Lo scorso mese, ho pubblicato un post in cui introducevo il concetto di “paleoarte sperimentale”. Il post ha avuto un buon riscontro, in particolare tra i follower della pagina Facebook del blog. Ne è risultata una discussione sulla fattibilità di un esperimento di paleoarte sperimentale, esperimento al quale hanno aderito alcuni lettori (in particolare, giovani paleoartisti). Questo post descrive l’esito dell’esperimento. Ho chiesto ai partecipanti di ricostruire l’aspetto in vita dell’animale proprietario di questo cranio. Gli autori della ricostruzione erano inoltre invitati a includere una breve spiegazione della loro ricostruzione, sia come ispirazioni “tassonomiche” sia “ecologiche”. Nessuno degli autori, per partecipare, era a conoscenza della specie di appartenenza del cranio, sebbene molti abbiano intuito (o esplicitamente riconosciuto) il clade di appartenenza dell’animale. Questo fattore è stato quindi esplicitato al momento di inviarmi le opere, e ci aiuta a comprendere le differenti ricostruzioni. Il cranio, spero questo sia palese, appartiene a un mammifero. Non è mia intenzione fare una graduatoria “estetica” di queste ricostruzioni, anche perché non sono minimamente qualificato per giudicare l’estetica. Inoltre, lo scopo dell’esperimento non era di misurare chi fosse più esperto in ricostruzioni o nella identificazione di un cranio: nessuno nasce paleontologo, e nessuno deve sentirsi scoraggiato se la sua ricostruzione è poco accurata. Pertanto, non mi soffermo su commenti di tipo anatomico o naturalistico. Quale che sia la vostra valutazione delle opere, io ho apprezzato tutti i lavori e l’impegno di tutti i partecipanti. Tuttavia, per i fini stessi dell’esperimento, è necessario “quantificare” il grado di accuratezza (ovvero, aderenza al reale) di ogni opera. Pertanto, ho stilato una lista di 16 elementi anatomici che definiscono l’animale reale: ogni opera è stata quindi “valutata” in base al numero di elementi anatomici risultati corrispondenti a quelli della specie reale. Questa misura non serve a fare una graduatoria di “scientificità” delle opere, ma solo a misurare il grado di accuratezza dell’intero campione. 1 – ‘Concavità naso-fronte’: in vista laterale, una flessione del muso al passaggio dalla fronte alla regione nasale. 2 – ‘Bocca inclinata anteroventralmente’: in vista laterale, l’angolo che la bocca chiusa descrive rispetto all’asse lungo della testa. 3 – ‘Colore della zona nariale’: se corrisponde o no con l’animale reale. 4 – ‘Colore della zona boccale’: se corrisponde o no con l’animale reale. 5 – ‘Colore dell’occhio’: se corrisponde o no con l’animale reale. 6 – ‘Posizione dell’apice dei padiglioni auricolari’: postura delle orecchie, se erette o cadenti. 7 – ‘Padiglioni rivolti in avanti’: direzione del padiglione, se anteriore, laterale o posteriore. 8 – ‘Orecchie pelose’: presenza o meno di pelliccia sui padiglioni. 9 – ‘Colore nuca’: se corrisponde o no con l’animale reale. 10 – ‘Colore guance’: se corrisponde o no con l’animale reale. 11 – ‘Colore della regione periorbitale’: se corrisponde o no con l’animale reale. 12 – ‘Pelo folto’: densità della pelliccia. 13 – ‘Assenza di criniera’: presenza o meno di una criniera lungo nuca e collo. 14 – ‘Naso protrude rispetto alle labbra’: posizione dell’apice della zona nariale rispetto alla bocca. 15 – ‘Vibrisse orali’: presenza o no nella ricostruzione. 16 – ‘Vibrisse occhi’: presenza o no nella ricostruzione. Ed ecco le opere che mi avete inviato. (Gli autori sono ringraziati alla fine) La maggioranza degli autori ha dichiarato di aver colto/riconosciuto/identificato nel cranio un marsupiale, e che questo elemento tassonomico ha inciso sulle loro ricostruzioni. Un autore ha prodotto due ricostruzioni, secondo due modelli alternativi di marsupiale. In generale, le ricostruzioni si differenziano per dettagli quali la colorazione, la posizione, forma e inclinazione dei padiglioni auricolari, per la lunghezza e densità della pelliccia. Due ricostruzioni azzardano una morfologia in parte simile a quella di un ungulato, pur mantenendo l’animale entro fattezze generali da marsupiale. In alcuni casi, l’autore ha dichiarato che l’animale ricostruito abbia una ecologia terricola adatta a contesti aperti e relativamente asciutti. In un caso, l’animale è esplicitamente ricostruito con fattezze da macropodide terricolo (come il canguro rosso). So che la vostra pazienza si sta esaurendo: è arrivato il momento di mostrare l’animale reale. Il cranio usato per l’esperimento appartiene ad un Dendrolagus matschiei, detto anche “canguro arboricolo di Huon”. Si tratta di un marsupiale macropodide arboricolo che vive nelle foreste umide pluviali di montagna di una specifica regione della Nuova Guinea. Si tratta di una specie attualmente in pericolo a causa della distruzione del suo habitat. Scienza e paleoarte a parte… ma non è un amore? Usando i 16 criteri per quantificare l’accuratezza delle ricostruzioni, tutte le opere hanno una accuratezza che spazia dal 19% al 60%. Questo significa che pur avendo individuato la collocazione tassonomica della specie a cui appartiene il cranio, e anche quando l’autore ha colto alcuni elementi anatomici che suggerivano delle fattezze da piccolo macropodide, resta comunque un ampio margine di incertezza che inevitabilmente fa divergere la ricostruzione prodotta dall’aspetto reale dell’animale. Alcuni dettagli tendono a essere individuati con maggiore frequenza di altri, in particolare quelli che sono deducibili per “inquadramento filogenetico ampio”: la presenza delle vibrisse, il colore uniformemente scuro dell’occhio, e la mancanza di una criniera sono caratteristiche “mammaliane standard” che si tende a individuare facilmente. Al contrario, dettagli come il colore di naso, labbra e nuca sono elementi che non risultano accurati nella maggioranza dei casi. Curiosamente, la maggioranza degli autori non ha ricostruito accuratamente l’inclinazione ventrale delle labbra, rappresentandola invece più orizzontale rispetto all’animale reale. In un’epoca di paleoarte ossessionata dalle labbra, questo dettaglio non è secondario… Il campione di opere è ridotto (una dozzina), ma comunque risulta che l’accuratezza delle opere di autori che hanno identificato la natura marsupiale dell’animale non è statisticamente superiore a quella delle opere di autori che non hanno riconosciuto lo status marsupiale dell’animale. Concludendo, il margine di “inaccuratezza” delle opere oscilla tra circa 40 e 80% dei dettagli. Ciò implica che, per un dato dettaglio non determinabile in un fossile, la probabilità che tale dettaglio ricostruito non sia accurato oscilla tra 40 e 80%. Questo valore è una proprietà intrinseca della paleoarte? Per rispondere a tale domanda, sarà necessario svolgere altri esperimenti, su altri crani, per altri cladi. Ringrazio tutti i partecipanti all’esperimento: Alberto Magri, Marco Bianchini, Andrea Morandini, Simone Zoc, William Gonss, Ivan Iofrida, Matteo Lietti, Lorentz Wisniewski, Francesco Conti, Angelo Capaldo, Gerardo Russomanno, Fernando Gambanelli e suo nipote Astolfo. (Da Theropoda). Navigazione articoli IL SIGNOR FIAMMELLI E LA NEW ECONOMY DEL 1976 ANTONIO RUBINO TRA GOLIARDIA ED EROTISMO