Dick Tracy, sbirro dalla pistola e dal pugno facili, nonché dalla mascella squadrata, nasce nel 1931 come striscia giornaliera dei quotidiani americani dalla penna di Chester Gould (1900-1985).

Dick Tracy sarà un fumetto di grande successo, ispirerà la creazione del fumetto di Batman e il cinema noir americano tra la fine degli anni quaranta e l’inizio dei cinquanta.

Essendo Dick Tracy uno dei fumetti più diffusi nell’America degli anni trenta, dovrebbe essere logico trovare le sue edizioni europee. Infatti, lo vediamo tradotto in francese già nel 1938, nelle pagine del leggendario settimanale “Spirou”.

Sicuramente, come era consuetudine, l’agenzia americana che lo pubblicava aveva mandato le strisce di Dick Tracy anche a varie case editrici italiane. Ma da noi bisognava fare i conti con il regime fascista, che per quanto riguarda il fumetto era condizionato dalla ferma opposizione dei pedagogisti barbogi. Per questi esimi studiosi già i balloon (ossia le nuvolette con i dialoghi dei personaggi) mettevano in agitazione i bimbi, figuriamoci le scene di violenza estremamente cruda di Dick Tracy. Così nessun editore ebbe il coraggio di pubblicarlo fino alla fine della Seconda guerra mondiale.

Però quelle strisce, non ancora tradotte dall’inglese, devono essere rimaste a lungo appoggiate sul tavolo di un certo editore milanese, il quale pensava: se questo personaggio riscuote tanto successo in America, perché, dopo un necessario ammorbidimento, non potrebbe averlo anche in Italia?

La casa editrice Vittoria, secondo la mia ipotesi, diede incarico al giornalista Vincenzo Baggioli di creare una versione casareccia di Dick Tracy per gli “Albi dell’Audacia” e nel 1938, su disegni di Carlo Cossio, nacque così Dick Fulmine.

Almeno sette indizi fanno ritenere che Dick Tracy sia confluito in Dick Fulmine.
1) Il nome di battesimo li accomuna: Dick.
2) Sia Dick Tracy sia Dick Fulmine sono agenti in borghese.
3) Entrambi appartengono al corpo della polizia di Chicago (in Dick Tracy la città non viene mai nominata nelle storie, ma è scritta nel copyright che ricorre in ogni striscia: “Chicago Tribune”).
4) Tutti e due hanno il mascellone squadrato.
5) Il fatto che Dick Fulmine esca lo stesso anno (il 1938) nel quale Dick Tracy viene pubblicato in Francia, lascia supporre che le strisce dell’eroe americano siano state presentate in quel periodo anche agli editori italiani.
6) Vincenzo Baggioli, sceneggiatore di Dick Fulmine, nel 1939 firma il rifacimento delle prime storie pubblicate in Italia di Superman (cambiando solo il nome in Ciclone), a dimostrazione della sua specializzazione nell’adattamento dei fumetti esteri.
7) Anche Carlo Cossio, disegnatore di Dick Fulmine, è specializzato nelle versioni nostrane dei personaggi americani: dopo Dick Tracy italianizza Superman, lasciandogli il nome Ciclone con il quale era conosciuto da noi prima della guerra. Anche in questo caso la corporatura del personaggio diventa talmente massiccia da non assomigliare più a quella dell’eroe originale. 

“Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova” diceva la giallista Agatha Christie.
Ragazzi, io di indizi ne ho trovati sette!

Dick Fulmine diventa subito il più popolare personaggio dei fumetti italiani, tanto che Carlo Cossio (1908-2001) ne fa un clone nel 1940 che chiama Furio Almirante. Negli anni successivi i testi passano a  Gian Luigi Bonelli. In questo caso la mia non è solo una ipotesi, ma un fatto evidente per ogni storico del fumetto. Il cognome Almirante rimanda a una famosa (all’epoca) compagnia di attori dalla quale discende Giorgio Almirante, il leader del neofascista Movimento sociale italiano.

Tex e Dick Tracy

Scrive Giada Gentili (chiunque sia questa signora): “Furio diventò ben presto il prototipo del castigamatti, insofferente verso i potenti, i furbi e i politicanti, portato a farsi giustizia da solo (e a farla per i più deboli), in un mondo in cui l’intrallazzo e la prepotenza si fanno costantemente beffe della giustizia”. Chiaramente Furio Almirante non agisce nell’Italia governata dall’ordine fascista, ma nei decadenti paesi democratici dominati da plutocrati senza scrupoli.

Continua la Gentili: “Ma è soprattutto nel dopoguerra che Bonelli, ormai completamente padrone del mezzo espressivo, infonde nel personaggio quelle caratteristiche psicologiche che, ulteriormente affinate, porteranno al successo pluridecennale di Tex”.

Abbiamo, quindi, i seguenti passaggi:
Dick Tracy / Dick Fulmine / Furio Almirante / Tex Willer.

Così, dalla Chicago trasformata in far west da gangster come Al Capone, si è tornati al far west vero e proprio. Dal poliziotto dai metodi spicci si è arrivati allo squadrista (senza camicia nera) che risolve i problemi a suon di pugni. Questa non vuole essere una critica gratuita a Gian Luigi Bonelli: anche se non ci piace ammetterlo, la grande maggioranza degli italiani era fascista. Fascisti convinti sono stati, per esempio, Hugo Pratt, Giorgio Bocca ed Eugenio Scalfari.

Curiosamente, Dick Tracy e Tex Willer vestono entrambi di giallo e indossano il cappello

 

 

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Di Sauro Pennacchioli

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6 pensiero su “PERCHÉ TEX WILLER DERIVA DA DICK TRACY”
  1. Vedo che in vari siti si critica in maniera impropria questo articolo perché l’idea generale è che il fascismo fosse il male mentre Tex è il bene. Il fascismo era il male, ma aveva una sua letteratura, una sua cultura. Faccio un esempio.

    Nel libro di lettura della scuola elementare fascista c’era questo racconto.
    Un bravo ragazzo vede arrivare un suo vecchio compagno di scuola che era sempre indisciplinato e si era poi unito a gruppi di anarchici e altri facinorosi.
    Questo amico gli chiede aiuto ansimando, perché alcuni squadristi lo stanno inseguendo… Il cattivo ragazzo si nasconde quindi dietro un cespuglio.
    Arrivano gli squadristi, dei baldi giovanotti che chiedono al bravo ragazzo se ha visto passare il cattivo ragazzo: ha creato disordini in paese e vogliono fargli capire che deve rigare dritto.
    Cosa risponde il bravo ragazzo?
    Sì, l’ho visto: è andato da quella parte, ormai sarà lontano.
    Mentre gli squadristi corrono verso l’orizzonte il cattivo ragazzo esce dal cespuglio ringraziando il bravo ragazzo, il quale gli consiglia con espressione seria di mettere la testa a posto da ora in poi.

    Questo racconto destinato ai bambini sarebbe inimmaginabile in un paese comunista, dove l’eroe avrebbe subito fatto il delatore.
    Questo per dire che per l’etica fascista aveva molta importanza l’onore: in questo caso significava non tradire il vecchio amico che ti chiede aiuto, dato che in fondo non aveva fatto nulla di grave.
    L’eroe comunista, invece, avrebbe anteposto il “bene del popolo” al proprio onore.
    Questo atteggiamento, tipico degli eroi “fascisti” (si prenda il rapporto di Corto Maltese con Rasputin) viene scambiato per “anarchico” da chi non conosce la cultura fascista.
    Anche se un conto è la letteratura, un altro conto la realtà: durante il fascismo si faceva larghissimo uso della delazione (in segreto).

    Un altro motivo ricorrente è dire che Tex non può essere fascista perché difende gli indiani, ma la difesa del selvaggio nei confronti della civiltà è un altro tema tipico della letteratura fascista che vede criticamente la modernità.
    In conclusione, per sapere se Tex ha preso qualcosa dalla cultura fascista, occorre conoscere quest’ultima.

    1. Per rispondere a queste non superficiali considerazioni prendo spunto dal rapporto tra il “Potere Cattivo” e una religione popolare che contrappone i deboli e i reietti agli ipocriti asserviti al Potere, e cioè il cristianesimo. Inutile ripercorrere la storia del Cristo, vicino ai miserabili ma ben distante dalle contrapposizioni opportunistiche al potere (date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio), però è bene ricordare come il cristianesimo divenne sostegno al potere imperiale di Roma, religione di Stato e repressiva come e ben più nei confronti delle stesse correnti cristiane appunto eretiche, cioè ostili alla stabilizzazione delle gerarchie cattoliche. Così in ogni ideologia inizialmente “rivoluzionaria”, cioè ostile al potere plutocrate costituito ci sono forti elementi popolari di giustizia e libertà. Tuttavia è assolutamente necessario ricordare come le classi al potere (in particolare i latifondisti e i padroni del vapore industriale) videro immediatamente il vero significato del fascismo e lo utilizzarono e foraggiarono in funzione di sgherro antioperaio. A parole anti-borghese, na ben s’ intende nell’accezione liberale del termine borghese, nei fatti difensore del potere costituito contro le rivendicazioni proletarie. L’idea del fascista-leale vs il comunista-delatore è totalmente succube della demagogia fascista, che privilegia l’individuo forte e giusto contro la massa-feccia opportunista. Non si tratta di difendere il comunismo, che esattamente come il cristianesimo primigenio fu distorto all’uso e convenienza dei privilegi del potere, ma di afferrare il principio base ispiratore di una ideologia, del suo scopo e della sua origine di classe. Tex presenta molti tratti fascisti, soprattutto all’inizio, via via edulcorati nel corso degli anni (basti pensare al cambiamento del lessico, non ci sono più espressioni come “musi gialli”, “diavoli rossi” o “palle di carbone”), a partire dal fatto che si autonomina poliziotto, giudice e boia, mescolando manganello e difesa dei deboli che comunque gli devono obbedienza indiscussa. In realtà Tex riflette ambiguamente le varie componenti della massa dei lettori, che ne fa appunto un uomo oscillante di volta in volta tra un velleitario Che Guevara (autoritarismo compreso) e un prosaico mediatore tra nativi e generali dell’esercito USA. Un uomo buono per tutte le stagioni e tutti i mercati internazionali, di volta in volta interpretato da bravissimi (e intelligentemente sovversivi-integrati) sceneggiatori.

  2. […] “Intrepido” era un settimanale storico della Casa Editrice Universo. Fondato nel 1935 da Cino Del Duca e dai suoi fratelli Alceo e Domenico, “Intrepido” fu una delle primissime pubblicazioni a proporre fumetti avventurosi italiani. Nelle sue pagine esordirono disegnatori come Walter Molino, poi illustratore della “Domenica del Corriere”, e Galep, il creatore grafico di Tex Willer. […]

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