I primi personaggi dei cartoni animati erano unidimensionali e spigolosi, così come i primi fumetti creati dagli ex illustratori satirici alla fine dell’ottocento. Poi il gatto Felix, dell’australiano Pat Sullivan, si impose grazie a un tratto morbido e tondeggiante. Quello che oggi chiamiamo stile disneyano, in realtà, Walt Disney e il suo collaboratore Ub Iwerks lo presero proprio da Felix. Doveva chiamarsi Master Tom, poi fu ribattezzato Felix e divenne il gatto più celebre del mondo. Felix the Cat è il primo vero divo dei cartoni animati. Pat Sullivan lo aveva ideato nel 1917 (facendolo esordire in uno short intitolato Felix the Cat), solleticato dalla fortuna che stavano ottenendo in quel tempo alcuni personaggi del cartoon e dalla insistente richiesta che l’industria del cinema rivolgeva ai disegnatori perché dessero vita a nuovi characters cui affidare l’intrattenimento del cosiddetto “complemento di programma”. Un tempo, prima del film venivano proiettati alcuni cortometraggi e il cinegiornale. Sullivan, scelse il nero felino, tra i molti comprimari che aveva riunito nelle sue pellicole, e lo rifinì quel tanto che era necessario per dargli una personalità riconoscibile. Questo gatto surreale, furbo e ingegnoso, conobbe un successo quasi immediato in tutto il mondo, raggiungendo negli anni venti del secolo scorso una fama pari a quella del grande Charlie Chaplin. Nel 1923, il King Features Syndicate contattò Sullivan proponendogli di adattare le avventure di Felix per i quotidiani e così Otto Messmer (1892-1983), un animatore che lavorava nel suo studio e che aveva dato un contributo determinante al successo del personaggio (tanto che alcuni lo ritengono il vero creatore del popolarissimo gatto), incominciò a occuparsene, anche se tutto era firmato da Pat Sullivan. Come in seguito farà Walt Disney. Felix approdò nel mondo dei fumetti il primo agosto del 1923, sulle pagine del giornale inglese “The Daily Sketch”. La pubblicazione statunitense iniziò il 19 agosto dello stesso anno. Originale di una tavola pubblicata a colori nell’inserto domenicale dei quotidiani Dal 1943, i fumetti di Otto Messmer furono pubblicate dall’albo Felix the Cat, edito prima dalla Dell Comics, poi dalla Toby Press e, infine, dalla Harvey Comics. Gatto Felix comparve nelle tavole disegnate da Otto Messmer fino al 1954. Edizione inglese del comic book americano dedicato a Felix Sia nei cortometraggi sia nei fumetti, Felix è un gatto dotato di una logica assurda e surreale che non ha molto in comune con quella umana, anche se certe volte sembra più uomo che gatto: come quando cammina preoccupato, con la testa infossata nelle spalle e le zampe anteriori dietro la schiena. Nelle sue storie diventa protagonista di vicende ambientate indifferentemente sulla Luna o nella vita di tutti i giorni. Vicende dai ritmi scatenati che stravolgono il reale, intrise di un particolarissimo humour grazie al quale un punto esclamativo può diventare una pagaia, un quarto di luna una comoda culla, il numero quattro una sedia, una bolla di sapone gelata un tranquillo igloo, due nuvole di polvere altrettante ruote di bicicletta, due punti interrogativi un paio di pattini e così via. Rispetto agli altri gatti del fumetto, il primo Felix manteneva fede alle caratteristiche della propria specie, rimanendo sostanzialmente un felino, anche se l’intelligenza, la personalità e la sensibilità sconfinavano spesso nell’umano. Tuttavia, il bello di questo personaggio, al di là degli aspetti onirici delle storie, è il trapasso continuo dall’atteggiamento umano a quello animale. Ai suoi inizi, Felix non ha mani, ma zampe che alla bisogna possono diventare tali e servire ad appendersi. Allo stesso modo, se deve correre, non si fa scrupolo di mettersi a quattro zampe e filare via come una lepre. E quando un oggetto lo incuriosisce, il suo atteggiamento circospetto è quello tipico di un felino. Per converso, se è assorto nei suoi pensieri passeggia come un uomo con le braccia dietro la schiena e se deve salire le scale utilizza le due gambe. Il successo cosmico di Felix durò fino alla fine degli anni venti, prima di essere appannato dall’arrivo del cinema sonoro e di Topolino. Pat Sullivan si rifiutò di far parlare Felix e, anzi, per protesta bloccò la serie, ma nel 1933 annunciò di voler cominciare a produrre la serie cinematografica sonora. Purtroppo morì di lì a poco lasciando il progetto incompiuto. Felix ritornò solo alla fine degli anni cinquanta, quando Joe Oriolo, che lavorava come assistente di Messmer, ricevette l’incarico di occuparsi del personaggio. Oriolo produsse episodi filmati della durata di cinque minuti per la televisione. In totale vennero realizzati circa 264 cortometraggi per la Trans Lux Tv, che andarono in onda con successo per vent’anni di seguito e furono comprati dalle televisioni di tutto il mondo decretando la nuova affermazione planetaria del “gatto”. La serie Tv diede nuova vita al personaggio, ma nello stesso tempo lo banalizzò, riducendolo a una macchietta per bambini. La sua ambivalenza uomo\felino scomparve con il restyling di Joe Oriolo, che ne fece un “umano” surreale, con l’inseparabile borsa magica capace di risolvere ogni situazione. (Idea che ha ispirato il gatto Doraemon del duo Fujiko Fujio). Suoi nemici ricorrenti erano Il Professore, uno scienziato pazzo, e suo nipote Poindexter, occhialuto e dal quoziente d’intelligenza altissimo. Entrambi cercavano di catturare Felix per usarlo nei loro esperimenti: una formula che, alla lunga, divenne piuttosto ripetitiva. Mio Mao nel “Corriere dei Piccoli”: i fumetti sono stati sostituiti dalle rime baciate Un capitolo a parte va riservato alla storia italiana del personaggio. In Italia, Felix the Cat venne pubblicato dal “Corriere dei Piccoli” con il nome di Mio Mao tra il 1926 e il 1940. Fu ripreso dal settimanale “Giovedì”, negli anni 1945-1946. Tuttavia il vero successo sarebbe arrivato in virtù di una profonda revisione in senso infantile a cura dell’editore Renato Bianconi. L’autorizzazione statunitense consentì un’ampia produzione italiana di largo successo, che venne esportata in altri Paesi. Tra gli autori della versione italiana meritano almeno un cenno Alberico Motta, che curò le sceneggiature, e Sandro Dossi, che lo disegnò. Il longevo albo della Bianconi con fumetti realizzati in Italia Successivamente, in America, l’immagine del gatto Felix venne curata dal figlio di Joe Oriolo, Don, che, alla metà degli anni ottanta, produsse il film “Felix the Cat – The Movie”, distribuito da Buena Vista nel settore cinematografico Disney Channel e in quello televisivo. Sull’onda del successo ottenuto, a parte la vendita di oggetti con l’immagine del celebre gatto, va registrata la nascita di Baby Felix, un personaggio che cercò di sfruttare la moda delle versioni infantili dei grandi eroi dei cartoons. Certo, la popolarità del gatto nero non è più quella dei tempi d’oro, ma le tracce che ha lasciato devono essere ancora notevoli se, per esempio, un artista come Todd McFarlane pensò di inserire Felix nello sfondo delle tavole dell’Uomo Ragno. In fondo è vero, i grandi eroi non vanno mai in pensione, al massimo si concedono qualche anno sabbatico. Navigazione articoli QUANDO HA FATTO LA GUERRA TEX WILLER? COSA RIMANE DI MOEBIUS, IL DISEGNATORE CHE DOVEVA RIVOLUZIONARE IL FUMETTO
[…] storia del gatto Felix creato da Pat Sullivan, qui disegnato da Otto Messmer (1892-1983), nello stile che ha ispirato Walt […] Rispondi
Da citare anche la versione italiana di Umberto Manfrin, che modificò un pò l’aspetto fisico del personaggio, ora vestito di tutto punto, ma creò storie folli e divertenti ed introdusse nuovi comprimari (Zampalesta, la Mollacciona, il Commissario Pulotta …). Rispondi