In questi primi capitoli parliamo di un’epoca in cui è appena nato un bambino: la fotografia. Tutto è nuovo e degno di sorpresa. Per leggere le fotografie del primo ventennio, dobbiamo guardarle immergendoci in quell’epoca e vederle come qualcosa di nuovo. Con l’occhio di oggi risulteranno “ridicole” perché non le capiamo, oppure ci sembreranno “già viste”. Ogni scatto, anche il più antico, vive di una sua vita autonoma, immutabile e irripetibile. Quello che differenzia un selfie da una fotografia artistica è la qualità, non solo tecnica, ma anche di contenuto. E quello che differenzia una fotografia storico-artistica da una fotografia semplicemente interessante per l’aspetto storico, è sempre la qualità. LeGray / Alophe: Logo dello studio (1860 circa) Nel capitolo scorso su Nègre c’è una foto, quella de Il vampiro, in cui coesistono sia l’elemento storico (l’uomo con il cappello), sia l‘elemento artistico (il bellissimo gargoyle di Viollet le Duc, senza contare i particolari architettonici di Notre Dame). Non è la presenza dei due elementi che la fanno una foto artistica, e non solo storica, ma è l’occhio di Nègre che è riuscito a creare una inquadratura che trascende il tempo, perché ha saputo fermarlo. Era bella allora e continua ad esserlo oggi, anche se siamo nell’era digitale. Perché nella fotografia del doccione c’è la Qualità. Gustave Le Gray: Autoritratto (1847). Il fotografo si è ritratto con la sua camera per dagherrotipi Gustave Le Gray fu un pittore senza successo che si diede alla fotografia con l’obiettivo di far soldi, anche perché a ventotto anni aveva una famiglia da mantenere. Chiese un prestito e aprì uno studio di ritrattistica a Parigi, ma l’arte del ritratto si rivelò poco lucrosa quanto la pittura. Malgrado questo, Le Gray fu uno dei massimi artisti dell’Ottocento, un grande in ogni sua attività fotografica: splendido fotografo, eccellente stampatore, bravissimo ritrattista, eccezionale nella resa di vedute, inventore di nuove tecniche. Fu anche uno dei cinque leggendari fotografi che parteciparono alla Mission Héliographique del 1851. Visti i risultati poco remunerativi avuti dalla ritrattistica, Le Gray pensò di darsi alle vedute architettoniche e alle scene all’aperto, per le quali inventò e applicò quel processo denominato Hdr che oggi viene utilizzato per migliorare la resa fotografica di uno scatto fatto con lo smartphone. G. Le Gray: L’imperatrice francese Eugenia in preghiera (1856) G. Le Gray: Palmira Leonardi, la signora Le Gray (1848) G. Le Gray: Frédéric Buisson, compositore e dandy (1848) G. Le Gray: Ritratto del pittore Hippolyte Flandrin (1848) G. Le Gray: Ritratto del fotografo Henri Le Secq (1848) G. Le Gray: Ritratto di due bambini colorato a mano (1857 – 1860) A quei tempi non esisteva il frastuono di immagini che ci sovrasta oggi. Per poter vedere raffigurati gli scavi di Pompei, per esempio, ci si doveva affidare a incisioni in copia limitata o pubblicate su periodici o libri, o a disegni riportati da viaggiatori nei loro album. A meno che i luoghi non fossero ritratti in opere pittoriche che, per evidenti ragioni, non potevano godere di grande diffusione presso la gente comune. Teniamo poi presente che la gente di quell’epoca percepiva il tempo in modo diverso, più dilatato e lento. Era un mondo più “contemplativo”, dove l’attenzione per le cose era meno compulsiva guadagnandone in profondità. Non dimentichiamo, poi, che per ottenere i risultati che hanno ottenuto, questi pionieri disponevano di una tecnica ancora primordiale. Malgrado questo, scatti fatti a quei tempi certi fotografi di oggi se li sognano. Come Charle Nègre, anche Le Gray proveniva dalla scuola pittorica di Delaroche e, in ambito fotografico, fu un pittorialista, cioè un sostenitore della fotografia come mezzo espressivo artistico, al pari delle arti maggiori. Mentre, invece, la maggior parte dei suoi contemporanei la consideravano una semplice tecnica per riprodurre la realtà, oppure un supporto documentaristico. Il dibattito era acceso e riempiva le pagine delle più importanti riviste culturali e fotografiche. Le Gray dirà: “(…) invece di cadere nel dominio dell’industria e del commercio, la fotografia entri in quello dell’arte, dove è l’unico e vero suo posto”. G. Le Gray: Salon de Paris (1852) D’altra parte, c’era un’incertezza generale su dove e come collocarla: nelle arti o nelle scienze? Clamoroso, ai nostri occhi contemporanei, fu quello che successe all’Exposition del 1850: la commissione rifiutò nove fotografie di Le Gray. Dapprima furono collocate nella sezione “litografie”, subito dopo radiate da una seconda commissione perché: “I primi giudici le avevano considerate come opere d’arte, i secondi nella classe dei prodotti scientifici”. Oggi sappiamo che la fotografia sarebbe entrata in più ambiti, ma fu allora che si gettarono le basi per l’utilizzo che se ne sarebbe fatto in seguito. Alcune vedute di paesaggi francesi. G. Le Gray: Cahors, Pont Valentré (1851) G. Le Gray: Carcassonne (1851) G. Le Gray: Fontainebleau, II faggio (1855-1857) G: Le Gray: Ponte del Gard (1850-51) G. Le Gray: Palazzo del Louvre, Padiglione Mollien (1859) G. Le Gray: Fontainebleau, Paesaggio di rocce (1849) G. Le Gray: Parigi, Pont du Carrousel (1856-58) G. Le Gray: Fontainebleau, la foresta (1856 circa) E tre fotografie di carattere militare scattate durante un giro d’ispezione di Napoleone III. La massima preoccupazione di Le Gray era la luce. Queste foto furono scattate all’alba, prima che la bruma si levasse perché, a mano a mano che le truppe si allontanavano e si infiltrava la nebbia tra loro e il fotografo, la nitidezza dell’immagine si dissolveva. Le Gray utilizzò il procedimento al collodio umido per ottenere queste profondità di campo. G. Le Gray: Camp de Chalons, 3 ottobre 1857 G. Le Gray: Manovre militari (1857) G. Le Gray: Camp de Chalons, cavalleria in manovra (1857) Uno dei grandi meriti di Le Gray fu la creazione di innovazioni tecniche che gli permisero di superare la povertà di mezzi di quel periodo, utilizzando in alcune sue splendide vedute, per esempio, la “stampa combinata”, cioè l’utilizzo di più negativi per ottenere un unico positivo, come vedremo bene nelle prossime fotografie di marine. I pittorialisti utilizzarono per lo più il calotipo, non solo per la sua proprietà intrinseca di essere riprodotto, ma anche perché la stampa su carta permetteva quella “confusione visiva” del dettaglio che, invece, il dagherrotipo registrava in modo sostanzialmente meccanico, cioè esatto rispetto alla realtà. Nel 1850 pubblicò il “Trattato pratico di fotografia su carta e su vetro”. La sua maestria di tecnico e di artista fotografico fece scuola, non solo a molti grandi fotografi francesi, ma anche inglesi come, per esempio, Roger Fenton, che possiamo annoverare come il primo reporter di guerra nell’accezione contemporanea. Sono leggendarie le marine di Le Gray, dove si vede sia il risultato artistico sia l’applicazione pratica delle sue invenzioni. Le Gray sapeva che, quando si fotografano scene con contrasti forti, come può essere quella di un paesaggio marino, è necessario un compromesso durante l’esposizione per riuscire a riprodurre in modo corretto sia il cielo che il mare. Per dare la resa che si può ben vedere nelle seguenti fotografie, inventò il seguente processo: scattò due immagini, una del cielo e una del mare, e poi in camera oscura fece una stampa composita utilizzando i due negativi. Il risultato dava una esposizione corretta e dinamica. La marina più famosa è la Grande Onda. G. Le Gray: La grande onda (1857) Altri paesaggi marini in cui è reso in modo eccezionale il contrasto della luce. G. Le Gray: Imbarcazione della flotta di Napoleone III in partenza da Le Havre (1856 o 1857) G. Le Gray: Paesaggio marino con nave in partenza (1857) G. Le Gray: Il Brick1856 G. Le Gray: La flotta inglese a Cherbourg (1858) G. Le Gray: Normandia, Il sole allo zenit (1856) Pur riuscendo a diventare il fotografo ufficiale di Napoleone III, il successo artistico non eguagliò quello economico, tanto che dovette abbandonare moglie e figli per sfuggire ai creditori. Lasciò il paese e nel 1860 cominciò un tour per l’Oriente insieme ad Alexandre Dumas padre. Fu in occasione di questo viaggio che ebbe modo di incontrare Garibaldi e documentare la devastazione che avevano lasciato i bombardamenti borbonici a Palermo, oltre a ritrarre lo stesso Garibaldi il quale, fin da subito, aveva acconsentito di buon grado perché aveva compreso l’importanza della fotografia a scopo pubblicitario; infatti, in breve tempo le fotografie di Palermo distrutta fecero il giro dell’intera Europa. È lo stesso Dumas a raccontarlo nel romanzo I Garibaldini, pubblicato nel 1861, dove descrive anche la battaglia di Calatafimi. G. Le Gray: Ritratto di Alexandre Dumas, il padre (1859) G. Le Gray: Ritratto di Giuseppe Garibaldi (1860) G. Le Gray: Palazzo Carini a Palermo (1860) G. Le Gray: Palermo, Via di Toledo (1860) Rimasto solo, in seguito a una lite che aveva coinvolto i due uomini e altri viaggiatori, Le Gray partì per il Libano, la Siria (dove ritrasse le truppe francesi per una rivista), poi l’Egitto (periodo durante il quale contattò il famoso fotografo Nadar per spedirgli le sue fotografie, ma anche per comunicargli l’estrema pena della lontananza), stabilendosi infine a Il Cairo nel 1864, dove trovò impiego come maestro di disegno e aprì un piccolo studio fotografico. Non riuscì mai più a tornare in Francia. Alcune immagini provenienti dal suo viaggio. G. Le Gray: Libano, Rovine del tempio di Baalbek (1860) G. Le Gray: Karnak, Sala ipostila (1867) G. Le Gray: Egitto, Tempio di Edfu (1867) G. Le Gray: Alessandria, Giardino Pastré (1861-68) Oltre ai paesaggi e alle vedute, un genere molto frequentato dai pittorialisti fu il nudo. Di seguito tre nudi, scattati quando Le Gray era ancora in Francia. Il primo nudo di donna è strano per la posizione di spalle per terra, ma funzionale all’uso che un pittore ne avrebbe tratto come modello. G. Le Gray: Nudo (1849) E due nudi, sempre femminili, scattati qualche anno dopo. G. Le Gray: Nudo femminile (1855 circa) G. Le Gray: Nudo femminile reclinato (1856) Link su Gustave Le Gray storiadellafotografia.it: Gustave Le Gray metmuseum.org: Gustave Le Gray The J. Paul Getty Museum: Gustave Le Gray Victoria and Albert Museum: Gustave Le Gray Fotostoria, indice degli articoli ARTE MECCANICA E PRECURSORI (vai in fondo all’articolo) World ©Tea C. Blanc. All rights reserved Navigazione articoli CHARLES NÈGRE, FOTOGRAFO PITTORICO [FOTOSTORIA 1840-1860, 6] C’È BISOGNO DI UN FEED-BACK? PARLA COME MAGNI!
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[…] cioè carta negativa rivestita con cera fusa che ne riduce la grana. Fu una tecnica sperimentata da Gustave Le Gray. Tecnica che gli permetteva di preparare le lastre in anticipo, sebbene con una resa di un grado […] Rispondi
[…] qualcosa che sia ripetibile su vasta scala. Va nello studio più importante di Parigi, quello di Gustave Le Gray (che tra l’altro avrebbe insegnato anche al fiorentino Leopoldo Alinari), a imparare l’arte […] Rispondi