Nel novembre di vent’anni fa andava in onda negli Stati Uniti l’ultima puntata di Hercules: The Legendary Journeys. La serie che, insieme al suo spin-off Xena, ha sdoganato il genere fantasy in tv. Ritenuto da molti solo una “cafonata ignorante”, è di sicuro l’opera con cui Sam Raimi ha portato avanti quella sua poetica cazzaro-citazionista che aveva già sfoggiato nel cinema horror. QUESTA È LA STORIA DI UN TEMPO LONTANISSIMO… All’inizio degli anni novanta Sam Raimi era ancora lontano dal diventare, grazie ai fasti della trilogia di Spider-Man (o almeno i primi due), uno dei più influenti registi di Hollywood. Si era però già guadagnato il suo zoccolo duro d’estimatori con la trilogia di Evil Dead (nota in Italia come La Casa, La Casa 2 e L’Armata delle Tenebre) e Darkman, con gli allora poco conosciuti Liam Neeson e Frances McDormand. Quattro capolavori a basso costo in cui si era dimostrato bravissimo a fondere il registro comico e quello serio inseriti in un contesto horror o fantastico. Proprio come i suoi grandi amici (e co-inquilini ai tempi dell’università), i fratelli Joel e Ethan Coen, erano riusciti a fare con il thriller-noir. Forte di questi risultati, nel 1994 riuscì a convincere la rete tv della Universal a produrre un suo progetto coltivato con lo sceneggiatore Christian Williams, proveniente dalla mitica serie poliziesca Hill Street Giorno e Notte. Una serie tv sulle mirabolanti avventure del forzuto Hercules (la lingua inglese mantiene il nome latino di Ercole), figlio di Giove, re degli dèi, e dell’umana Alcmena. Un semidio perennemente alle prese con mostri, tiranni, signori della guerra, bande di briganti e soprattutto con le perfide macchinazioni degli dèi. Primi tra tutti la matrigna Giunone, regina dell’Olimpo, e il fratellastro Marte, dio della guerra. IL TEMPO DEI MITI E DELLE LEGGENDE La serie ebbe un successo superiore alle aspettative. Dapprima furono prodotti cinque film per la tv da un’ora e mezzo, poi (dal 1995 al 1999) sei stagioni regolari per un totale di 115 episodi dalla durata di 40/45 minuti l’uno. Christian Williams fu accreditato come unico ideatore della serie, Sam Raimi e il suo socio di sempre, Rob Tapert (poi marito di Lucy Lawless/Xena), come produttori esecutivi. Mentre il loro compositore di fiducia, Joseph Lo Duca, firmò le musiche. Sceneggiature e regia furono affidate a onesti professionisti del mondo della tv, ai quali si sarebbe aggiunto, in qualità di consulting producer, Gerry Conway, negli anni settanta sceneggiatore dei fumetti de L’Uomo Ragno, nelle pagine del quale aveva creato The Punisher, e più di recente produttore esecutivo di Law & Order: Criminal Intent. Per il ruolo del protagonista la scelta ricadde sull’altissimo (1 metro e 97), muscoloso e abbronzato ex-modello italo-americano Kevin Sorbo. Un attore non molto espressivo, ma simpatico. Accanto al quale è stato disposto un cast indovinato. Michael Hurst, attore neozelandese ben noto in patria, nei panni del fido amico Iolao è un gran compare alla Bud Spencer/Terence Hill. La leggenda di Hollywood Anthony Quinn, apparso solo nei primi tv-movie, è un Giove godereccio e farfallone. La bella Alexandra Tydings è una Venere frivola e sciupamaschi (non potrebbe essere altrimenti). Robert Trebor è il mercante trafficone Salmoneo. Bruce Campbell (attore feticcio di Raimi, protagonista della saga di Evil Dead) è il ladro gentiluomo Autolico, con tanto di baffetti e completo alla Robin Hood. Infine, Kevin Smith, attore australiano omonimo del regista di film cult come Clerks e Dogma, è un Marte supercattivo, così sopra le righe da risultare simpatico. Purtroppo, Smith è deceduto nel 2002 in un incidente sul set di un film che stava girando a Hong Kong. L’Hercules interpretato da Sorbo ha poco a che vedere con quello della leggenda: non è un eroe spavaldo e impulsivo come lo intendevano i greci, bensì un Superman dell’antichità gentile e ironico, non privo di dubbi ma sempre dalla parte dei deboli. I vari episodi, del resto, re-inventano la mitologia a proprio uso e consumo. Il telefilm non pretende neanche per un attimo di essere preso sul serio, trasformandosi da subito in un concentrato delle passioni di Raimi (che già avevano il loro manifesto nel capolavoro L’Armata delle Tenebre): acrobazie da film di arti marziali, gag ispirate alle comiche del muto e ai cartoon dei Looney Tunes, e mostri realizzati con pupazzoni di gomma come nei classici di Ray Harryhausen degli anni cinquanta. Malgrado effetti speciali e creature fantastiche non furono realizzati in maniera esclusivamente artigianale. Anzi, Hercules fu una delle prime serie (insieme a Captain Power e Star Trek TNG) a utilizzare i nascenti effetti digitali generati al computer, che all’epoca erano prerogativa del cinema poiché costosi. Proprio per ridurre i costi, l’intera serie fu girata in Nuova Zelanda, dato che la società che produceva gli effetti speciali, la Flat Earth, era per l’appunto neozelandese. Filmare in Nuova Zelanda permise alla troupe di riprendere immensi paesaggi naturali di grande impatto suggestivo. Non a caso Peter Jackson avrebbe di lì a poco girato in quei luoghi la trilogia del Signore degli Anelli. Lo scenario verde e rigoglioso della Nuova Zelanda è più simile all’Europa settentrionale che a quella mediterranea, e anche costumi e scenografie di Hercules ricordano più il primo medioevo barbarico dell’antica Grecia. Paradossalmente, questo è stato un ulteriore punto di forza dello show: tanto più ci si allontana dall’epica classica, tanto più ci guadagna in citazioni e strizzate d’occhio al genere fantasy (o sword & sorcery). In pratica Sam Raimi ha saputo sfidare i gusti del proprio tempo. Negli anni novanta le serie tv sapevano solo raccontare i crucci amorosi adolescenziali, o gli alti e bassi privati e professionali di sbirri, medici, avvocati eccetera. Hercules ha riportato in tv un telefilm d’avventura allo stato puro, come ai tempi di Zorro o dell’A-Team. Appassionante per i bambini, spassoso per gli adulti, e con in più un gusto per il fantastico, un “sense of wonder”, per dirla all’inglese, simile a quello dei fumetti anni trenta. L’adattamento a fumetti della Topps di “Hercules” è scritto da Roy Thomas, che in precedenza aveva portato al successo i comic book di Conan il barbaro CHE GRANDE IDEA RUBARE IDEE Dietro al suo più o meno apparente trash, Hercules cela il più vasto e onnicomprensivo omaggio alla fantasia e all’avventura a 360 gradi. Non solo la mitologia, ma anche le fiabe, i romanzi di cappa e spada e quelli di fantascienza/horror, i fumetti supereroistici e i film hollywoodiani. Non a caso gli episodi più bizzarri e citazionisti, che in un telefilm “serio” sarebbero sembrati dei jump the shark, qui risultano memorabili in virtù della leggerezza e della goliardia di fondo. Ne ricordiamo alcuni in ordine sparso. La dea Giunone invia sulla Terra un sicario in grado di liquefarsi come in Terminator 2. Iolao si sostituisce al suo cugino/sosia re Oreste per sventare una congiura. Chiaro riferimento al romanzo Il Prigioniero di Zenda (1894) di Anthony Hope, e i vari film da esso tratto. Hercules e Autolico, come Jack nella fiaba famosa nei paesi anglosassoni, scalano una pianta di fagioli e affrontano un gigante che vive sopra le nuvole. Hercules viene processato da alcuni individui convinti che il suo desiderio di aiutare la gente sia in realtà dannoso per l’umanità. Come accadde nella storia Dev’esserci un Superman? di Elliot Maggin e Curt Swan (Superman n. 247 del gennaio 1972). Hercules e un galeotto si ritrovano in un deserto infestato da mostri sotterranei ciechi, ma dall’udito finissimo, come Kevin Bacon e Fred Ward nel cult movie Tremors. In un episodio si scopre, come nel multiverso Dc Comics, un universo parallelo dove ognuno ha un doppelganger fisicamente identico, ma caratterialmente opposto (Hercules è un tiranno, Iolao un giullare, Marte il dio dell’amore…). Autolico e Salmoneo, per sfuggire a degli assassini, si travestono da donna imboscandosi in una compagnia di ballerine, come Jack Lemmon e Tony Curtis in A Qualcuno Piace Caldo. Sorbo e Hurst sono due ladruncoli nella Francia rivoluzionaria: ispirati dalle gesta di Hercules, si uniscono al bandito Colpe Rossa, un omaggio al romanzo La Primula Rossa (1905) di Emma Orczy. In un paio di episodi (Hercules dove sei? e Cercasi nuova storia per Hercules), in un geniale corto circuito tra realtà è finzione, il cast del telefilm interpreta i membri della troupe. Si scopre così che la star dello show, Kevin Sorbo, è realmente Hercules, il quale continua ancora oggi in incognito la sua lotta contro il Male. È questa la magia del telefilm Hercules: trasmettere al giovane spettatore il divertimento, l’entusiasmo, e la genuina passione dei suoi realizzatori. Il successo di Hercules ha originato due spin-off: l’amato dai fan Xena: Principessa Guerriera e l’inutile Young Hercules (che se non altro ha lanciato Ryan Gosling). Ha ispirato anche tutta l’ondata di telefilm fantasy che hanno imperversato in tv nella seconda metà degli anni novanta, come Sinbad e Le Nuove Avventure di Robin Hood. FINCHÉ DEGLI ESSERI UMANI AVESSERO INVOCATO AIUTO… Rivisto a vent’anni dalla conclusione, e volendo dare ragione ai detrattori, un telefilm come Hercules può essere considerato un’occasione sprecata. Dato che poteva essere il modo per far conoscere la mitologia greca presso il pubblico giovane a ben altri livelli, invece di essere un ipermercato del genere fantasy. Ciononostante è stato in grado conquistarsi e mantenere negli anni l’affetto del pubblico. E, secondo il mio modesto e trascurabilissimo parere, da un buon telefilm non si potrebbe pretendere niente di più che del sano divertimento. Navigazione articoli I CARTONI ANIMATI DELLA FILMATION IN ITALIA QUANDO BERTRAND CANTAT UCCISE MARIE TRINTIGNANT