Recentemente, Sauro Pennacchioli ha scritto un articolo sostenendo che il Commissario Spada è l’unico fumetto italiano, precisando poi che “I fumetti italiani, almeno quelli famosi, sono sempre ambientati all’estero: Tex in America, Dylan Dog in Inghilterra e Diabolik a… Clerville!”. Accetto la “giusta” provocazione se intende essere una tirata d’orecchie agli editori che hanno quasi sempre dimostrato di credere poco a personaggi seriali ambientati nel Belpaese, le cui bellezze architettoniche e paesaggistiche giustificherebbero invece un ampio ricorso alle affascinanti ambientazioni nostrane anche in funzione della vendita delle storie all’estero (ma qui si tocca il tasto dolente della poca esportabilità dei “formati editoriali” di casa nostra). Autori che hanno realizzato serie con protagonisti italiani e ambientate nello Stivale, invece, ce ne sono stati e ce ne sono. Qualcuno può restare fuori dall’analisi di Pennacchioli in quanto non abbastanza “famoso”, ma non sono davvero mancati quelli a cui il successo, di pubblico e di cassetta, ha arriso abbondantemente. Cercherò, in questo rapido excursus, di elencare i principali e i più interessanti. Lasciando perdere le produzioni del Ventennio, quando era il famigerato MinCulPop a imporre l’italianità dei personaggi (e a un certo punto anche di eliminare i balloon, diabolica invenzione d’Oltreoceano), cominciamo a dare uno sguardo al dopoguerra, quando l’Italia è ben presente in produzioni fumettistiche di vario genere, principalmente umoristiche, ma non solo. Impossibile non iniziare da Jacovitti che, oltre a regalarci un “Battista l’ingenuo fascista”, realizza per il Vittorioso la sua prima serie di grande successo con protagonisti italianissimi, i tre ragazzini Pippo, Palla e Pertica (per non parlare del cane Tom). E l’Italia è protagonista al pari dei fanciulli. Se già nello one shot di Battista l’autore termolese “aveva fatto i conti” col passato regime di cui, giovanissimo, era stato sostenitore come la maggioranza degli italiani, proprio in una storia dei “tre P” (che i frequentatori di Giornale Pop hanno potuto leggere per esteso qui) allarga la sua critica anche alla follia nazista. Le avventure dei tre combinaguai non sono tutte ambientate nel nostro paese (Pippo e compagni si spingeranno nel West, in Africa, in Egitto e persino nello spazio), ma i protagonisti si portano comunque dietro la loro italianità. A dire il vero, Lisca di Pesce aveva già portato in scena un’altro gruppo italianissimo, quello della famiglia Spaccabue dove aveva debuttato la signora Carlomagno (ne ho parlato qui), poi andata ad arricchire il cast delle storie dei tre P. Per non parlare di strisce e pagine di personaggi “minori” come Giuseppe, Giorgio Giorgio detto Giorgio o Agatone. Passando al Giorno dei Ragazzi, Jacovitti, spinto in questo dal direttore editoriale Andrea Lavezzolo (di lui ho parlato in un articolo su Kinowa), perderà di vista il suolo patrio per parodiare i generi narrativi di maggior successo, il western con Cocco Bill, il poliziesco con Tom Ficcanaso e la fantascienza con Gionni Galassia. Idem quando, trasferito al Corriere dei piccoli, al suo cowboy dalla pistola e dal pugno facili continuerà ad affiancare personaggi come Zorry Kid e Jack Mandolino che agiscono in terra straniera, o come Tarallino che si muove in mondi surreal-fiabeschi. Su il Vittorioso non sono mancati altri personaggi caserecci di gran successo, primo fra tutti Procopio di Lino Landolfi, la cui notorietà gli fece vincere il premio radiofonico “Un amico che vale un tesoro” e che filiò anche quattro romanzi. Anche se il protagonista era un poliziotto italoamericano, molti degli avi di cui narrava le storie erano italiani. Una delle avventure di Procopio fu ambientata a Siena e vide l’intraprendente personaggio partecipare al Palio cittadino. A fianco di quelle di Procopio, Landolfi realizzò anche le (dis)avventure de “La famiglia Bertolini”, pubblicate su il Messaggero dei Ragazzi e poi raccolte in volume dalle Edizioni Paoline. Sul fronte dei personaggi che parlano la lingua di Dante, il “Corrierino” non era certo rimasto indietro. Già dagli inizi i protagonisti delle caratteristiche storielle a quattro strisce con il testo in ottonari sotto le vignette erano in gran parte italiani: Antonio Rubino, fondatore del settimanale e autore della grafica della testata, inanellò uno dopo l’altro una trentina di personaggi, tra cui Pino e Pina, Quadratino, Lola e Alla, e Pierino e il burattino; Sergio Tofano (nella foto in fondo, anche nei panni del suo personaggio), affermato regista, attore e autore teatrale oltre che fumettista, portò al successo (anche sul palcoscenico) il Signor Bonaventura; Carlo Bisi si dilettò a lungo con le storie di Sor Pampurio alla eterna ricerca dell’appartamento ideale; Leo Cimpellin raccontò le mille peripezie del soldato Gibernetta… e l’elenco rischierebbe di essere quasi interminabile. Il citato Cimpellin, su testi di Vezio Melegari, è stato per molto tempo autore anche di storie di più ampio respiro, quelle del centurione Tribunzio, ambientate nell’Antica Roma, contraltare tricolore di Asterix. Dove viva Topo Gigio credo non sia mai stato dichiarato ma, almeno a giudicare dai disegni di Dino Battaglia che ne ha realizzato alcune avventure (altre erano state presentate con il linguaggio del fotoromanzo), l’ambientazione è quella di una caratteristica cittadina di provincia del nostro Paese. Sul Corriere dei Piccoli sono apparse anche le avventure, queste d’impianto realistico, della ragazzina soprannominata Paglia e dei suoi amici Carlo e Luca, opera di Mino Milani e Mario Uggeri. Ma il personaggio ambientato in Italia che ha forse avuto maggior successo è senza dubbio Valentina Mela Verde di Grazia Nidasio. Le piccole avventure quotidiane della simpatica adolescente, del fratellone Cesare soprannominato “il Miura” e della sorellina Stefi (che poi ebbe una sua serie autonoma) hanno raccontato come poche altre l’Italia di quegli anni a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta, sia pure dal punto di vista di una famiglia borghese non diversa da quelle che si immaginava acquirenti del settimanale. La Nidasio aveva già fatto le prove generali del suo fortunato serial qualche anno prima con Violante la cantante, non dissimile come impianto narrativo ma più incentrato sul mondo della musica e dello spettacolo. Anche fuori dai grandi “giornali per ragazzi”, i personaggi italici non sono mancati. Sul settimanale della Casa Editrice Universo il Monello, curiosamente, quasi tutti i personaggi d’ambientazione casalinga sono legati dalla presenza, sotto le vignette, degli ottonari caratteristici del Corrierino: i Fratelli Monellini del piombinese Marino Guarguaglini, Superbone di Erio Nicolò e tutti i personaggi di Giovanni Manca (che dopo aver raggiunto grande popolarità sul Corriere dei Piccoli col suo Pier Cloruro de’ Lambicchi inventore dell’Arcivernice, delizierà i lettori de il Monello con le buffe situazioni dello scombinato trio Tamarindo, sor Cipolla e il Marchese). Ambientate in Italia, anche se non si dice mai, le avventure di Cuoricino & C., sempre disegnate dal già nominato, piacevolissimo Marino, autore anche dei vignettoni di Pimpinella la sbruffoncella (altro character italianissimo) che apparivano in fondo a Grand Hotel. Le serie principali avevano invece protagonisti dai nomi anglofoni (Forza John, Junior, Roland Eagle, Buffalo Bill, Rocky Rider…) o vivevano in paesi esotici abbastanza fiabeschi (Fiordistella, Chiomadoro…). Di matrice italica anche i numerosi personaggi di Gino Gavioli: Pico Panda e Paco Serse, Il lupo e l’agnello, I Pierini porcospini & C., e pure Terenghi, che dedicava la maggior parte della sua produzione a parodie western come Pedrito el Drito o alla prosecuzione del comic statunitense Little Eva, non si è fatto mancare qualche panel con protagonisti di casa nostra come Fortunato Salomone dal grandissimo nasone o Trufolino Testadura, versione infantil-italica dell’indianino Caribù che avrebbe pubblicato su albi della Cenisio e altrove. Caserecci erano anche la maggior parte dei personaggi umoristici che affollavano le edicole negli anni Cinquanta e Sessanta: dai protagonisti degli spartani giornalini scritti e disegnati da Frank (Franco Privitera) come Bingo, Miciolino, Frugolino eccetera, ai notissimi Cucciolo e Beppe (e gran parte degli altri personaggi che apparivano sulle loro testate come il Tore Scoccia di Giorgio Rebuffi e il Serafino di Egidio Gherlizza), così come Tiramolla, nato sulle pagine dei due. E senza dimenticare Gervasio, il miliardario allergico ai soldi creato da Carlo Peroni sulle pagine degli albetti “collaterali” al Vittorioso e poi trasmigrato sulle pubblicazioni delle Edizioni Alpe. Tutti questi personaggi, a loro modo, rappresentavano l’Italia di quegli anni, che passava rapidamente da una vita rurale alla travolgente inurbazione dovuta alla fame di mano d’opera delle mille fabbriche e fabbrichette che spuntavano come funghi soprattutto nel nord del Paese. Tornando alle produzioni realistiche, abbastanza curioso e originale è l’albo a striscia scritto e disegnato da Pini Segna “Il figlio del Campione”, che mette in scena le avventure di un giovanissimo calciatore desideroso di ripercorrere la strada del padre, asso del pallone scomparso in una sciagura aerea che ricorda inevitabilmente quella di Superga nella quale persero la vita tutti i giocatori del Torino, di ritorno da un’amichevole a Lisbona. Accanto al protagonista, lo scugnizzo Ciccillo e il cane lupo Gol. Un’altra serie di buon successo, mutuata dal film neorealista di Vittorio De Sica, è Sciuscià. Scritta dall’editore Tristano Torelli e Renzo Barbieri e disegnata da Franco “Palù” Paludetti e Gianluigi Coppola, la serie racconta le avventure del giovane lustrascarpe Nico e dei suoi amici. Pubblicata inizialmente, dal 1949, nei caratteristici albi a striscia dell’epoca, continuò poi in appendice agli albetti de il Piccolo Sceriffo fino al 1956. Probabilmente sconosciuta ai più è invece un’altra serie con protagonisti italiani, nonostante il titolo americaneggiante “I commandos”. Anche alcuni personaggi cinematografico-televisivi hanno prodotto fumetti ambientati nel nostro Paese. Il primo è stato Totò, al quale nel 1953 sono stati dedicati 12 fascicoli (più tre “Albi d’Oro”) disegnati da Castellari; nel 1966 è toccato al Pappagone interpretato da Peppino De Filippo di sbarcare in edicola in un settimanale delle edizioni Gallo Rosso di cui sono usciti 41 numeri. I funzionali disegni erano di Luciano Bernasconi, autore anche delle tavole del successivo Ciccio & Franco (16 numeri in tutto). Con la nascita da un lato dei fumetti “neri”, e dall’altro delle prime riviste-contenitore rivolte a un pubblico più maturo di quello dei classici “giornalini”, arrivano altri character italiani. Un po’ più disinibiti e politicamente impegnati. Ne parleremo nella seconda parte di questa rapida carrellata, sempre qui su Giornale POP. Restate sintonizzati. Navigazione articoli IL CRIMINE PAGA GEORGE TUSKA LA FRANCIA VOLEVA CACCIARE LA MARVEL
Nella seconda parte non dimenticate, vi prego, JOHNNY LOGAN: personaggio che, a dispetto del nome anglofono (e diversamente dal suo diretto competitor Alan Ford), viveva le sue bizzarre avventure in Italia, e nell’Italia degli anni ’70 con tutti i personaggi e le situazioni della politica di allora. Rispondi
Tranquillo: la seconda parte dell’articolo è già pronta… e Jonny Logan (anzi: Giovanni Loganetti) c’è. 🙂 Rispondi
[…] l’articolo sui fumetti ambientati in Italia di cui potete leggere qui la prima parte. Questa volta mi occuperò delle pubblicazioni uscite nell’ultimo mezzo […] Rispondi
Molto interessante il vostro percorso storico del fumetto italiano, non dimenticatevi della scuola di Roy D’Amy, Porciani, Faustinell e Company. Buon anno Rispondi