I ragazzi di Midnight Factory/Koch Media hanno fatto uscire per la prima volta in alta definizione il capolavoro che ha fatto la storia dell’horror-thriller dagli anni settanta a oggi: Halloween – La Notte delle Streghe (1978) di John Carpenter, interpretato da Donald Pleasence e Jamie Lee Curtis. Iniziamo con la sigla: Non puoi distruggere il Male. Puoi sparargli, seppellirlo, pregare che muoia, ma lui è sempre là fuori che ti aspetta. È qualcosa di eterno e incombente, anche nei posti quotidiani e anonimi. Come la città di Haddonfield (Illinois), dove Michael Myers, sei anni, uccise sua sorella la notte di Halloween. Chiuso in un manicomio, Michael diventa un gigante muto e privo di emozioni. Quindici anni dopo, sempre ad Halloween, Michael fugge e, procuratosi una tuta da meccanico, una maschera bianca (che si rifà ai tratti di William Shatner, il capitano Kirk di Star Trek), e un coltello da cucina, ricomincia a uccidere, prendendo di mira la liceale babysitter Laurie Strode (l’esordiente Jamie Lee Curtis) e le sue amiche. Intanto lo psichiatra Sam Loomis (Donald Pleaseance, che era lo strizzacervelli anche in Altrimenti ci arrabbiamo), convinto che Michael sia un vero e proprio mostro, cerca di convincere lo sceriffo del pericolo in agguato. Donald Pleasence Halloween è probabilmente, insieme a Per Un Pugno Di Dollari e I Predatori Dell’Arca Perduta, l’opera più imitata nella storia del cinema. Costò solo 300mila dollari e incassò ben 50 milioni, diventando il film a basso costo più redditizio di sempre fino a The Blair Witch Project, e lanciando John Carpenter come regista (futuro autore di 1997: Fuga da New York, La Cosa, e Grosso guaio a Chinatown). Carpenter ha scritto anche il soggetto, insieme alla fida Debra Hill (1950-2005). Mescolando l’horror soprannaturale (il Male puro, eterno e indistruttibile di cui parlavamo prima), con quello della realtà (il serial killer), Halloween ha sancito ufficialmente la nascita di un nuovo filone del genere horror: lo slasher (da slash, “massacro”). Jamie Lee Curtis Certo, c’erano già stati Non aprite quella porta di Tobe Hooper (1974), e i nostrani I corpi presentano tracce di violenza carnale di Sergio Martino (1973) e Reazione a catena di Mario Bava (1971), ma nessuno ha saputo cristallizzare in maniera così esemplare gli ingredienti del genere. – C’è un fatto di sangue. – Dopo un tot di anni, l’assassino torna a colpire sul luogo del delitto. – Quasi sempre è uno grosso, muto e mascherato. – Prende di mira un gruppo di persone (quasi sempre adolescenti antipatici e stupidotti alla Dawson’s Creek) che si trovano in un luogo fuori mano, dove è difficile trovare aiuto. – L’assassino uccide le vittime una a una, prendendole di sorpresa, usando non armi da fuoco, bensì mani nude, coltelli o attrezzi da lavoro. – Le vittime principali sono i giovinastri che fumano erba e fanno sesso alla leggera. E qui gli strizzacervelli ci hanno inzuppato il pane per anni, vedendo nel mostro una metafora del mondo degli adulti. “Scusate, non volevo porre fine alla rivoluzione sessuale”, disse lo stesso Carpenter. – Viceversa, l’unica a sopravvivere (la cosiddetta final girl) è la ragazza timida e giudiziosa. – Quando tutto sembra finito, ecco che il killer (creduto morto) si dilegua pronto per dare il via a una sfilza di sequel che non verranno mai considerati all’altezza del primo. Halloween ha insomma dettato le “regole” che saranno imitate da tutti gli horror anni ottanta (Jason Voohrees di Venerdì 13, tolta la maschera da hockey, non è che un tarocco campagnolo di Michael Myers) e poi ribaltate nei novanta da Scream, che così facendo infonderà nuova linfa al genere. Plagi, imitazioni, parodie a parte, nessun altro slasher ha saputo ricreare l’atmosfera claustrofobica e da pericolo sempre incombente che si respira nel film di John Carpenter, dove la paura non nasce dall’effetto trucido (non si vede mai una goccia di sangue), ma dai tradizionali meccanismi cinematografici per creare la suspense. Due su tutti, l’idea di girare in gran parte in soggettiva, in modo che lo spettatore veda con gli occhi dell’assassino (idea mutuata dai thriller di Dario Argento), e la straordinaria colonna sonora composta dallo stesso Carpenter, e spesso più spaventosa delle immagini. Che si ami l’horror o meno, Halloween resta la dimostrazione che con pochi soldi, tanto entusiasmo, conoscenza del mestiere e qualche idea brillante, è possibile fare un grande film. Halloween è il vecchio modo di fare il cinema. Halloween è il cinema. La versione Midnight presenta 3 dischi Blu-ray contenenti il film in 4K (91 minuti circa), il film in versione ufficiale (87 minuti circa) e il film in versione estesa (97 minuti circa). Più gli extra Nella confezione è presente un booklet e una cartolina col poster del film. Disponibile anche un’edizione a 2 Dvd senza il film in versione 4K. (Immagini reperite nel Web: © degli aventi diritto). “Fanart” dell’autore dell’articolo Navigazione articoli ANTHONY PELLICANO, IL DETECTIVE CHE RICATTAVA HOLLYWOOD TERMINATOR – DESTINO OSCURO DELLA MARMOTTA