Quando il Museo del Prado nel 1819 aprì i battenti per ospitare in un solo luogo le più belle opere d’arte della Collezione Reale di Spagna, l’ultrasettantenne Francisco Goya era ancora vivo e in piena attività, tanto da poter godere della soddisfazione di vedervi esporre tre dipinti. Agli iniziali ritratti equestri di Carlo IV e sua moglie Maria Luisa, con il passare degli anni si sono aggiunti all’incirca altri 150 quadri e 500 fra incisioni e disegni, facendo del Prado il più grande scrigno mondiale di opere di questo Maestro. Nato il 30 marzo del 1746 in un paesino nei pressi di Saragozza come ultimo dei sei figli di un bravo doratore, Francisco Goya y Lucientes dai primi rudimenti di tecnica pittorica appresi nella bottega di un artista locale a poco a poco divenne l’indiscusso protagonista della pittura spagnola del periodo compreso tra il XVIII e il XIX secolo Fu il ponte fra Velázquez e Picasso, l’anello di giunzione fra l’Ancien Régime e il nuovo mondo, fra rococò e arte moderna. Se i suoi primordi furono influenzati dai dipinti di Luca Giordano e Giambattista Tiepolo, entrambi molto attivi a Madrid, nelle opere della maturità si intravede un’anticipazione dell’espressionismo, in un’evoluzione artistica condizionata dalla sordità che lo colpì nel 1793 inducendolo a isolarsi sempre più. Proprio un artista che non udiva più, ha immortalato, ben prima di Munch, il primo “urlo” nella storia della pittura, quello del condannato a morte che, come personaggio centrale, domina il quadro: “Il 3 di maggio a Madrid: fucilazioni alla montagna del Principe Pio”. L’uomo, con la sua camicia di un bianco abbagliante che si staglia sullo sfondo scuro del dipinto, le braccia aperte e allargate come un Cristo in croce, è circondato da compagni che si tappano occhi e orecchi per non vedere né sentire e dai corpi di altri che giacciono esanimi ai suoi piedi, crivellati dai colpi. Il quadro trasmette, con impressionante realismo, l’orrore di una morte violenta e ingiusta, in una scena che palpita di pathos. A implorare pietà erano i rivoltosi che il giorno prima (2 maggio del 1808) a Madrid si erano ribellati contro gli occupanti francesi, facendone strage. Nell’arco di nemmeno 12 ore erano stati passati per le armi, diventando da assalitori vittime. Con il magistrale uso di pennello e colori, Francisco Goya trasforma gli osservatori in testimoni impotenti di quei momenti drammatici. “El 3 de mayo del 1808 en Madrid: fusilamientos a la montaña de Príncipe Pio”, di Francisco Goya, 1814, Museo del Prado, Madrid. (Testo di Anselmo Pagani. Riproduzione consentita se indicante il nome dell’autore). Navigazione articoli 12 QUIZ: LE DONNE VESTITE DELLA MANARA VITA DI DICK, SCRITTORE DI FANTASCIENZA PARANOICO