Facile la vita delle cosplayer, ben riparate dietro le ricche stoffe dei costumini colorati. Avrei voluto vederle negli anni sessanta e settanta, con addosso solo un paio di straccetti trasparenti e le tette al vento come le eroine dei fumetti dell’epoca. Sto parlando di Gesebel e delle altre protagoniste dei tascabili a fumetti che, pur essendo teoricamente per adulti, venivano letti da tutti.

La prima eroina (o antieroina) erotica italiana è Satanik, creata nel 1964 da Max Bunker e Magnus.

Sempre alla premiata coppia di Bunker (Luciano Secchi) e Magnus (Roberto Raviola), dobbiamo la successiva Gesebel, eroina “fantaspaziale” del febbraio del 1966. Quindi un paio di mesi prima di Isabella, ufficialmente considerata la prima eroina sexy italiana.

Questa presentazione di Luciano Secchi rivela scarsa dimestichezza con la fantascienza, impressione confermata dalla lettura degli albi.

Vediamo qualche sequenza del primo episodio di Gesebel, originariamente pubblicato (due pagine sì e due no) con colori troppo forti: per questo abbiamo preferito la successiva versione tutta in bianco e nero.

Di primo acchito, le Corsare delle spazio capitanate da Gesebel sembrano lesbiche, ma l’impressione è erronea: “C’è un capitano che è un fustacchio da mozzare il fiato, me lo vorrei pappare io”. E con questo la tizia ha detto tutto.

“I fustoni saranno venduti all’asta, il grassone lo metteremo all’arena”.

Va be’, finisce che il mostro si ingoia il ciccione.

Bunker e Magnus non fanno vedere manco mezza tetta (all’epoca non si poteva mostrare nemmeno un capezzolo), ma la tensione erotica, più precisamente sadomaso, è altissima. Direi che è l’essenza stessa della storia, anche se alcuni critici la pensano diversamente.

Nello stesso 1966, ma ad aprile, escono due altri tascabili erotici: Goldrake, un personaggio quasi parodistico alla James Bond, e la già citata Isabella.

Editore e autore è Renzo Barbieri (1930-2007), sceneggiatore di fumetti e giornalista di gossip per il quotidiano popolare del pomeriggio “La Notte”. Nelle sue biografie si parla anche di una collaborazione con il “Corriere della Sera”, ma in realtà si tratta del “Corriere d’Informazione”, cioè del giornale del pomeriggio della casa editrice del Corriere, dove Barbieri era andato dopo avere lasciato la Notte.

Barbieri era un tipico milanese estroverso, da quello che ho potuto capire quando l’ho incontrato. Si considerava soprattutto uno scrittore, a giudicare dai dépliant pubblicitari dei suoi romanzi che mi spediva (solo le pubblicità, non i libri). In questi romanzi raccontava l’alta società “moralmente corrotta” nello stile ormai superato di Pitigrilli.

A sceneggiare le storie di Isabella, Barbieri mette il suo futuro socio Giorgio Cavedon, mentre il bravo Sandro Angiolini disegna. Isabella è ambientata nell’epoca dei moschettieri di Dumas, cioè all’inizio del seicento: si fa per dire, perché la coerenza storica non è sempre rispettata. Ne parla diffusamente Pietro Zerella in “Isabella, la duchessa dell’erotismo”.

Anche le prime copertine sono del grande Angiolini.

La casa editrice Sessantasei, dal nome dell’anno di fondazione, deve chiudere presto per mancanza di liquidità dopo avere lanciato altri due personaggi, Messalina, la “dissoluta” moglie dell’imperatore Claudio, e Cap, dedicato ai “capelloni” (i beat). Ecco tutti i numeri usciti della Sessantasei. Isabella, ottenendo maggior successo, da mensile era diventata subito quattordicinale.

Per continuare le pubblicazioni, Barbieri diventa socio del regista Giorgio Cavedon (1930-2001), che immette nuovi capitali. Ho avuto modo di conoscere anche lui: introverso e tranquillo, l’esatto opposto di Barbieri. Cavedon non era precisamente un “compagno”, dato che aveva una paura boia dei comunisti e si apprestava a espatriare dopo le loro vittorie elettorali degli anni ottanta. O almeno così diceva.

Negli anni sessanta, con la casa editrice Erregi, Barbieri e Cavedon continuano la pubblicazione di Goldrake e Isabella, dando vita ad altre eroine sexy.

Dicevamo di Messalina, creata da Barbieri e da Edgardo Dell’Acqua, pure lei uscita nel 1966. Secondo gli storici barbogi suoi contemporanei, l’imperatrice Messalina (è esistita veramente) si travestiva da prostituta per fare le gang bang con la gente del popolo. E allora, se anche fosse stato vero cosa ci sarebbe stato di male?

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La mia preferita è Jungla, creata da Paolo Trivellato e Stelio Fenzo nel 1968. Anche di lei ha parlato Zerella, in “Jungla!”.

Jungla mi piace soprattutto per i disegni del sottovalutato Fenzo. Un artista della scuola veneziana come Hugo Pratt, e come lui influenzato da Milton Caniff (più ancora da Frank Robbins).

Fenzo non è mai stato valorizzato come avrebbe meritato. In seguito ha lavorato per “Il Giornalino” e ancora per Barbieri, disegnando negli anni settanta il popolaresco Pierino.

Anche la gangster Bonnie, qui senza il suo amico Clyde, è stata lanciata nel 1968: da Cavedon e Tito Marchioro.

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La famosa Jacula la vampira, di Barbieri e lo Studio Rosi, è dell’anno successivo, il 1969. Su Jacula ha fatto ponderose riflessioni Alessandro Baggi, il disegnatore di Dylan Dog.

Lucrezia (1969), di Barbieri e Alessandro Chiarolla, era la presunta avvelenatrice della famiglia Borgia: anche lei è un personaggio reale. Il Rinascimento era un’epoca interessante, tenuto conto che il padre di Lucrezia era papa Alessandro VI.

Walalla, di Mario Gomboli e Mario Cubbino, è un’indiana (bionda!) anche se il suo nome rimanda al paradiso dei vichinghi (proprio perché bionda?). Questa incongruità onomastica e i disegni poco gradevoli mi hanno sempre impedito di interessarmi a fondo di questo personaggio, peraltro di scarso successo.

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La piratessa Jolanda (1970), di Roberto Renzi e Armando Bonato, è famosa soprattutto perché disegnata a lungo da Milo Manara.

Dello stesso anno è Hessa, di Ennio Missaglia e Giovanni Di Stefano. Un po’ ingiustamente accusata di essere un fumetto nazista: nelle pagine di Hessa il nazismo viene sempre condannato senza appello.

Se non ci credete, guardate alcune tavole dell’episodio in cui affronta Adolf Hitler in persona.

In un episodio, Hessa uccide il figlio segreto di Hitler perché è un bambino malvagio (tortura gli animali e roba del genere). Soprattutto, non bisogna confondere la protagonista, Hessa, con le storie, nelle quali i gerarchi nazisti sono sempre descritti in maniera spregevole.

Lucifera, creata nel 1971 da Cavedon e Leone Frollo, è l’ultimo grande personaggio della Erregi. Ai disegni, il giovane ma promettente Frollo copia a man bassa John Buscema, come dico ne “L’espressionismo muscolare di Buscema”.

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Molte copertine di Lucifera sono dipinte dal grande Averardo Ciriello.

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Nel 1972, Giorgio Cavedon si separa da Renzo Barbieri per questioni di soldi. Mentre Cavedon acquista anche l’altro 50% della Erregi, ribattezzandola Ediperiodici, Barbieri fonda la Edifumetto.

I due rimangono comproprietari solo della Elvifrance, la casa editrice francese attraverso la quale pubblicavano i fumetti della Erregi e ora quelli delle loro due nuove aziende editoriali.

Con la Edifumetto, Barbieri continua a sfornare eroine erotiche. Una delle meno famose è Yra, realizzando la quale, nel 1980, Leone Frollo raggiunge i massimi livelli artistici. I testi sono del fin troppo prolifico Giuseppe Pederiali. Dalla seconda metà degli anni settanta, grazie a Magnus (già autore di Kriminal, Satanik e di Gesebel) i tascabili diventano parecchio più spinti.

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Opere come Yra la vampira e la successiva Naga la strega, sempre di Leone Frollo, sono ignorate dalla critica fumettistica.

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Come vediamo da questo elenco, nel 1982 le eroine della Edifumetto (Zora, Ulula, Sukia, l’effimera Moschettiera, Cimiteria e la Poliziotta) cedono il posto agli eroi maschili e agli albi antologici. Peggio ancora è messa l’Ediperiodici, dove le vecchie eroine della Erregi scompaiono una dopo l’altra.

Nel corso degli anni ottanta i tascabili diventano decisamente troppo spinti per questo morigerato Giornale POP. Non solo per le tematiche politicamente scorrettissime, la Poliziotta realizzata da Angiolini (quello di Isabella) si scontra con la “sadica banda dei finoc*** motociclisti”, ma soprattutto per il surriscaldamento erotico: Cimiteria, per esempio, si fa prendere da un cane lupo.

 

 

 

 

Di Sauro Pennacchioli

Contatto E-mail: info@giornale.pop

3 pensiero su “GESEBEL PREANNUNCIA LE EROINE DEI TASCABILI”
  1. Il padre di Lucrezia fu il Cardinale Rodrigo Borgia, proclamato in seguito papa, con il nome di Alessandro VI (sesto), non IV (quarto).
    La madre non era una prostituta, ma gestiva alcune locande a Roma, ed era la concubina ufficiale del Cardinale Rodrigo, che da lei ebbe anche tre figli maschi, due maggiori, ed uno minore di Lucrezia.

  2. Tornando a Gesebel, si nota una curiosità in merito al suo inquietante assistente muto: il nome “Mabus” appare con tutta evidenza come derivato dalle prime due lettere dei nicknames degli autori.
    Tale tendenza si ripeterà, più palesemente, con lo spassoso personaggio di Re MaxMagnus.

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