Oggi chiunque lavori nel settore dei fumetti sa di avere dei diritti come autore (o autrice), ma fino a che punto sappiamo davvero in cosa consistono realmente questi diritti? La legislazione che li tutela, al momento, non prende in considerazione il fumetto in modo specifico, costringendo chi ha cercato di occuparsi dell’argomento a “cucire” insieme le regole che, separatamente, riguardano settori simili. Prima di addentrarci nell’analisi della tuttora ingarbugliata materia, vale forse la pena fare un passo indietro e vedere come siamo arrivati al punto in cui ci troviamo. Scrivevo qualche anno fa nella prefazione a un libro di cui ci occuperemo più avanti: “Anche quando l’editoria a fumetti italiana, nell’ultimo dopoguerra, si è sviluppata enormemente con dozzine di editori piccoli e grandi che producevano a raffica settimanali, decadali, quindicinali e mensili per soddisfare la fame di avventura e divertimento a buon mercato, sia pure talvolta di grana grossa, di un vastissimo pubblico, la figura dell’autore di fumetti è rimasta abbastanza negletta e misteriosa. Colpa in parte degli autori stessi che a volte si vergognavano di quel lavoro che procurava buoni od ottimi guadagni ma non era socialmente considerato. Non è un caso se molti preferivano professarsi pittori, per avere uno status riconosciuto. D’altronde, la figura del fumettista non esisteva proprio. E anche altre collaterali, come quella dell’illustratore, non godevano di maggiori riconoscimenti. La coscienza stessa dell’importanza del proprio ruolo, per molti decenni, ai fumettisti in Italia è mancata. Essi si accontentavano di fare un lavoro divertente o addirittura entusiasmante e talvolta anche ben pagato. Il fatto che gli editori si tenessero le tavole originali e talvolta le straziassero per discutibili rimontaggi in occasione di ristampe in formati diversi o le spedissero incoscientemente al macero per far posto in redazione, sembrava normale. Funzionava così, e tanto bastava”. “Anche quando ho iniziato io a fare fumetti, nel 1969, la felicità di pubblicare su una rivista nazionale faceva passare tutto il resto in secondo piano. Non importava che l’editore, dopo la chiusura di Off Side, fosse sparito senza pagarmi. E le mie strisce con lui. Non mi andò meglio con i lavori successivi, come le Sexy Operette. A farmi restituire gli originali non ci pensavo nemmeno. Semplicemente, era una cosa di cui nessuno parlava. Oltretutto, c’era nell’ambiente anche una discreta ignoranza circa la legislazione fiscale che riguardava il nostro lavoro. Io sono stato iscritto per anni all’artigianato, emettendo di conseguenza fattura ogni volta che consegnavo un lavoro. Così facendo, però, cedevo fisicamente all’editore le tavole realizzate, rendendo impossibile ogni richiesta di restituzione degli originali. A modificare questo stato di cose ha provveduto, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, la nascita delle prime fanzine che, da un lato, riconoscevano valore artistico alle opere a fumetti, e dall’altro cominciavano a dar spazio anche alle problematiche legali della professione. I primi a posare le timide fondamenta per una sostanziale presa di coscienza del settore, se la memoria non mi tradisce, sono stati Alfredo Castelli con i suoi interventi su varie fanzine e prozine, e Luca Boschi dalle colonne de L’Urlo. Per fortuna, le buone informazioni corrono abbastanza veloci, e anche in quel caso si diffusero rapidamente tra i fumettisti che iniziarono così a pretendere indietro i propri originali e a chiedere agli editori di stendere regolari contratti”. “All’inizio degli anni Novanta ho personalmente partecipato alla nascita dell’Associazione Fumettisti che, in contemporanea con l’Anonima Fumetti e in linea con quanto già fatto dall’Associazione Illustratori, fece fare alla categoria un ulteriore piccolo passo avanti nella presa di coscienza dei propri diritti. Quanto prodotto dall’associazione nei suoi pochi anni di vita è attualmente disponibile sul blog: http://assfum.blogspot.com/. Dopo anni da quell’esperienza, è del novembre 2010 un incontro tra autori per ridar vita a un’associazione di categoria, mentre opera da tempo un sindacato dei fumettisti, il Silf/Cgil, e un autore del calibro di Ivo Milazzo si spende testardamente per portare al varo di una legge sul Diritto d’Autore relativo a chi opera nel mondo dei fumetti“. E così siamo a oggi. Il Codice Civile, sotto il titolo “Dei diritti sulle opere dell’ingegno e sulle invenzioni industriali”, si occupa dell’argomento con pochi articoli che recitano: Oggetto del diritto. Formano oggetto del diritto di autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Acquisto del diritto. Il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale. Contenuto del diritto. L’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera e di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge. L’autore, anche dopo la cessione dei diritti previsti dal comma precedente, può rivendicare la paternità dell’opera e può opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione dell’opera stessa, che possa essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione. Soggetti del diritto. Il diritto di autore spetta all’autore e ai suoi aventi causa nei limiti e per gli effetti fissati dalle leggi speciali. Trasferimento dei diritti di utilizzazione. I diritti di utilizzazione sono trasferibili. Il trasferimento per atto tra vivi deve essere provato per iscritto. Ritiro dell’opera dal commercio. L’autore, qualora concorrano gravi ragioni morali, ha diritto di ritirare l’opera dal commercio, salvo l’obbligo d’indennizzare coloro che hanno acquistato i diritti di riprodurre, diffondere, eseguire, rappresentare o mettere in commercio l’opera medesima. Questo diritto è personale e intrasmissibile. Leggi speciali. L’esercizio dei diritti contemplati in questo capo e la loro durata sono regolati dalle leggi speciali. Il secondo articolo sancisce senza possibilità di dubbio che il diritto, per l’autore, si costituisce nel momento stesso della creazione dell’opera. Non è così dappertutto: il sistema anglosassone usa invece il “sistema del copyright” e considera costituito il diritto (e lo protegge di conseguenza) solo quando le opere sono state pubblicate. Ulteriori considerazioni ce le fornisce la monografia “Il diritto d’autore” di Ubertazzi e Ammendola (Utet, 1993): “L’ordinamento tutela unicamente le opere dell’ingegno che siano ultimate con la loro esteriorizzazione e abbiano carattere creativo; l’ordinamento attribuisce diritti d’autore sull’opera dell’ingegno anche se essa non ha particolare valore estetico o artistico”. Gli autori aggiungono anche che “l’atto creativo rappresenta l’unico modo per acquisire in via originaria non solamente i diritti cosiddetti morali, indissolubilmente legati alla persona dell’autore, ma anche le facoltà ricomprese nel diritto di natura patrimoniale”. L’atto creativo si configura dunque come condizione necessaria per l’acquisizione del diritto d’autore, ma anche sufficiente. Perciò non occorre depositare l’opera da qualche parte, alla Siae o altrove, per goderne. Questo per quanto riguarda l’Italia. Relativamente all’estero, per un’opera creata in Italia occorre fare riferimento alla Convenzione Universale del Diritto d’Autore di Ginevra, della quale l’Italia ha ratificato il testo di Parigi, nella quale si prevede che anche se uno Stato contraente subordina la nascita e l’esercizio del diritto a formalità quali il deposito e la registrazione dell’opera, detto Stato deve comunque considerare soddisfatte tali esigenze per qualsiasi opera precedentemente pubblicata in altri Paesi da cittadino non appartenente a quello Stato se, fin dalla sua primissima pubblicazione, tutti gli esemplari lecitamente pubblicati dell’opera stessa recavano il simbolo © accompagnato dal nome del titolare del diritto d’autore e dall’anno di prima pubblicazione. In pratica, se in Italia è sufficiente la creazione per far nascere i diritti in testa all’autore, all’estero questi si concretizzano solo dopo la prima pubblicazione nel nostro paese protetta da copyright. La legge difende la proprietà dell’opera anche quando questa venga comunicata al pubblico non indicando il nome anagrafico dell’autore ma un suo pseudonimo, nome d’arte, sigla o segno convenzionale riconducibile al soggetto in questione. Nel caso in cui l’opera venga pubblicata in forma anonima, finché l’autore non viene rivelato è autorizzato a far valere i diritti d’autore chi ha pubblicato l’opera. Interessante anche il fatto che “la capacità di compiere tutti gli atti giuridici relativi all’opera creata viene riconosciuta all’autore che abbia compiuto sedici anni”. Questo per quanto riguarda gli atti legati al diritto morale sull’opera, mentre per i diritti patrimoniali occorre attendere comunque la maggiore età, cioè diciotto anni. Arriviamo così a un elemento fondamentale per quello che riguarda il diritto d’autore: la distinzione tra diritto morale e diritto patrimoniale. Il primo è un diritto “inalienabile, irrinunciabile, indisponibile e imprescrittibile”. Anche volendolo, insomma, un autore non può cedere la paternità dell’opera ad altri: “I promessi sposi” erano, sono e saranno sempre “di Alessandro Manzoni“. Oltre al diritto di vedere sempre apposto sull’opera il proprio nome (o altro elemento identificativo, come abbiamo visto), il diritto morale porta con sé un’altra importante prerogativa: il diritto all’integrità dell’opera. “L’autore, indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione dell’opera e anche dopo la loro cessione, conserva il diritto di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione“. Dunque nessuno può intervenire sull’opera, se non ha ricevuto dall’autore l’autorizzazione a farlo. Restando alla mia personale esperienza, è questo il caso della collaborazione con le testate della Periodici San Paolo, i cui contratti prevedono esplicitamente che l’editore “potrà disporre la revisione dell’opera fornita che, ora per allora, l’Autore autorizza, accettandone gli interventi redazionali d’uso”. Clausola che ho sempre accettato senza problemi poiché avendo ceduto solo i diritti di prima pubblicazione (ci torneremo più avanti) sapevo che, quali che fossero le eventuali variazioni apportate dalla redazione, in occasione di successive riedizioni dei miei lavori avrei potuto utilizzare la versione originale. Da notare che questa regola “può essere invocata anche se, in linea di fatto, l’intervento non autorizzato migliora l’opera“. Mentre i diritti morali, come abbiamo visto, non sono trasmissibili, lo è invece il diritto patrimoniale: “I diritti di utilizzazione economica spettanti all’autore possono essere acquistati alienati o trasmessi in tutti i modi e le forme consentite dalla legge”. Le varie facoltà ricomprese nel diritto di sfruttamento economico dell’opera si possono dunque cedere o concedere in uso, così come è possibile trasferire l’intero diritto patrimoniale. La legge, generica per quello che riguarda la trasmissione di questi diritti, è invece molto dettagliata per quello che riguarda alcuni contratti; è il caso dei contratti di edizione. Abbiamo già accennato al fatto che la trasmissione dei diritti di utilizzazione economica deve essere provata per iscritto. Aggiungiamo che deve “poggiare su di una documentazione idonea per l’interpretazione degli effettivi intendimenti delle parti”. Inoltre, il diritto patrimoniale dura per tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte. Dopo di che “cade in pubblico dominio” e chiunque può liberamente utilizzarla senza bisogno di alcun consenso, rispettando naturalmente gli imprescrivibili diritti morali dell’autore. Come abbiamo detto sopra, la legge sul diritto d’autore non prende in esame in modo specifico l’opera fumettistica. Per addentrarci un po’ più a fondo nella tematica, ricorriamo a quella che è probabilmente l’unica opera sull’argomento: “Il Diritto d’Autore nelle Opere a Fumetti” di Salvatore Primiceri e Annalisa Spedicato. Potete trovarne un estratto (una dozzina di pagine, comprensive della mia surriportata prefazione per esteso) a cura di Sbam Comics a questo indirizzo: https://issuu.com/admstudio/docs/sbam_diritto_autore_preview Gli articoli di Legge che regolano il Diritto d’Autore prendono in esame i più disparati tipi di opere (letterarie, musicali, coreografiche, cinematografiche, fotografiche eccetera) ma, come abbiamo detto, non il fumetto. In assenza di indicazioni specifiche, Primiceri e Spedicato riconducono il nostro medium a due categorie presenti nell’elenco e, insieme, “apparentabili” al fumetto: “l’opera letteraria” e “il disegno”, corrispondenti alla creazione della sceneggiatura e a quella delle strisce/tavole disegnate, i due elementi che compongono ogni opera fumettistica. Nella pratica, le figure impegnate nella realizzazione dell’opera possono essere anche più di due: oltre all’autore dei testi, le figure che si occupano del disegno possono essere a loro volta due, l’autore delle matite e l’inchiostratore. A questi, in alcuni casi, si può aggiungere anche il colorista. Naturalmente, le diverse componenti possono far capo a una sola persona, quello che viene comunemente indicato come “autore completo” (per esempio Vittorio Giardino), e in questo caso è sufficiente applicare le norme di legge relative all’opera letteraria, e per la trasmissione dei diritti patrimoniali dell’opera basta un contratto di edizione simile a quello usato per gli scrittori. Qui sotto potete vederne un esempio. Rispetto a questo esempio, oltre alla formulazione possono cambiare anche molti elementi relativi alla cessione dei diritti patrimoniali. Per esempio l’autore può decidere di cedere i diritti per la pubblicazione in volume, ma non quelli per l’edizione digitale, oppure di cedere i diritti solo per l’Italia, riservandosi di contrattare i diritti esteri direttamente con gli editori di altri Paesi eccetera. Autore ed editore possono decidere liberamente di comune accordo i singoli punti del contratto, in base ai reciproci interessi e necessità. Pure per quello che riguarda l’acconto che abitualmente l’editore versa all’autore (la cifra minima è di solito intorno ai 1000/1500 euro e può arrivare a molte migliaia di euro nel caso di autori che vendono abitualmente decine di migliaia di copie), autore ed editore sono liberi di prevederlo o meno; per esempio nel caso della ripubblicazione di un’opera che, essendo già pronta e non richiedendogli dunque ulteriore impegno, l’autore può decidere di non richiederlo. L’importante, per l’autore, è assicurarsi che alcuni punti fondamentali siano presenti: 1) Che la paternità dell’opera venga indicata in capo all’autore e che a questo venga garantito il pacifico godimento dei diritti ceduti per l’intera durata del contratto. 2) Che sia specificato se si tratta di un contratto per edizione o di un contratto a termine. Nel primo caso deve essere indicato il numero di edizioni e il numero di copie per edizione che l’editore intende stampare, così come il termine entro il quale quest’ultimo intende pubblicarle a partire dal momento della consegna dell’opera (il termine massimo sono vent’anni); in mancanza di queste indicazioni, si intende che il contratto ha per oggetto una sola edizione per un massimo di duemila esemplari. Nel secondo caso l’autore consente all’editore di stampare l’opera nel numero di edizioni e con le tirature che quest’ultimo ritiene necessarie entro un arco di tempo prefissato. 3) Che siano stabilite le percentuali sul prezzo di copertina spettanti all’autore per ogni copia venduta relativamente ai vari canali di diffusione di cui si prevede l’utilizzazione (libreria, fumetteria, vendite online ecc.) e che vengano specificate la periodicità e le modalità con le quali verranno pagate dette spettanze. Quando l’opera non viene pubblicata sulla base di un contratto di edizione (per esempio una storia breve o una serie a puntate commissionate da una rivista), l’autore o gli autori possono cautelarsi scrivendo nella Nota di pagamento inviata all’editore: “Per cessione dei diritti di prima pubblicazione”. In questo modo l’editore non potrà pubblicare di nuovo l’opera, sulla stessa rivista o altrove, senza pagare di nuovo l’autore/gli autori. Nel caso che gli autori di un’opera a fumetti siano due o più, le cose si complicano leggermente. Non è più sufficiente ricorrere al contratto di edizione di un’opera letteraria, ma occorre prendere in esame altri tipi di classificazione previsti dall’attuale normativa. Sto parlando delle Opere Collettive, delle Opere in Comunione (o Creative Semplici) e delle Opere Composte. Il primo caso è quello che riguarda opere come le enciclopedie, nelle quali i diritti risultano tutti in testa al coordinatore, mentre gli autori delle singole voci vengono considerati semplici collaboratori pagati in modo forfettario al momento della prima pubblicazione; non mi vengono in mente opere a fumetti che possano rientrare in questa categoria. Le Opere in Comunione, invece, sono quelle con più autori dei quali è impossibile determinare il singolo apporto all’opera, come i libri scritti a quattro mani. La legge prevede che, in mancanza di un diverso accordo scritto, in questo caso il diritto d’autore spetti in uguale misura a tutti gli autori. Nell’ambito del fumetto una simile modalità trova pochissime occasioni di applicazione. L’unica che mi viene in mente è, forse, quella dei lavori realizzati dalla esseGesse dove l’interscambio dei ruoli nella realizzazione delle storie da parte dei tre autori era continuo e l’individuazione dell’intervento dell’uno o dell’altro spesso difficile. Le Opere Composte, infine, riguardano creazioni che nascono dall’insieme di arti differenti come, per esempio, la canzone che comprende testo e musica. Sono in molti ad apparentare il fumetto a questo genere di opere nate dall’unione di più parti distinte e inscindibili fra loro. La disciplina al riguardo è piuttosto articolata, ma semplificando si può dire che la legge prevede che i diritti di paternità dell’opera siano in capo a tutti gli autori coinvolti. Ovviamente si pone il problema della ripartizione dei proventi derivanti dallo sfruttamento patrimoniale dell’opera. Una corrente di pensiero vuole che in occasione della prima pubblicazione, vista la disparità di tempo impiegato rispettivamente dallo sceneggiatore e dal disegnatore, il secondo riceva una percentuale maggiore dei proventi (quantificabile approssimativamente nel 70%), mentre per le successive pubblicazioni i guadagni siano divisi in parti uguali tra i due autori. Va in questa direzione anche la proposta di Legge presentata in Parlamento (“L’esercizio dei diritti di utilizzazione economica (…) spetta all’autore o ai coautori in parti uguali. Nella fase produttiva dell’opera stessa, tenuto conto della disparità di tempo necessario alle due parti creative per la sua realizzazione, il compenso, a pagina o a percentuale, è ripartito tra le parti in maniera proporzionale“). Personalmente trovo che, nel tempo, una simile condizione andrebbe a creare un vantaggio economico non indifferente per lo sceneggiatore e che sarebbe pertanto più giusto mantenere la disparità di ripartizione anche per le edizioni successive alla prima. Se per opere fumettistiche come quelle fin qui analizzate è dunque abbastanza agevole individuare, in linea di massima, i riferimenti di legge per dirimere i problemi che si presentano, se si passa nel campo della produzione seriale la situazione diventa molto più complessa: ci si addentra in un territorio paludoso dove a ogni passo si rischia di rimanere invischiati. L’argomento sarà oggetto di un altro articolo. Navigazione articoli FUMETTI IN CONCORSO, GLI EX LIBRIS DEL 2018 BOTTEGO A FUMETTI, L’ESPLORATORE UCCISO COME CUSTER