Tutti possono commettere degli errori. Sia il neofita alle prime armi che il professionista con decenni di esperienza. Questo umanissimo e democratico principio non va però stravolto né distorto per imbastire una retorica populista. Errare è umano, ma non tutti errano allo stesso modo. Difatti, ciò che distingue il neofita dal professionista non è il fatto di errare, ma il modo con cui si può sbagliare e le conseguenze di tale errore sulla persona che ha errato. Ovviamente, anche questa è una legge statistica, ma è anche un criterio con cui separare il “vero esperto” dal ciarlatano. Il vecchio motto “errare è umano, perseverare è diabolico” si applica molto bene a certi soggetti online, i quali persistono nella ottusa difesa della loro idea anche quando il mondo intero ha spiegato loro la natura del loro errore, l’insostenibilità della loro idea. Una delle principali differenze tra “l’esperto” (oppure il “professionista”) e “neofita” (oppure il “ciarlatano”) è che l’esperto ha maggiore probabilità di correggere autonomamente i propri errori e maggiore propensione a riconoscere di aver sbagliato rispetto al neofita, il quale, proprio perché dotato di un minore bagaglio di esperienza e competenza, può non essere in grado di analizzare criticamente la propria posizione e di rimediare ai propri errori. Poi non è detto che l’esperto abbia sempre ragione, ovviamente, ma dubito che in base a questo principio di disincantato buon senso qualcuno di noi preferirebbe farsi operare al cuore da un neofita della medicina piuttosto che da un chirurgo professionista. Infine, è quasi superfluo rimarcare che il ciarlatano ha l’aggravante rispetto al neofita che sovente persevera nell’errore non per ingenuità ma per calcolo e opportunismo. In effetti, possiamo dire che la capacità di auto-correggersi è proprio uno degli elementi che distinguono l’esperto dal neofita. Il secondo ha maggiormente bisogno di un insegnante, di un tutore, di un aiuto esterno, per rendersi conto degli errori che commette. Senza tale aiuto, è probabile che continuerà a ripetere i propri errori. Tutti siamo neofiti, cambiano solo gli ambiti in cui lo siamo. Ma non tutti siamo esperti in qualcosa. Tutti si nasce neofiti ma per diventare esperti occorre applicarsi, lavorare sodo, fare gavetta, costruirsi un curriculum, rimboccarsi le maniche, partecipare alle gare con onestà e dedizione, ma anche commettere errori dai quali imparare e crescere. Albert Einstein definì la Costante Cosmologica il “più grande errore della sua vita”, errore dal quale seppe però trarre ispirazione per ulteriori progressi nelle sue ricerche. Il tiktoker che vi vuole spiegare come funziona la cosmologia perché ha letto qualche articolo scaricato online è improbabile che si renda conto della serie di banalità che sta dicendo più o meno a caso per darsi un tono di competenza. Ci sono temi che attirano i neofiti più facilmente di altri. Potete trovare decine di video su YouTube con tizi che vi parlano delle dimensioni dell’universo, o delle dimensioni dei denti del T-rex, ma difficilmente trovate un video dove l’autore parla di come risolvere un’equazione della relatività generale fondamentale per stabilire le dimensioni dell’universo, oppure un video che discute del residuale nell’allometria delle dimensioni dei denti come criterio per discriminare partizioni ecologiche in Theropoda. Potete trovare video e post che vi spiegano perché l’autore ha capito tutto più degli altri, ma non trovare video o post in cui l’autore vi spiega perché ha cambiato idea nella valutazione di un fenomeno. Io non ho problemi a dire che negli anni ho cambiato idea nella valutazione della popolare questione su come ricostruire il tegumento facciale nei dinosauri, in particolare nei theropodi. E ho cambiato idea perché nell’esporre certi argomenti negli anni passati sono stato superficiale e ho affrontato il tema in modo ingenuo. E sono stato ingenuo perché ho parlato di quel tema senza avervi dedicato anni di lavoro e ricerca tecnica, ovvero, senza esserne un esperto. Sono stato ingenuo perché ho messo sullo stesso piano le opinioni degli esperti con quelle dei neofiti, senza ponderarne il relativo peso specifico. Io sono in primo luogo un filogenetista e studioso dell’evoluzione del piano corporeo aviano lungo Dinosauria. Il mio ambito principale è la morfologia dello scheletro e il modo di tradurre l’informazione osteologica in segnale filogenetico. La ricostruzione delle parti molli non è il mio ambito principale di esperienza. Conosco l’anatomia comparata, ovviamente, in quanto bagaglio fondamentale del paleontologo dei vertebrati, ma non ho mai lavorato espressamente con l’anatomia comparata delle parti molli dei rettili e degli uccelli. Non ho mai lavorato su dissezioni di animali moderni, né mi occupo di analizzare elementi come il tracciato dei vasi sanguigni encefalici, l’origine e inserzione dei muscoli del bulbo oculare, o l’embriogenesi dell’innervazione dello splancnocranio. Eppure, questi elementi anatomici relativi a parti molli di animali viventi sono fondamentali per affrontare la questione della ricostruzione delle parti molli in un dinosauro estinto. Per questo motivo, non mi occupo di pubblicare studi tecnici che discutono del tegumento facciale dei dinosauri, perché non è il mio ambito di competenza. Dubito che avrei qualcosa di significativo da dire in quel campo, a meno che non decida di specializzarmi in quella direzione e mi prenda un decennio di attività di laboratorio e di dissezione anatomica per acquisire quel minimo di competenza con cui pensare di scrivere un qualche articolo interessante sul tema. Temo che l’ipotetico tiktoker che vi parla di tegumento nei dinosauri non si pone questo tipo di scrupolo, e continuerà imperterrito a dire la sua in merito a qualcosa che non conosce. Che fare? Possiamo orientarci nel mare di opinioni? Il fatto che io non abbia intenzione di specializzarmi nello studio del tegumento facciale dinosauriano non significa che non possa comunque cercare di informarmi sulla questione. E come? Semplice, andando a leggere la produzione scientifica di chi è esperto in quel campo, andando a leggere i lavori tecnici di chi a quel settore ha dedicato molti anni di studio e ha quindi maturato la necessaria competenza. In una parola, andando a leggere gli studi degli esperti. Gli esperti di parti molli dei dinosauri ci sono. Non sono molti (già siamo pochi a studiare le ossa, figuriamoci quanto pochi siano gli esperti nella ricostruzione delle parti molli dei fossili) ma esistono, ed esiste la loro produzione scientifica e la letteratura che affronta questi temi in modo rigoroso e scientificamente attendibile. In questo periodo, sto leggendo gli studi che analizzano la ricostruzione della muscolatura cranio-facciale dei dinosauri. Sono lavori molto complessi, perché devono in primo luogo partire dalla dissezione delle specie viventi, identificare i correlati osteologici delle parti molli, e poi definire livelli di inferenza filogenetica tra tali correlati e le parti molli perdute dei fossili. Ovviamente, avere un bagaglio di conoscenza anatomica derivante dai miei ambiti particolari di ricerca, così come avere una preparazione naturalistica generale di livello universitario sono fondamentali per poter affrontare questo tipo di letteratura. Non sono articoli da leggere per far conversazione al bar (a meno che non siate al bar degli anatomisti). Non illudetevi che scaricare qualche articolo partendo da zero vi permetta di farvi un’opinione ponderata. Mi spiace, ma le cose belle non sono mai facili né semplici, nemmeno per chi mastica questi temi da decenni. Dalla lettura ancora in corso di questi studi, sta emergendo nella mia mente un quadro sempre meglio definito. In particolare, sto riconoscendo (e quindi correggendo, almeno nella mia testa) gli errori che persistono online e che anche io avevo commesso in passato. Li posso riassumere in alcuni punti. 1 – Non tutti gli elementi anatomici citati in passato sono pertinenti alla discussione delle parti molli della regione facciale dinosauriana. Per esempio, l’overbite non è un elemento pertinente la questione, e citarlo è del tutto fuori luogo. 2 – Non tutti gli elementi anatomici citati in passato sono pertinenti al medesimo problema. Per esempio, la morfologia della regione subcutanea delle ossa dermiche facciali non è covariante con il pattern di neurovascolarizzazione periorale. Ovvero, ricostruire l’una non implica ricostruire l’altra. 3 – L’inferenza filogenetica è sovente fraintesa, malintesa e male applicata da chi parla di questi temi online. Trovo molto istruttivo che la letteratura tecnica sul Extant Phylogenetic Bracketing (quella che in italiano chiamo sbrigativamente “inferenza filogenetica”) abbia previsto più di 25 anni fa temi e problemi che oggi riempiono la bocca di molti commentatori sulla questione. Il fatto che ancora oggi si leggano (e sentano) scempiaggini su come fare inferenza filogenetica delle parti molli dimostra quanto poco approfondita sia la competenza di chi online pretende di commentare la discussione sulla ricostruzione delle parti molli nei fossili. 4 – La letteratura esiste, ma molti la ignorano. Gli studi tecnici sono lunghi e complessi, perché lunga a complessa è la questione. Ma la loro complessità non è un argomento valido per ignorare l’esistenza di questi studi. Se si vuole parlare in modo serio di questi temi, è obbligatorio conoscere la letteratura prodotta su di loro. Per esempio, nell’ultimo quindicennio sono stati pubblicati innumerevoli lavori di ottima qualità sulla ricostruzione della muscolatura masticatoria nei dinosauri. Questi studi nascono per comprendere la dinamica masticatoria dei dinosauri, quindi per meglio affrontare e capire la loro ecologia ed evoluzione, ma hanno anche implicazioni rilevanti per la ricostruzione di questi animali. Ovvero, non è possibile discutere di labbra e guance nei dinosauri senza sapere come si deduce il modo con cui questi animali processavano il cibo che ingerivano. Eppure, vedo innumerevoli discussioni su questi temi affrontati da persone che nemmeno sono a conoscenza della letteratura relativa. Il risultato di questa ignoranza (nel senso letterale del termine) è che circola più o meno implicitamente il falso mito che “qualsiasi opzione è valida” perché, dopo tutto, non abbiamo ancora capito come questi animali erano fatti. Oppure si persiste ad utilizzare modelli anatomici ormai obsoleti e ampiamente falsificati, che persistono come “fatti” popolari solamente perché si ignora che qualcuno li ha analizzati nel dettaglio e li ha revisionati in modo rigoroso nella letteratura tecnica. 5 – Il dibattito non copre l’intero insieme dei fenomeni pertinenti. Faccio solo questo esempio, che però considero significativo. Nel dibattito che riempie le bocche e i cuori degli appassionati, si parla molto di idratazione dello smalto e per niente di morfologia delle vie respiratorie superiori. Eppure, tutti gli animali coinvolti nella discussione hanno vie respiratorie superiori ma non tutti hanno smalto (e denti): perché mai solo uno dei due dovrebbe essere un elemento importante per la questione del tegumento orale mentre l’altro dovrebbe essere del tutto ignorato? Le vie respiratorie superiori della maggioranza dei rettili sboccano nella regione orale, quindi la loro evoluzione impatta l’evoluzione del cavo orale. Esattamente come molti ignorano l’importanza della muscolatura masticatoria nel ricostruire il tegumento facciale dei dinosauri, sospetto che molti elementi chiave del problema siano quasi del tutto ignorati e fraintesi. Questi elementi sono ignorati volontariamente (ovvero, sono ritenuti non pertinenti), oppure (come temo) si tratta dell’ulteriore esempio della sostanziale ignoranza in merito ai fondamentali, una lacuna che permea buona parte del dibattito? 6 – Non tutte le opinioni pubblicate sono pertinenti. Solo perché qualcuno ha pubblicato un paragrafo di commento alla questione non implica che quel paragrafo abbia lo stesso peso del lavoro svolto da chi in quel settore studia da anni. E ciò è ancora più vero se il paragrafo in questione commette alcuni degli errori elencati nei punti precedenti. Si riconosca che il dibattito non è solo uno scontro tra opzioni di ugual peso ma in primo luogo una discussione tra diversi livelli di inferenza e profondità. 7 – Ignorate le implicazioni paleoartistiche. Se vi appassionate al dibattito principalmente perché volete una qualche istruzione su come ricostruire un dinosauro, evitate di entrare nella questione paleontologica. Il motivo? State invertendo l’ordine dei fattori. Nel 99% dei casi se partite da una prospettiva prettamente paleoartistica avrete già nella vostra mente una qualche predisposizione iconografica, una qualche preferenza verso questa o quella rappresentazione. Insomma, sarete plagiati dal vostro stesso gusto artistico, e questo inciderà inconsciamente sulla vostra capacità di ponderare in modo oggettivo e razionale gli elementi del dibattito scientifico. Non è colpa vostra, è una normalissima impostazione umana. Anche io ho le mie “preferenze” paleoartistiche, ma quando discuto di questi temi anatomici faccio di tutto per censurarle e disattivarle dal mio cervello. Non si può ricostruire le parti molli di un fossile in modo obiettivo se si ha già in testa un qualche obiettivo da realizzare! Se non siete in grado di separare la questione paleoartistica da quella paleontologica, correte il rischio di distorcere la vostra capacità di giudizio paleontologico in funzione delle vostre (legittime, sacrosante, io non le metto in discussione) preferenze estetiche e artistiche. La ricostruzione delle parti molli di un animale estinto non è argomento di estetica o di gusto personale, né di “buon senso” o di “per me era così”: o si dispone di elementi scientifici oggettivi, testabili e ripetibili, oppure non si ha nulla da dire. E in tal caso, è saggio tacere piuttosto che inquinare il discorso scientifico con motivazioni non scientifiche nei confronti delle quali non siamo in grado di rapportarci in modo distaccato. Ripeto, essere condizionati dai propri gusti estetici è un limite umano, e non c’è niente di male a essere vittime di tali bias. Ma occorre riconoscerlo. Anzi, tale riconoscimento è il primo passo verso un approccio serio e razionale alla ricostruzione dell’aspetto delle nostre creature estinte preferite. La domanda in questi casi è se siamo veramente disposti ad accettare una rappresentazione paleontologica fondata su evidenze scientifiche qualora essa comporti l’abbandono della nostra iconografia preferita. La domanda la pongo a voi, ma anche a me stesso.(Da Theropoda). Navigazione articoli MAMMIFERO CONTRO DINOSAURO: VERO O FAKE? TYRANNOSAURUS CON IL MUSO DA TARTARUGA