anni successivi, “Panorama” e “L’Espresso” rubarono la formula di “Abc” arrivando a vendere altrettanto e attirando un fottìo di pubblicità grazie a un’impostazione glamour. Così il graficamente grezzo “Abc” finisce per fallire.» In tempi recenti, “L’Espresso” e “Panorama” sono tornati a essere i cloni di “Time Magazine”, togliendo le modelle nude dalle copertine ed eliminando i temi “scabrosi”. Perdendo, di conseguenza, un fracco di copie. Condivido assolutamente, una frase che avrei potuto scrivere io, uguale! Rispondi
Lo dico io cosa portò “Il Giornalino” a vendere più copie del “Corriere dei Piccoli” dal 1983 in poi: il fatto che la storica testata del “Corriere dei Piccoli” ormai non pubblicava più fumetti di qualità ma solo roba asservita alla TV dell’epoca. In sostanza, il CdP era diventato (e lo resterà fino alla fine) un’appendice della TV dei ragazzi anni ’80, mentre “Il Giornalino” pubblicava davvero fumetti originali (di autori sia italiani che stranieri) e di qualità, oltre alla riduzione di grandi classici della letteratura come “I Promessi Sposi” o “I Miserabili”…. per cui diversi lettori del CdP preferirono passare al “Giornalino”. Io fui fra questi. Rispondi