Ho sempre pensato che la conoscenza e in particolare l’arte abbiano date di nascita ma non di scadenza, progressive aggiunte a un sempre vivo patrimonio universale. Andiamo alle mostre per ammirare i quadri di Segantini, ascoltiamo musica composta secoli fa o jazz degli anni Cinquanta, leggiamo Il barone rampante di Calvino che è del 1957, in molti anche giovani tuttora ammirano i film di Fellini girati decenni addietro, a scuola ancora oggi i ragazzini (alcuni) scoprono con entusiasmo Seneca. Ma non è così, o perlomeno non lo è più o perlomeno perlomeno non lo è per alcune faccende che stanno a cuore ai lettori di questo sito. Di recente sono stato a una vendita benefica, i pezzi forti e ignorati erano cassette della frutta piene di fumetti e di gialli, per i gialli volevano 1 euro per dieci volumi, per i fumetti (numeri di Topolino dagli ultimi quarant’anni) volevano 1 euro per cinque fascicoli. Ho comprato a più non posso per principio. Ho mandato la foto che vedete sotto al Pennacchioli con un commento da vecchio barbogio: “È tutto finito”; e lui da vecchio barbogio ha risposto: “Da tempo”. Ma come, mi sono domandato, ma queste non sono proprio le cose che sarebbero dovute restare per sempre, come la musica di Mozart o Alice nel paese delle meraviglie? Si potrebbe dire che per i fumetti siamo nel periodo sbagliato, quando non interessano più nell’immediato per i mutati linguaggi quotidiani e ancora non sono entrati nel patrimonio storico, insomma è roba vecchia, non ancora storicizzata. Però, un momento: Buck Ryan va verso il secolo, e i primi Dick Tracy pure. Chi legge oggi Buck Ryan o Romeo Brown? E poi internet e in generale l’impostazione attuale dei media hanno modificato profondamente la percezione del tempo. La televisione propone tutti i giorni come se niente fosse i telefilm della Famiglia Bradford i cui protagonisti sono ormai quasi tutti morti, di Woody Allen si parla senza confini temporali, Io e Annie ha quarantacinque anni, ma è nello stesso cesto dei suoi film di adesso. Ma questo sembra non essere accaduto con i fumetti e con la musica pop del Novecento, dove pop comprende lo sterminato patrimonio di musica più o meno commerciale prodotta nel secondo dopoguerra, dai Platters ai Fourplay. Persino orribili mobili e suppellettili dei tardi anni Sessanta hanno trovato collocazione abituale nel mondo attuale, fumetti e musica no. Dei fumetti parlano già in tanti senza mai arrivare a individuare i motivi della loro scomparsa. Per la musica pop voglio raccontarvi che oggi ho guardato le statistiche del mio canale YouTube, che propone musiche degli anni Settanta-Ottanta, i cui dischi spesso esistono solo in vinile. Guardate un po’ la tabella relativa all’età dei visitatori del mio canale (Jahre=anni), negli ultimi undici anni: Vi ricorda qualcosa, tipo i fumetti per fare un esempio a caso? Più del’83 per cento dei visitatori ha tra 45 e 64 anni, e il 62 per cento ha età compresa tra 55 e 64 anni. In undici anni di attività del canale non un solo ragazzino sotto i 17 anni si è interessato a quella musica, neanche per sbaglio. E sopra i 65 anni c’è un ulteriore tracollo. Un po’ per defunzioni, un po’ perché forse nonostante tutto c’è poca dimestichezza digitale in quella generazione? Ma come si può passare dal 62,1 al 2,6 per cento? Anche ammesso che i miei visitatori siano solo dei nostalgici che vogliono riprovare i brividi della disco, i sessantottini non ascoltavano musica? D’altra parte nelle fumetterie, di settantenni non ne ho mai visti. Non ho risposte da dare o morali da trarre. Resta la domanda del perché in questo anno 2022 alcuni ambiti della cultura del Novecento come la musica e i fumetti non siano stati (ancora?) integrati nell’atemporale, ovunque fruibile e universale patrimonio artistico e di conoscenze e apparentemente non abbiano alcuna intenzione di farlo. E passo a voi la domanda, caso mai vi venisse qualche idea. (Testo e immagini Copyright © 2022 Andrea Antonini, Berlino). Navigazione articoli APPLESEED, UN SANTO PROTESTANTE AMERICANO 500 ANNI FA GLI ALIENI IN LOMBARDIA?
<> Buck Rogers. Ragazzi, dovremmo essere noi “vecchi barbogi” i primi a storicizzare correttamente i fumetti, ad averne consapevolezza culturale. Rispondi
riporto quanto il poeta e scrittore Attilio Bertolucci scriveva nel 1965 presentando la collana “L’età d’oro del fumetto” di Garzanti, dedicata ai fumetti di inizio Novecento: Ah, i fumetti dei miei tempi!” dice il papà “Quelli sì che erano fumetti” dice addirittura il nonno. È vero ragazzi. Il papà e il nonno non hanno tutti i torti. Eccoli qui, i fumetti di quella che fu l’età dell’oro del racconto per immagini, dalla fine del secolo scorso [il XIX] fino all’avvento del cinema sonoro, gli anni di nascita del variopinto, favoloso e caro “Corriere dei Piccoli”. Sono tutti personaggi celebri, più che celebri: alcuni, da un poco di tempo, si sono appartati nella leggenda; altri, invece, li vedete continuare a vivere sui vostri giornalini: ma come sono cambiati! […] VI accorgerete che queste storie scritte, disegnate e lette tanti anni prima che voi nasceste, sono anche oggi, anche per voi, le più nuove, le più moderne, fra le tante a fumetti che conoscete. La ragione c’è: queste, infatti, sono piccole opere d’arte, e l’arte, come sapete, non diventa mai vecchia, non passa mai di moda. […] Rispondi