Mikhail Gorbaciov è morto nel 2022 a 91 anni e molti, tra i giovani, non hanno idea di chi diavolo fosse. Come dar loro torto? Bisognava esserci, vivere gli anni in cui prese il potere in Unione Sovietica, assistere in diretta al crollo del muro di Berlino, per capire la portata epocale della sua azione politica. Gli storici ci hanno spiegato che il suo fu un fallimento, che il rinnovamento (in russo, perestrojka) che aveva proposto non mirava alla dissoluzione dell’Urss e a una democrazia di stampo occidentale, ma a una sopravvivenza del sistema del partito unico. Qualcuno oggi pone anche un collegamento diretto tra la dissoluzione del Patto di Varsavia e l’attuale deriva dittatoriale della Russia fino alla invasione dell’Ucraina. Sarà pure così, non è questa la sede per fare della Storia con la “S” maiuscola. Meglio limitarsi a ricordare l’ondata di speranza che l’uomo suscitò in Occidente. Bisogna innanzitutto avere presente il contesto. La guerra fredda. La proliferazione nucleare. La paura della bomba. L’angoscia che prendeva i ragazzi nel vedere film come The day after e Testament. L’inquietudine nel leggere fumetti come “Quando soffia il vento”, o vedere l’adattamento in animazione che ne fu tratto. Nell’ascoltare canzoni come “Russians” di Sting, con il famoso verso “Se anche i russi amano i loro figli…”. Sopra e sotto, due classici cinematografici degli anni ottanta ispirati alla paura della guerra nucleare Poi, nel 1985, arrivò Gorbaciov a capo dell’Unione Sovietica, promise trasparenza e rinnovamento, firmò trattati per il parziale disarmo nucleare con il presidente americano Ronald Reagan, e un vento di speranza di pace attraversò il mondo. Divenne anche, in un certo senso, una icona pop, allegro e sorridente, lontano anni luce dalle mummie della nomenklatura sovietica che lo avevano preceduto. Gorbaciov ritratto da Tullio Pericoli per il fascicolo che raccoglie il meglio degli articoli del quotidiano La Repubblica del 1987 Questa speranza si è espressa, a suo tempo, anche nel mondo dei media, come il fumetto. Ne faremo alcuni accenni in questo articolo che non ha nessuna pretesa di completezza, ma vuole solo offrire un piccolo contributo di memoria e un omaggio a un’epoca di grandi aspettative. I fumetti di Gorbaciov Di quale fosse lo stato del fumetto in Unione Sovietica, ben poco si sapeva da noi. L’editore Laterza aveva pubblicato “I fumetti di Mao” nel 1971, una edizione cui aveva collaborato anche Umberto Eco. Ma nulla del genere era stato fatto per il paese dei Soviet. Per la verità, proprio nel 1971, al festival dell’umorismo di Bordighera partecipò per la prima volta una rappresentanza sovietica, che però non potè concorrere ai premi per aver inviato i propri lavori fuori tempo massimo. La cosa non sfuggì a Luciano Secchi, che dedicò la copertina di Eureka a Vladimir Ivanov, definito “Il migliore cartoonist Urss”. Nell’articolo si afferma che i disegni pubblicati sono realizzati in esclusiva. Si tratta, tuttavia, di vignette, o, all’americana, cartoon, non di fumetti intesi come arte sequenziale. Il n. 52 di Eureka (I serie), della Editoriale Corno, datato 15 aprile 1971 Nel 1982 fu l’Anaf (Associazione Nazionale amici del fumetto) a dare spazio al fumetto sovietico. Sul n. 20 (II serie) della rivista Il fumetto, Luigi Marcianò, tuttora consigliere dell’Associazione, raccontava di aver vissuto due anni per lavoro in Unione Sovietica, nel territorio dell’attuale Uzbekistan, e di aver cercato notizie sulle pubblicazioni locali. Raccontava di aver conosciuto un collezionista di francobolli e di aver chiesto a lui qualche notizia. «Non capiva le mie richieste, per cui gli mostrai alcuni fumetti (Tex, Topolino, Intrepido etc.) che prudentemente avevo portato con me. Li sfogliò attentamente e, infine, mi fece capire che albi a fumetti in Urss non ne esistono, ma qualche edizione per bambini stampava qualcosa di simile. Pochi giorni dopo, si presentò a casa mia con una discreta quantità di giornali…». L’articolo riporta alcune immagini, tra cui qualche prodotto disneyano apparentemente realizzato in loco in violazione del copyright… ma davanti a quale tribunale la casa di Burbanks avrebbe potuto chiedere tutela? Sopra e sotto, alcune immagini utilizzate da Luigi Marcianò per illustrare il suo articolo su Il Fumetto (II serie) n. 20 del 1982 Tre anni dopo, nel 1985, Gorbaciov, all’età di 54 anni divenne segretario nazionale del Pcus, la più alta carica dello Stato. La sua politica di apertura al mondo portò anche a un nuovo interesse verso l’arte grafica sovietica. Nel 1990, il Premio Internazionale di Satira Politica Forte dei Marmi assegna un riconoscimento speciale al cartoonist sovietico Sergei Tunin. “Arrivano i russi della perestrojka”, annuncia Comic Art n. 65 del marzo 1990, anche se in copertina c’è La Bionda di Saudelli Nello stesso anno un’altra rivista di qualità, Comic Art, diretta da Rinaldo Traini, per anni organizzatore del salone del fumetto di Lucca, dà spazio al fumetto sovietico. In copertina troneggia “La bionda” di Saudelli, personaggio caratterizzato da un erotismo fetish che poco ha a che fare con la politica internazionale. Ma la scritta, nell’angolo alto a destra, è chiara: “Arrivano i russi della perestrojka”. Compare in effetti all’interno un fumetto made in Urss (un vero fumetto, con vignette, balloon eccetera) dedicato a Mazepa (o Mazzeppa), oggi considerato un eroe della indipendenza ucraina, in realtà personaggio storico complesso e contraddittorio. 16 tavole in brillanti colori, firmate da Semen Burda per i testi e Sergei Jakutovic per i disegni. La prima tavola di “Mazepa”, su Comic Art n. 65, ove sono citate località rese tristemente note oggi dalla invasione russa D’interesse, nella rivista, c’è anche un articolo di Victoria Zatolokina, che nello spiegare a grandi linee la storia del fumetto russo, cita vicende poco note, dal diffondersi dei lubok (stampe popolari apparentemente simili alle stampe d’Epinal francesi) ai disegni appesi dal poeta Majakovskij alle vetrine di un caffè parigino, per arrivare alla Progress, casa editrice del fumetto Mazepa. «La cosa più curiosa – scrive tra l’altro la Zatolokina – è che abbiamo cominciato a pubblicare fumetti sulla Rivoluzione d’ottobre quando all’orizzonte non si intravvedeva nessuna perestrojka. Se qualcuno ci avesse detto allora che i fumetti sarebbero diventati la nostra occupazione, avremmo solo riso. Ora che la perestrojka si avvicina al suo quinto anno di esistenza, di queste cose si può parlare tranquillamente». Ma la politica di Gorbaciov non ispirò solo la pubblicazione, in Italia, di fumetti sovietici. Fu anche un incubatore di idee per autori italiani che, in quel nuovo afflato, colsero spunti per ricominciare a parlare di Russia. Non solo di guerra fredda o di tirannia, come nei vecchi fumetti Marvel, ma anche di speranza. In questo spirito si segnala doppiamente il n. 1 di Fumo di China, nella nuova numerazione adottata nel 1989 con l’abbandono della versione fanzine e lo sbarco in edicola. Copertina (sopra) e retrocopertina (sotto) del n. 1 del 1989 di Fumo di China Non solo vi compare una storia a fumetti di Marcello Toninelli di pieno spirito gorbacioviano, ma in seconda di copertina viene pubblicizzata la penna stilografica “1917”, con un annuncio scritto in italiano ed in russo che citava un’altra parola chiave della rivoluzione gorbacioviana: glasnost (trasparenza). Ciliegina sulla torta, nella sezione “News” si annuncia un imminente accordo per la pubblicazione di Topolino in Urss, per il tramite di una società danese non meglio precisata, verosimilmente la Egmont. L’incertezza delle perestrojka in “Kirova Ulitza 21”, testo e disegni di Marcello Toninelli, da Fumo di China n. 1 La già citata Comic Art dà spazio alla serie Tovarisc Nina, di Massimo Rotundo, anch’essa ispirata alle nuove liberalizzazioni del regime sovietico, e anch’essa piena di riferimenti a luoghi, come la città di Odessa, oggi tragicamente all’attenzione delle cronache per l’invasione russa. Ma cercare riferimenti alla perestrojka nelle pubblicazioni di quegli anni è come gettare le reti in acqua, si prendono pesci di tutti i tipi. Ecco come veniva “vista” la perestrojka nel fumetto, nel cinema, nell’arte e nella scienza, in alcune pubblicazioni dell’epoca. Uomo dell’anno per la rivista Time nel 1987, uomo del decennio per la stessa rivista due anni dopo, Premio Nobel per la pace nel 1990, Gorbaciov perse il potere l’anno successivo, nei mesi convulsi e controversi che portarono alla dissoluzione dell’URSS ed alla ascesa di Boris Eltsin, inizialmente definito “il kamikaze della perestrojka”. La fine della carriera politica di Gorbaciov non pose fine alla sua “carriera” come icona pop, lo dimostra, tra mille altre cose, un episodio dei Simpson nel 1996. Gorbaciov nella serie animata “I Simpson”, episodio n. 141, settima stagione Pare che nella Russia attuale fosse odiato, perché considerato responsabile di un’epoca di disordine e crisi economica. Forse si stava meglio quando di stava peggio… © Francesco Lentano 2022 Navigazione articoli MATITE BLU 303 BARBARELLA, LAURELINE E ISABELLA