All’inizio degli anni Novanta, un giovane di belle speranze, che sognava di fare giornalismo culturale e che anni dopo si ridurrà a scrivere per Giornale POP (ma bravo, sputa pure sul piatto dove mangi a quattro ganasce – NdR), concepì un’idea che gli sembrava geniale; raccogliere gli articoli che i giornali dedicavano al fumetto e inserirne degli estratti in una rubrica mensile, da pubblicare su qualche testata specialistica, anche per mettere in evidenza strafalcioni, imprecisioni e assurdità che la stampa “seria” riservava ai comics. Internet era agli albori, la comunicazione avveniva tramite giornali e riviste cartacee, i fumetti erano per lo più serie periodiche vendute in edicola; non vi erano state, almeno in Italia, graphic novel candidate ai grandi premi letterari, né vi era uno Zerocalcare del momento che, da autore di fumetti, potesse finire sulle copertine delle riviste o sugli schermi televisivi come esempio di grande intellettuale e maître à penser. Però c’erano già stati gli studi di Umberto Eco e di altri intellettuali, c’era da anni il Salone del Fumetto di Lucca con le sue Tavole rotonde, c’erano le riviste d’autore; insomma, gli appassionati conoscevano benissimo il valore artistico del fumetto e soffrivano nel vederlo spesso bistrattato sui mezzi di comunicazione mainstream. Come che sia, il nostro giovane di belle speranze preparò un numero zero della rubrica, relativo al mese di settembre 1992; ideò il nome della rubrica medesima (“Dicono di noi”); e, sempre a Lucca, chiese udienza a Giovanni Bovini, editore della casa editrice Star Comics, che all’epoca pubblicava fumetti Marvel, manga e cosette varie, e che, soprattutto sulla testata Starmagazine, dava spazio a redazionali molto curati. Il Bovini, gentile come sempre, ritenne l’idea troppo specialistica per le sue testate, e consigliò di proporla alla rivista Fumo di china, che però all’epoca aveva difficoltà nel rispettare la periodicità in edicola, il che sarebbe stato un problema per una rassegna stampa mensile. Così il progetto abortì e quel numero zero rimase nei cassetti. Ha senso riproporlo adesso, trent’anni dopo, considerando che a quell’epoca molti lettori odierni di fumetti non erano ancora nati? Forse sì, se non altro per sorridere un po’ sul come eravamo, come siamo cambiati, com’era la stampa di quei tempi. Ecco quindi, con qualche sforbiciata qua e là, il testo originale. Alla fine, come in quei film che narrano una storia vera e nei titoli di coda ci informano su cosa accadde dopo, comparirà qualche informazione su fatti e nomi citati nell’articolo, soprattutto a beneficio di chi non c’era. * * * Quando la stampa non specializzata si occupa di fumetti può succedere di tutto. Un comic book diventa una striscia, una rivista diventa una fanzine, Batman diventa un militante del Wwf impegnato nella campagna “Pipistrello è bello”, e così via. Insomma, è il trionfo della cattiva informazione e dell’approssimazione, con risultati che rasentano spesso l’umorismo involontario. In realtà giornalisti e critici in grado di parlare di fumetti con cognizione di causa, in Italia, non mancano. Il fatto è che da qualche tempo anche il fumetto è diventato una moda. E sulle mode, si sa, ci si butta sempre, anche quando manca qualsiasi preparazione. Il massimo della disinformazione è stato toccato un paio di anni fa, quando L’Espresso sbatté in copertina, in luogo delle solite tette nude, l’allora imperante fenomeno dei fumetti splatter, subito imitato da altri periodici. C’è poi un altro atteggiamento abbastanza risibile nei confronti del nostro medium, diffuso soprattutto tra i mensili di Alta Letteratura: annunciare di tanto in tanto che “Anche i fumetti fanno cultura”; che è come se oggi uno scienziato scoprisse la ruota e volesse contrabbandarla come rivoluzionaria scoperta del secolo. Questa rubrica è nata con lo scopo di non farvi perdere queste chicche. Ogni mese vi informeremo su fatti e misfatti del mondo del fumetto così come sono stati raccontati su quotidiani e periodici. Il che vi offrirà due possibilità: farvi quattro risate, oppure correre in biblioteca a recuperare l’articolo che avete perso. Cominciamo dall’appena concluso mese di settembre. Il quotidiano che ha dedicato al fumetto l’articolo più lungo è senz’altro Il Messaggero; un’intera pagina senza altri articoli e senza pubblicità sull’edizione di domenica 27. Peccato che fosse per pubblicizzare una propria iniziativa promozionale: la ristampa in 32 fascicoli settimanali della “Storia d’Italia a fumetti”, sceneggiata da Enzo Biagi e pubblicata in volume anni fa da Mondadori. Nell’intervista di presentazione, Enzo Biagi formula alcune considerazioni interessanti. Afferma tra l’altro che il fumetto comincia con l’uomo; e che «Pieter Bruegel, nel ‘500, è un fumetto strepitoso: c’è quello che sforna il pane, quello che mangia…». Complimenti per l’osservazione e per l’iniziativa. Riconosciuto al Messaggero ciò che gli spetta, dobbiamo dire che la grande notizia del mese riguardava la morte di Superman. Non c’è un quotidiano, sabato 5, che non se ne sia occupato: sinanche La Gazzetta del Mezzogiorno, che di fumetti si occupa una volta ogni cinque anni, ha pubblicato in prima pagina un commento di Alberto Selvaggi. Sul Corriere della sera Alessandra Farkas ripercorre doverosamente la storia dell’uomo d’acciaio, ricordando tra l’altro che «la Dc comprò i diritti dalla Action Comics». Finalmente una affermazione originale! Chissà perché si è sempre pensato che Action Comics fosse solo una testata della grande casa editrice, che per un periodo si chiamava National e che in seguito avrebbe assunto il nome di Dc. Complimenti. Nello stesso articolo la Farkas ricorda che «l’uomo d’acciaio all’inizio era un eroe di sinistra». Questa storia delle simpatie politiche dei fumetti per il Corriere è fondamentale. Sabato 12 si parla del ritorno in edicola di Bufalo Bill, un vecchio fumetto western italiano di cui è iniziata la ristampa; ma nell’articolo si parla poco del fumetto e molto dell’orientamento ideologico di Buffalo Bill (con due elle), il personaggio storico cui il fumetto è ispirato. Gianni Milone, promotore della ristampa, lo considera di sinistra. Per fortuna ci pensa Ferruccio Alessandri a chiarire che il colonnello Cody era «biecamente reazionario». La musica si ripete martedi 22: lungo articolo dedicato a Jacovitti e nuova questione ideologica. Lui dichiara di votare liberale, ma ricorda anche di aver collaborato gratis con Il male; e Vauro, vignettista del Manifesto, dichiara di amarlo alla follia. È proprio vero che la politica è in crisi. Ma ecco provvede Cesare Medail, nell’articolo “L’uomo volante non morirà ma gli eroi stanno male” (mercoledi 9), a superare la questione ideologica e a concludere che comunque tutti gli eroi a fumetti sono in crisi: è l’era degli antieroi alla Watchmen. Ineccepibile. Medail scrive anche che Captain American (notare la enne) morì negli anni ’40 e rinacque nel ’66. Vogliamo sperare che si tratti di errori di stampa, perché Capitan America fu ripescato dai Vendicatori nel marzo 1964 (collana Avengers, n. 4). Un quotidiano sicuramente di sinistra è L’Unità, dove Giancarlo Ascari gestisce con puntuale professionalità una rubrica settimanale di recensioni fumettistiche (ogni lunedì nell’inserto Libri). Nella puntata del 21 Ascari parla dell’ultima collaborazione tra Fellini e Manara, “Il viaggio di G. Mastorna”, e scrive: «Se anni fa qualcuno ci avesse detto che un giorno avremmo visto un fumetto sceneggiato da Federico Fellini, disegnato da Milo Manara e con Paolo Villaggio come protagonista, avremmo probabilmente pensato che cose simili possono avvenire solo in un universo parallelo». Non è del tutto vero, anche anni fa nomi illustri della letteratura e del cinema si dedicavano occasionalmente ai fumetti (Buzzati, Zavattini eccetera), solo che non se ne accorgeva nessuno. Intanto negli Usa un discusso uomo politico di nome Dan Quayle si è accorto che i mass media sono immorali perché «non esaltano i valori familiari tradizionali» (tra i cattivi, secondo lui, ci sono anche i Simpson). Ma, ribatte Ennio Caretto su La Repubblica del 2, «Anche nei fumetti Usa è in corso una rivoluzione culturale». E spiega che Dagoberto, compagno di Blondie nella famosa striscia, «si licenzierà dalla J.C. Dithers & Co, dove ha trascorso l’intera vita. Non solo: si metterà a lavorare per Blondie!». E poi c’è chi dice che queste strisce, che si protraggono da decenni, non offrono più nulla di nuovo. Complimenti a Caretto, che sa bene di cosa parla. Qualcuno che dovrebbe capire cos’è una strip è il critico cinematografico Roberto Nepoti. Recensendo su Repubblica del 18 il film “Nero”, scritto da Tiziano Sclavi, definisce quest’ultimo «padre della popolarissima striscia a fumetti Dylan Dog». Chissà se ha mai preso in mano uno dei fascicoli bonelliani… Il fatto è che l’ignoranza fumettistica gioca brutti scherzi, quando si tratta di recensire un film ispirato ad un fumetto. Poiché è la prima puntata della rubrica e vogliamo essere buoni, sorvoliamo sulle idiozie scritte da molti recensori di “Batman – Il ritorno”. Concludiamo con una puntatina nel campo dei mensili. Citazione d’obbligo per Millelibri, una rivista culturale che si occupa spesso e volentieri di fumetti; a volte con articoli atroci, ma è l’intenzione che conta. Del numero di settembre si apprezzano due fatti. Primo: aver inserito nella rubrica “I lutti della cultura” la morte di Joe Shuster, avvenuta il 31 luglio; una notizia passata sotto silenzio da quasi tutti i quotidiani, che l’hanno poi recuperata giorni dopo commentando la “morte” di Superman. Shuster, infatti, fu il creatore dell’uomo d’acciaio insieme a Jerry Siegel. La rivista ricorda che i due crearono il personaggio nel 1938 ma non se ne arricchirono, poiché cedettero i diritti alla Dc. La commozione ci fa sorvolare su una piccola imprecisione: Superman fu pubblicato a partire dal ’38, ma fu ideato dai due giovanotti almeno cinque anni prima. Secondo elemento da apprezzare: sulla rivista compare un saggio sterminato sulla crisi della lettura e dei libri tra i giovani. Complimenti all’autore che riesce a condurre in porto la ricerca senza dare la colpa ai fumetti che rovinano la gioventù. E non è cosa da poco: fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile. Arrivederci al prossimo mese, con altre informazioni e segnalazioni. * * * Le testate citate sono ancora tutte vive, anche se non stanno molto bene, tranne Millelibri che ha cessato le pubblicazioni nel 1993. Il riferimento ai seni nudi in copertina riguarda L’Espresso ma anche la sua concorrente Panorama; per anni le due riviste sono state accusate di attirare lettori con la “mercificazione” del corpo femminile. Tra i giornalisti citati, Cesare Medail è venuto a mancare nel 2005, Enzo Biagi nel 2007. Giancarlo Ascari, citato come articolista per L’Unità (testata varie volte morta e rinata negli anni, ma quella attuale è lontana parente del quotidiano fondato da Antonio Gramsci), è autore di fumetti con lo pseudonimo di Elfo. Dan Quayle, un po’ dileggiato nel testo, fu vicepresidente degli Stati Uniti dal 1989 al 1993 sotto George Bush. Ritiratosi dalla politica attiva, ha partecipato all’insediamento di Donald Trump il 20 gennaio 2025. Nel 1991 gli fu assegnato il premio Ig-Nobel per l’istruzione. “La morte di Superman” fu un lungo arco narrativo studiato per dare nuova visibilità al personaggio. Uno degli albi centrali della saga, Superman (vol. 2) n. 75, nel 1992 vendette oltre sei milioni di copie. Per fortuna, o purtroppo, Superman è risorto, e tutti speriamo che lo stesso possa accadere a noi… Navigazione articoli MATITE BLU 423 SERGIO ZANIBONI, IL DIABOLIK DEFINITIVO