La serie Cobra Kai, spin off tratto dal film Karate Kid, è stata un’operazione di successo iniziata da Youtube Premium nel 2018 e poi acquistata dalla piattaforma Netflix nel 2020. Sebbene sia una serie che a oggi conta ben 6 stagioni, i cui ultimi episodi saranno distribuiti nel 2025, e sebbene sia stata capace di riaccendere l’interesse di un franchising nato nel 1984 (oltre a rilanciare le carriere dei protagonisti Ralph Macchio e William Zabka), il passaggio a Netflix ne ha stravolto il senso abbassando lo standard qualitativo. Cobra Kai, infatti, nasce come iniziativa legata alla nostalgia e ai fan di Karate Kid, oggi 40enni, mentre ora è diventato un prodotto da teenager di nuova generazione. KARATE KID: LA NASCITA DEL MITO Tutto ha origine nel 1984, quando la Columbia Pictures produce il film Karate Kid, per la regia di John G. Avidsen (lo stesso di Rocky). La storia vede il giovane Daniel LaRusso trasferirsi con la madre dallo stato del New Jersey alla California. Qui suscita l’interesse della bella Ali Mills (Elizabeth Shue) e per questo viene preso di mira da una gang di bulli, capitanati dall’ex della ragazza, Johnny Lawrence (William Zabka), esperto di karate. Le differenze tra i due sono notevoli. Daniel è di umili origini, un ragazzo semplice che non ha neppure la propria auto, mentre Johnny è benestante, popolare, e non perde occasione di umiliare il ragazzo, sia con ostentazioni di ricchezza sia aggredendolo fisicamente. Quando i soprusi da parte dei ragazzi diventando eccessivi, Daniel viene preso sotto la guida di Nariyoshi Myagi, suo vicino di casa ed esperto di arti marziali. Tramite un curioso e insolito addestramento, come il mettere e togliere la cera da numerose auto, Myagi insegnerà al ragazzo come battersi ma soprattutto gli insegnerà, tramite la saggezza orientale, la ricerca del proprio equilibrio, nella vita come sul tatami. Infatti, mentre Myagi insegna a Daniel sì a combattere ma soprattutto a evitare lo scontro, il sensei di Lawrence, John Reese, insegna nel suo dojo chiamato Cobra Kai a “colpire duro” e a “non avere pietà”. Il confronto finale da Daniel e la gang di Johnny si avrà al torneo di Hill Valley, dove il nostro eroe riuscirà a trionfare grazie al “colpo della Gru”, una tecnica imparabile. Il film avrà un enorme successo, tanto da far vincere un Oscar per l’interpretazione di Myagi all’attore Pat Norita, e ad avere ben 3 seguiti (sebbene Karate Kid 4, con protagonista Hilary Swank, è dimenticabile e ritenuto da molti non canonico) e un remake, con Jackie Chan e Jaden Smith, ma è ambientato in Cina e viene utilizzato il kung fu. COBRA KAI La serie del 2018 riprende gli eventi del primo film dopo 34 anni, concentrandosi non tanto su Daniel ma su Johnny Lawrence, l’antagonista del primo film, in un brillante capovolgimento del punto di vista narrativo. Vediamo come sono andate le cose a Johnny dopo aver perso l’incontro nel primo film. Ripudiato dal maestro Reese per aver perso l’incontro, terminata la scuola ha perso popolarità e la sua vita è andata di male in peggio, ritrovandosi a 50 anni a fare lavori precari come manutentore e a vivere in un condominio assai modesto. Scopriamo che l’alto tenore di vita mostrato dal ragazzo in gioventù era dovuto al patrigno, un uomo ricco con cui in realtà non andava d’accordo e con cui ha tagliato i ponti, rinunciando alla stabilità economica, alla morte della madre. In contrapposizione vediamo anche come sono andate le cose a Daniel LaRusso, che da umili origini è diventato un imprenditore di successo grazie all’apertura di saloni automobilistici che portano il suo nome, e ha pure una bella moglie e due figli adolescenti. Assistiamo dunque a un’inversione di ruoli tra i due personaggi in cui Daniel, benché rimanga un personaggio positivo e moralmente corretto, assume quasi il ruolo di antagonista. Le cose nella vita di Johnny prenderanno un’inaspettata piega quando si ritroverà a fare da mentore a Miguel Diaz, un giovane di origine ecuadoriana preso di mira dai bulli. Johnny gli insegnerà il karate e a farsi rispettare, cosa che ripristinerà la sua autostima spingendolo a riaprire il dojo del Cobra Kai. Per le strane strade che prende la vita Johnny si ritroverà nel ruolo di Myagi e Miguel in quello di Daniel, con quest’ultimo, all’oscuro delle buone intenzioni di Johnny, a voler ostacolare la riapertura del Cobra Kai, convinto che possa tornare a essere quella “scuola per bulli” che era in passato. A complicare ulteriormente le cose, ci si mettono Samatha, la figlia maggiore di Daniel, che prende una cotta per Miguel, e Robby Keene, figlio di Johnny avuto da una relazione e abbandonato dal padre in tenera età. Per questo motivo il ragazzo ha preso una brutta strada, fatta di furti e imbrogli. A sorpresa Daniel lo prenderà sotto la sua ala, convinto che gli insegnamenti imparati da Myagi possano ricondurre il ragazzo sulla retta via, inconsapevole che si tratti del figlio del suo rivale. L’intricata rete di rapporti affettivi e di legami emotivi renderà la serie un successo. Particolarmente divertente è il gap generazionale tra il sensei Lawrence e Miguel, con il primo che cerca di insegnare al ragazzo come comportarsi da “vero uomo”, a rimorchiare le ragazze “come si faceva ai miei tempi”, ad ascoltare musica “cazzuta”, ma tutto ciò oggi viene ritenuto come “mascolinità tossica” rendendo l’ex “maschio alpha” del 1984 ridicolo agli occhi delle nuove generazioni. Cobra Kai è un prodotto pensato per la Generazione X cresciuta con il mito di Karate Kid e che oggi rivede quei personaggi sotto un’altra ottica. Un’iniziativa brillante tanto che la prima stagione si rivela un successo. La seconda stagione è in linea con la prima, con Daniel che apre il proprio dojo di Karate per insegnare i valori delle arti marziali, in contrapposizione al Cobra Kai, che vede tornare nel ruolo di insegnate anche il sensei Reese, il vero antagonista della serie. Anche Johnny, ora uomo più maturo, vede quanto erano sbagliati i metodi severi del suo vecchio maestro, mostrando come da ragazzo Johnny fosse succube di Reese. Questi sembra volersi ravvedere e chiede una seconda occasione, ma ben presto riprenderà con i vecchi metodi, rivelandosi una presenza negativa che spingerà Johnny a mettere da parte i vecchi rancori e ad allearsi con il suo vecchio rivale Daniel per sconfiggere il suo vecchio mentore. A rendere la serie ancora più intrigante sono le vicende sentimentali tra ragazzi, con l’introduzione nel cast di Tory Nichols, che darà via ad un complesso “quartetto amoroso” in cui lei, Miguel, Samatha, Robby daranno vita a equivoci sentimentali, gelosie e litigi. Ancora una volta la serie si rivela un successo, tanto da spingere Netflix ad acquistarne i diritti e a produrre le successive stagioni. L’INIZIO DEL DECLINO Ora, sebbene non si possa definire un fallimento una serie che ha avuto altre 4 stagioni e un rientro commerciale, dovuto anche al merchandising, Cobra Kai ha subito un certo calo di qualità. Il segreto del suo successo come detto era legato a un certo numero di affezionati nostalgici che volevano vedere l’evoluzione dei vecchi personaggi. Con il passaggio a Netflix questa cosa viene sempre meno, dando maggior risalto ai personaggi più giovani, con l’introduzione di volti nuovi e mettendo sempre più in secondo piano i protagonisti originali. Sebbene vengano introdotti personaggi provenienti dal franchising originale, in particolare Chozen (Yuji Okumoto) il rivale giapponese del secondo film, e soprattutto Terry Silver, il vero antagonista del terzo film, che qui assume un ruolo di villian quasi fumettistico. La serie perde anche quella sorta di realismo che aveva permeato le prime due stagioni; sebbene sin dal primo film ci sia questa assurda idea che si possa diventare un campione di arti marziali in poco tempo tramite un improbabile addestramento casareccio, questa trasformazione avveniva gradualmente e assistevamo ai progressi del protagonista, tanto da renderlo accettabile per quanto poco plausibile. Dalla terza stagione in poi qualunque personaggio, persino il più improbabile, impara a combattere solo frequentando un dojo, rendendo il tutto non solo poco credibile ma piuttosto ridicolo. Inoltre vengono introdotti personaggi poco approfonditi o caratterizzati in modo macchiettistico, risultando ridicoli. Dalla terza stagione in poi gli eventi assumono caratteristiche irrealistiche da film puro action, come l’evasione improbabile di John Reese o i combattimenti con le katane tra Terry Silver e Daniel, fuori luogo in un franchising come quello di Karate Kid. Johnny, il vero protagonista della serie, sui cui fallimenti e tentativi di riabilitarsi come uomo e come padre si erano concentrate le prime due stagioni, viene a poco a poco messo da parte diventando quasi un personaggio secondario, mentre sotto i riflettori ci finiscono Miguel e i personaggi più giovani, con il cambio di direzione che ha trasformato la nostalgica Cobra Kai in un teen drama a metà tra Dawson Creek e Power Rangers, perdendo tutto quel fascino (e anche il senso) di una serie nata per chi c’era, in quel 1984 a vedere Karate Kid. Navigazione articoli “UOVA FATALI”, JURASSIC PARK ALL’ITALIANA MARILYN MONROE E LE ALTRE PLAYMATE