Il film Uscito nel 1974 su sceneggiatura di Mayo Simon e interpretato da Michael Murphy, Nigel Davenport e Lynne Frederick, Fase IV – Distruzione Terra è la visionaria e irripetibile incursione alla regia del maestro della grafica Saul Bass. Singolare crocevia fra horror e fantascienza – Il film rappresenta, nonostante la scarsa attenzione ricevuta, uno dei vertici del cinema di genere. Celebre per i titoli di testa creati per autori come Alfred Hitchcock, Otto Preminger, Billy Wilder, Martin Scorsese e Stanley Kubrick, Bass rivela qui un’inaspettata abilità nel coniugare raffinatezza visiva e profondità concettuale. Il risultato si avvicina più alla filosofia estetica di 2001: Odissea nello spazio che ai consueti monster-movie con insetti. Pur se ambientata nel deserto dell’Arizona, la pellicola venne girata in interni ai Pinewood Studios in Gran Bretagna, con esterni realizzati in Kenya, e coprodotta da Alced Productions e Paramount Pictures. Il pessimo rendimento al botteghino decretò (probabilmente) la fine della carriera registica di Bass. Ma le repliche televisive, iniziate già nel 1975 e la successiva presenza in un episodio della serie cult umoristica Mystery Science Theater 3000 (MST3K), nell’epoca della messa in onda sulla rete televisiva KTMA (una televisione locale dell’area di Minneapolis-St. Paul), hanno fatto del film un autentico cult-movie. Nel novembre 1973, a dieci mesi dalla première, Barry N. Malzberg pubblicò l’omonima della sceneggiatura di Mayo Simon. Cosa succede A seguito di un evento cosmico, diverse specie di formiche evolvono rapidamente, fondono le loro coscienze in una mente collettiva interspecifica e innalzano nel deserto dell’Arizona sette torri dalle geometrie impeccabili. Due scienziati dell’Istituto di ricerca Coronado, il professor Ernst D. Hubbs (Nigel Devemport) e il suo assistente James R. Lesko(Michael Murphy), decidono di indagare su strani comportamenti che coinvolgono le colonie di formiche locali. Muniti di attrezzature scientifiche avanzate, i due ricercatori costruiscono un laboratorio ultramoderno in una zona isolata, dove iniziano a osservare con stupore e preoccupazione una mutazione radicale nelle dinamiche ambientali locali. Ai due si unisce Kendra Eldridge (Lynne Frederick), una giovane donna rifugiatasi nel laboratorio. Gradualmente, diventa evidente che l’equilibrio ecologico è stato alterato in modo irreversibile, aprendo le porte a una nuova era evolutiva che rischia di relegare l’umanità al ruolo di spettatrice o, peggio ancora, di vittima. Le formiche, guidate da una logica apparentemente impenetrabile ma impeccabile, iniziano a minacciare il primato dell’essere umano, mettendo in discussione il suo ruolo dominante nella natura. Tecnica e stile Bass trasforma con coraggio un soggetto che avrebbe potuto facilmente scadere nel ridicolo o nel banale in una potente riflessione esistenziale, sfruttando al massimo le sue eccezionali competenze grafiche e visuali. Con estrema bravura, trasforma il soggetto in una potente meditazione esistenziale e filosofica. Con una regia che si distingue per uno stile visivo estremamente ricercato, fatto di rigorose inquadrature geometriche e angolazioni quasi audaci attraverso le quali la realtà e l’universo vengono osservati nella più cruda relatività. L’uso sapiente della tecnica macrofotografica conferisce al film una forza visiva ipnotica, in cui la crescita della minaccia rappresentata dalle formiche appare graduale ma inesorabile, concretizzandosi attraverso immagini dettagliate e potenti che sfidano la percezione comune della realtà. L’infinitamente piccolo acquisisce una dimensione colossale, inquietante e minacciosa, sottolineando così la fragilità e la presunzione dell’essere umano nel considerarsi sovrano assoluto dell’universo, mettendone in discussione la superiorità con una logica che si può definire matematica. La rappresentazione del deserto, minacciato dalla speculazione edilizia e progressivamente conquistato dall’organizzazione silenziosa e inesorabile degli insetti, appare come un’impresa cinematografica straordinaria. La capacità di trasmettere un senso crescente di minaccia e apocalisse attraverso semplici scelte visive rende Fase IV unico nel panorama del genere, dimostrando quanto la tecnica registica possa trasformare una semplice premessa in un’esperienza estremamente coinvolgente e perturbante. Un aspetto fondamentale di Fase IV è il suo straordinario uso del sonoro. Quasi privo di dialoghi convenzionali, il film privilegia un contrasto tra il rumore freddo e artificiale della tecnologia umana e il suono naturale ma sinistro prodotto dalle formiche. Scelta che amplifica il senso di isolamento degli scienziati e sottolinea l’impotenza tecnologica di fronte alla coesione naturale degli insetti. In questa contrapposizione sonora si delinea, critica implicita alla società umana, la ragione della vittoria potenziale delle formiche che, con la loro coesione e dedizione comune, simboleggiano una società unità e infinitamene distante dalle contradditorie ambizioni e individualistiche aspirazioni umane. Arroganza umana Sebbene figlia della propria epoca, la parabola di Fase IV: distruzione Terra rimane profondamente attuale. Riflettendo sulla fragilità della presunta supremazia dell’uomo e sul pericolo di una superbia umana destinata, inevitabilmente, a scontrarsi con forze apparentemente insignificanti e più piccole, ma decisamente più resilienti. L’uso simbolico del deserto, minacciato dall’espansione umana e dall’urbanizzazione selvaggia, rafforza ulteriormente il messaggio ambientalista implicito nella narrazione, trasformando la storia in una critica pungente verso l’incapacità umana di rispettare i limiti naturali del pianeta. Infine… Film apparentemente ostico, Fase IV: distruzione Terra tuttavia si rivela accessibile, riuscendo a essere contemporaneamente sperimentale e coinvolgente. Le sequenze conclusive sono memorabili ed estremamente suggestive. Il piano finale in cui una formica alza il capo verso il cielo, sfidando implicitamente l’uomo e il suo universo, è forse una delle immagini più potenti della storia del cinema fantascientifico. Un’immagine emblematica, che sintetizza alla perfezione il messaggio del film: l’umanità, con la sua fragilità e presunzione, non è necessariamente destinata a prevalere nella gerarchia naturale del cosmo. Fase IV: distruzione Terra si rivela un’opera unica e sperimentale eppure accessibile, in grado di affascinare sia il pubblico specializzato sia quello generalista. Un film di altissimo livello da rivalutare e riscoprire. … PERTURBANTE! Saul Bass Nato nel Bronx l’8 maggio 1920, è stato il grafico che ha rivoluzionato l’idea stessa di titoli di testa, trasformandoli da semplici cartelli statici in veri preludi narrativi. Formatosi tra la Art Students Leaguedi Manhattan e i corsi serali del designer György Kepes al Brooklyn College, iniziò come freelance per agenzie pubblicitarie, anche alla Warner Bros., prima di stabilirsi a Los Angeles. Nel 1952 aprì lo studio Saul Bass & Associates e due anni dopo Otto Preminger gli chiese il manifesto di Carmen Jones e, colpito dal risultato, gli affidò anche l’apertura animata del film. Fu la svolta. Con l’iconico braccio di carta ritagliata di The Man with the Golden Arm (L’uomo dal braccio d’oro, 1955), sempre di Preminger, Bass dimostrò come grafica, musica e movimento potessero predisporre lo spettatore al tema – che in quel caso era la dipendenza da eroina. Seguirono collaborazioni storiche: i vortici ipnotici di La donna che visse due volte (Vertigo, 1958), le linee frenetiche di Intrigo internazionele (North by Northwest, 1959) e i tagli netti di Psycho (1960) per Alfred Hitchcock; il risveglio felino di Anime sporche (Walk on the Wild Side, 1962); le lancette che diventano paesaggio in 9 ore per Rama (Nine Hours to Rama, 1963). Sempre guidato dal motto “rendere straordinario l’ordinario”, Bass introdusse la kinetic typography (o cinetipografia, ovvero l’uso di testi in movimento) e aprì la strada ai moderni motion graphics (o mograph, animano elementi grafici con movimenti o rotazioni, dando vita alle immagini e integrandosi spesso con l’audio nei progetti multimediali), continuando poi con titoli celebri per Spartacus (1960) e Shining (1980, un poster) di Stanley Kubrick; West Side Story (1961) di Robert Wise; Cape Fear – Il promontorio della paura (Cape Fear, 1991), L’età dell’innocenza (The Age of Innocence, 1993) eCasino (1995) per Martin Scorsese. E moltissimi altri ancora. In quarant’anni di carriera, coronata anche da un Oscar per il corto Why Man Creates (1968), firmò loghi corporate e poster come quelli realizzati per l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences per le edizioni degli Oscar dal 1991 al 1996, o quello per Schindler’s List di Steven Spielberg del 1993. Ma soprattutto, Bass creò una nuova grammatica visiva del cinema, ancora oggi modello imprescindibile per designer e cineasti. Muore a Los Angeles il 25 aprile 1996 causa di un linfoma non Hodgkin (LNH). Fase IV: distruzione Terra (Phase IV, 1973) regia: Saul Bass sceneggiatura: Mayo Simon fotografia: Dick Bush scenografia: Don Barry montaggio: Willy Kemplen effetti speciali: John Richardson musiche: Brian Gascoigne con Nigel Davenport Michael Murphy Lynne Frederick e Alan Gifford Robert Henderson Helen Horton fantascienza orrore Alced Productions Paramount Pictures colore durata: 86 min USA / GB 1974 Navigazione articoli ABSOLUTE MARTIAN MANHUNTER NORMAN TOKAR, REGISTA DI FILM DISNEY
Eh sì, erano gli (per molti versi da me odiati) anni ’70. In quel bizzarro periodo era purtroppo possibile che uscissero film come L’uomo che fuggì dal futuro (THX1138), questo Fase IV: distruzione terra, e poi Mattatoio 5, Quel mondo maledetto fatto da bambole, Alfa e Omega: il principio della fine, ec, ecc.. Quante belle dormite al cinema mi facevo! Scherzi a parte, pellicole che facevano felici gli intellettuali di sinistra e i patiti della SF “sociologica”, “impegnata”, come si diceva allora, ma che risultavano noiosissime per noi comuni mortali. Forse solo Zardoz, fra i film di sf “intellettuali” degli anni ’70, non mi dispiacque poi del tutto… Rispondi
Ah, gli anni Settanta, così fervidi e creativi come non mai. Dopo è cominciata la discesa inesorabile e ora abbiamo preso la pala, per scavare ancora più a fondo… Bastava un sonnellino in meno e un po’ di attenzione in più, che le cose non erano poi così difficili da comprendere, anche per noi (e dico noi) comuni mortali: non era proprio necessario essere degli intellettuali (di sinistra). Probabilmente non guastava esserlo, ma non era necessario. Rispondi