Il 1983 è da considerarsi un anno buono per i fumetti “non popolari”, come del resto lo sarà quasi tutto il decennio.
È del 1980 la nascita di Totem, e del 1982 quella de L’Eternauta, riviste contenitore che si affiancano alle due testate della Rizzoli – Milano Libri: Linus e la sua compagna Alter Linus (da qualche anno rinominata AlterAlter), che si rivolgono a un pubblico più selezionato. Nelle edicole resiste ancora Eureka, testata storica rivale di Linus.

CORTO MALTESE, UNA RIVISTA SBAGLIATA
Il primo numero de L’Eternauta

 

Nel fumetto popolare di qualità, gode di buona salute Topolino, settimanale diretto da Gaudenzio Capelli, già braccio destro del mitico Mario Gentilini, ancora saldamente in mano alla Mondadori.
Per quanto riguarda le testate della Bonelli, nel 1982 prende vita Martin Mystère, primo di una serie di personaggi più attuali dopo gli inossidabili Tex e Zagor. Presto arriveranno anche Dylan Dog (1986), Nick Raider (1988) e infine Nathan Never (1991), che porteranno la casa editrice, con l’uscita di scena della Casa editrice Universo, a una presenza editoriale nel fumetto senza precedenti nel nostro paese.

Testate monotematiche a parte (Bonelli, Diabolik, Alan Ford, Topolino eccetera), nel 1983 quasi tutti i generi fumettistici sono coperti. La Rizzoli – Milano Libri pubblica le grandi strisce umoristiche americane e il fumetto satirico francese (Lauzier, Bretécher, Wolinski, Reiser), la Epc (editore de L’Eternauta) presenta il fumetto d’autore di lingua spagnola (Giménez, Segrelles, Zanotto, Solano Lopez), Totem si dedica ai fumetti “alternativi” di lingua francese (Bilal, Druillet) o italiana (Manara), mentre il fumetto “popolare” viene pubblicato sempre dalla Universo e dall’Eura nei settimanali Il Monello, Intrepido, Skorpio e Lanciostory. A questi si affianca il Giornalino, settimanale di ispirazione cattolica tuttora presente in edicola.

Cosa manca? Mancano innanzitutto i grandi fumetti avventurosi della scuola franco belga, un tempo monopolio del Corriere dei Piccoli/Corriere dei Ragazzi, forse ritenuti responsabili del suo crollo. Mentre in realtà i fumetti franco belgi non c’entrano niente con il fallimento del Corriere dei Ragazzi, dato che avviene diversi anni dopo che erano stati quasi tutti eliminati per lasciare posto a quelli italiani.

Nel 1983 dopo un lungo battage pubblicitario la Rizzoli – Milano Libri fa uscire Corto Maltese, una rivista che, in un certo senso, si pone come continuatrice ideale del periodo avventuroso del Corriere dei Piccoli/Corriere dei Ragazzi.
Diretta da Fulvia Serra (direttrice anche di Linus dopo l’uscita di scena di Oreste Del Buono), inizialmente la rivista Corto Maltese riesce, almeno in parte, a recuperare gli orfani del Corriere dei Ragazzi. I quali sono ormai adulti e ben disposti a tornare a leggere avventure ricche di contenuti più complessi.

CORTO MALTESE, UNA RIVISTA SBAGLIATA

Chi meglio di Hugo Pratt, il più grande autore italiano di fumetti avventurosi, avrebbe potuto fare da testimonial di questa rivista? Corto Maltese, come già a suo tempo la defunta rivista Sergente Kirk, prende il nome da un suo personaggio. Del famoso Corto Maltese, tra l’altro, la nuova rivista pubblica ogni opera, passata e presente, eccezionale o meno.

Corto Maltese si propone come “la” rivista di fumetti per eccellenza. Stampata su carta patinata, di formato decisamente grande, molte pagine a colori, storie di livello alto precedute da introduzioni/presentazioni di vari esperti, con molti articoli curati e riccamente illustrati. E con un prezzo di copertina conseguentemente alto. Sembra meritarsi un posto in libreria accanto alle opere di Poe, Melville, Stevenson, Conrad, London, piuttosto che accanto alle riviste “sorelle” che volano più basso… o no?

Corto Maltese, purtroppo, ha anche qualche problema. La direttrice Fulvia Serra sembra voler imporre una sorta di filosofia: la vita è un’avventura, un “viaggio” pieno di fascino, e a volte di pericoli. Un viaggio che può essere pienamente apprezzato solo affidandosi a un mezzo e una guida sicuri.

Ogni numero inizia con un editoriale in cui Fulvia Serra si raffigura come il “capitano” di una nave ammiraglia in viaggio verso luoghi esotici e lontani, in cui ai lettori, chiamati “compagni di viaggio”, vengono ogni volta proposte nuove mete ed escursioni.
In questi editoriali possiamo leggere frasi come “Corto Maltese non vi lascia mai a terra, vi intriga a salire a bordo, a viaggiare al nostro arcipelago tra suggestione e suggerimento” (numero 2), “blu è il cielo che il navigatore scruta nella notte per avere la direzione” (numero 29), “salite anche voi che increduli guardate dalla banchina” (numero 73), “la vostra Ammiraglia ha fatto il tutto esaurito in molti attracchi” (numero 74), e, quando la chiusura della rivista è ormai imminente, “non sappiamo se il cantiere in cui verrà accolta la nostra amata Ammiraglia, consentirà rimessaggi, revisioni, per poi ritornare a navigare” (numero 115).

La rivista vera e propria consiste in una serie di racconti e reportage di viaggio che descrivono usi e costumi di popoli esotici e spesso primitivi (o recensioni di libri sullo stesso argomento), che si alternano ai fumetti veri e propri, che a loro volta parlano quasi solamente di avventure in luoghi esotici e spesso primitivi.

I lettori, anzi, i compagni di viaggio, vengono a sapere ogni cosa degli albatros del parco australiano di Murramurrang (numero 27), di come la Bolivia sia il “paese dei paradossi” (numero 40) e di quanto sia movimentata Arambawe Street sull’isola di Lamu in Kenya (numero 51).
Quanto, di tutto ciò, interessi davvero i lettori, anzi i compagni di viaggio, non è dato sapere. Stranamente, Corto Maltese non ha la rubrica della posta.

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Uno dei tanti articoli a carattere turistico-esotico

 

Nell’epoca che precede Internet i lettori, anzi i compagni di viaggio, non hanno spazi su cui lamentarsi. Qualche critica appare sulle fanzine nelle, allora, poche librerie non ancora chiamate fumetterie.
Che la rivista con queste premesse nasca male ce lo confermano bilanci e dati di vendita (facilmente ricavabili dagli stessi bilanci), riportati in questo grafico.

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Dopo l’entusiasmo iniziale, che si traduce in un utile di 50 milioni di lire nel 1983 e in vendite superiori alle 40mila copie mensili, il calo è immediato e rapido. Tutti i bilanci successivi sono in passivo (che in più occasioni sfiora i 400 milioni) e con le vendite che calano sino ad arrivare, nel 1992, a poco più di 10mila copie mensili.
Come si è arrivati a questo punto?

I fumetti pubblicati dalla rivista sono essenzialmente di autori italiani e di genere avventuroso. Hugo Pratt, la cui specialità è sempre stata proprio questo tipo di avventure, fa la parte del leone inondando le pagine di Corto Maltese con la totalità della propria produzione, sia quella più recente sia quella dei bei tempi. Riproposta sin dal primo numero con la celebre “Il segreto di Tristan Bantam”, prima delle avventure corte del famoso marinaio dopo “Una ballata del mare salato”… la quale verrà a sua volta riproposta tra il 1985 e il 1986.

La rivista ristampa anche capolavori di Hugo Pratt pre-Corto come Wheeling (1986-1987), Anna nella jungla (1987), L’isola del Tesoro (1987-1988) e molto altro. Opere, per la verità, già ben note ai suoi lettori. Mentre le opere più recenti appaiono sempre meno inspirate, con disegni tirati via e sceneggiature poco comprensibili. La crisi creativa, particolarmente evidente proprio a causa delle ristampe delle vecchie opere, probabilmente è un’altra delle cause del crollo delle vendite.

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Hugo Pratt usa balloon sovradimensionati per riempire vignette altrimenti quasi vuote e dialoghi buoni solo a tirare per le lunghe una storia priva di idee (da “Mū”, una delle sue ultime opere)

 

Accanto alle opere di Hugo Pratt in ogni numero appare la produzione di autori importanti.
Milo Manara, con “Tutto ricominciò un’estate indiana” (Pratt contribuisce alla sceneggiatura), 1983-1985; “Sognare, forse”, un’avventura di Giuseppe Bergman, il suo personaggio avventuroso, 1986-1987; e “Viaggio a Tulum”, realizzata in collaborazione con Federico Fellini, 1989-1990.
Guido Crepax, con la saga di Valentina da “Nessuno”, 1985-1986, a “7° piano”, 1992-1993. E con lavori a sé stanti come “Dracula”, 1983-1984).
Sergio Toppi, con molti racconti brevi e qualche opera più impegnativa come “M’Felewzi”, 1985.
Attilio Micheluzzi, con “Bab-el-Mandeb”, 1986; “Siberia”, 1989-1990.
Dino Battaglia, con molti adattamenti di Poe e la memorabile “Gargantua e Pantagruel”, 1992-1993.
Vittorio Giardino, con “La porta d’Oriente”, 1985.
Andrea Pazienza, con diverse storie brevi e una lunga adatta allo spirito della rivista: “Piccola guida ragionata del West”, 1984.

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“Tutto ricominciò un’estate indiana” di Milo Manara
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“Conte Dracula” di Guido Crepax
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“La caduta della casa degli Usher” di Dino Battaglia

 

Se quasi tutti gli autori pubblicati eccellono nei disegni, ben pochi sono capaci di scrivere robuste sceneggiature: Corto Maltese ha ripreso dal Corriere dei Ragazzi quasi tutti i disegnatori migliori (gli stessi Pratt e Battaglia, e poi Manara, Toppi, Micheluzzi), ma ha stranamente dimenticato ottimi sceneggiatori come Milani, Castelli e Sclavi.

Quindi tutte le opere pubblicate sulla rivista si fanno notare per disegni splendidi e immaginifici, ma anche per testi di livello molto variabile, soprattutto quelli di Manara e Crepax, più famosi per le loro donne nude e sensuali che per la profondità delle loro storie. Crepax, oltretutto, inizia a risentire di una lunga malattia.

Non sono solo le sceneggiature carenti il problema delle storie pubblicate. Pratt e Crepax vengono proposti senza che le loro saghe siano adeguatamente riassunte o riprese nel modo giusto: la storia di Pratt che inaugura la rivista, “La casa dorata di Samarcanda”, che già di suo ha una trama complicata, viene ripresa a metà dopo anni dall’interruzione su Linus. Insomma, nell’unico caso in cui sarebbe stato davvero necessario ristampare qualcosa di già pubblicato, questo non avviene.
Quanti lettori avranno poi provato, leggendo “Nessuno” di Crepax, una qualche emozione nel momento in cui Philip ritrova dopo molti anni il suo superpotere, lo sguardo paralizzatore che aveva dato inizio all’intera saga di Valentina? Ben pochi, immaginiamo.

Accanto ai grandi nomi del fumetto avventuroso italiano vengono pubblicati, quasi in ogni numero, molti autori minori, con opere di livello appena sufficiente e che finiscono per creare un contrasto stridente con i capolavori degli autori maggiori.
Affiancare lavori qualitativamente così diversi tra loro finisce per irritare i lettori, che si sentono presi in giro. Quanti conoscono, oggi, Lucio Rosco, Marco Tomatis, Sesar e Nives Manara?

Forse anche per questo motivo vengono presto introdotti sulla rivista alcuni affermati autori stranieri.
François Bourgeon, con “Bosco d’Ebano” (conclusione di una saga i cui primi quattro capitoli rimangono ignoti ai lettori), 1984, e la saga di Malaterra, 1988-1990.
Moebius, con “I giardini di Edena”, 1988-1989; “La Dea”, 1990 (seconda e terza parte di una saga la cui prima parte rimarrà pure ignota ai lettori).
Enki Bilal, con la “La donna trappola”, seconda parte della “Trilogia Nikopol”, 1986. La prima possono ricordarla solo i reduci di Alter Linus, dove era stata pubblicata nel 1980.
E due coppie di autori argentini.
Carlos Sampayo e José Muñoz, con il loro personaggio simbolo, il detective Alack Sinner.
Jorge Zentner e Rubén Pellejero, con Dieter Lumpen, passabile copia di Corto Maltese.

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“Bosco d’ebano” di François Bourgeon

 

La grande svolta avviene nel 1988, quando ormai la “nave ammiraglia” naviga in cattive acque e vende meno di 20mila copie al mese: arrivano i supereroi!
Come e perché Fulvia Serra, o chi per lei, abbia voluto introdurli rimarrà per sempre oggetto di dibattiti. Certo, i supereroi appartengono in buona parte al fumetto d’avventura, e comunque vengono introdotti sulla rivista solo quelli disegnati in modo “strano”, Frank Miller e Bill Sienkiewicz soprattutto.
Quelli disegnati in modo più tradizionale vengono pubblicati in inserti con carta di bassa qualità, il Superman di John Byrne e persino Watchmen. O in allegati (“Batman year one”, “Killing Joke”), così che si capisca che in fondo sono dei “corpi estranei”, oppure semplicemente per rispetto del formato comic book, più piccolo di quello della rivista.

Tra il 1988 e il 1993 appaiono così, in rapida successione, un capolavoro dopo l’altro.
Il Cavaliere Oscuro e Ronin di Frank Miller. Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons. Elektra Assassin di Frank Miller e Bill Sienkiewicz. Black Orchid di Neil Gaiman e Dave McKean. V for Vendetta di Alan Moore e David Lloyd. Batman: Digital Justice di Pepe Moreno. Arkham Asylum di Grant Morrison e Dave McKean. Batman year two di Mike Barr e Alan Davis. Elektra vive di Frank Miller. Batman e Judge Dredd di Alan Grant e Simon Bisley. Batman vs Predator di Dave Gibbons e Andy Kubert. Killing Joke di Alan Moore e Brian Balland. Batman Year One di Frank Miller e David Mazzucchelli.

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“Il ritorno del Cavaliere Oscuro” di Frank Miller
Elektra Assassin di Frank Miller e Bill Sienkiewicz

 

Tali e tanti sono i capolavori pubblicati che nel 1989 (l’anno di Watchmen) le vendite risalgono sopra le 20mila copie mensili: saranno i supereroi a salvare la rivista? Purtroppo no. Le graphic novel vengono pubblicate come se fossero opere del tutto indipendenti dai loro contesti di appartenenza, con introduzioni fuorvianti e superficiali, in ordine spesso casuale, spezzate arbitrariamente in “puntate” che non hanno ragione di essere (Watchmen ne soffre particolarmente) e mutilate (ancora una volta Watchmen, privata delle parti solo scritte).

Editoriale del n. 73

Terminata Watchmen, opera di livello così alto da essere stata, con ogni probabilità, l’unica davvero apprezzata da tutti i lettori, le vendite tornano a calare. Chi leggeva prima la rivista non apprezza né Batman né Elektra, e chi apprezza questi personaggi legge altro, preferendo coerenza e narrazioni omogenee alla carta patinata e alle graphic novel fuori contesto.

Infine, come detto, anche la crisi che attanaglia Pratt (disastrosa la sua ultima opera, “Mū”) e Crepax, ormai privo di idee e la cui Valentina sta invecchiando male, manda a picco la “nave ammiraglia”.
Dopo continui aumenti di prezzo, che invece di colmare il passivo fanno calare ancora le vendite, e dopo aver generato perdite per 2 miliardi di lire, l’eutanasia, per altro contestata dal “capitano”, pone fine alle sofferenze di un battello ormai semiaffondato e abbandonato dai “compagni di viaggio”.

È il luglio del 1993, nessun nuovo rimessaggio, nessun cantiere rimetterà la nave in condizione di navigare.

 

Il primo numero di Corto Maltese in breve…

 

 

11 pensiero su “CORTO MALTESE, UNA RIVISTA SBAGLIATA”
  1. Io ho tutti i numeri di questa pubblicazione e ho odiato la Serra per come trattava quel materiale così prezioso. Era irritante quel distacco dai lettori che per godersi del BUON FUMETTO così bistrattato dovevano sorbirsi pagine e pagine di strapagate tiritere (dalle nostre tasche di appassionatii) su argomenti insulsi che non interessavano a nessuno. Era ora che qualcuno facesse una analisi informata di questo scempio.

  2. Un articolo lucido e, a suo modo, divertente,
    Mette a fuoco con molta schiettezza il conflittuale rapporto dei lettori con “Corto Maltese”.
    Mi ritrovo in tutto tranne che nella considerazione relativa agli autori “minori” che trovo piuttosto ingiusta.
    Marco Tomatis, per esempio, scrisse le bellissime storie di “Solange”, disegnate con raffinatezza da Cinzia Ghigliano, che ancora oggi mi capita di rileggerle con piacere.

  3. Marco Tomatis era un insegnante, poi diventato scrittore, poi diventato fumettista. Il fatto che la sua carriera di fumettista sia sostanzialmente iniziata e terminata con Solange la dice abbastanza lunga.
    Ciò detto, Solange non era così male – anche se mi piacerebbe tu facessi un confronto con un’opera come “Le Sang des cerises” di Bourgeon – ma penso sia giusto domandarsi come mai, dei tanti giovani che la rivista avrebbe potuto valorizzare, neanche uno ce l’abbia fatta. Come mai al Corriere dei Ragazzi abbiano lanciato Castelli, Sclavi, Silver, Micheluzzi, Alessandrini, Manara ed altri, e a Corto Maltese nessuno. Probabilmente Tomatis e gli altri autori che ho citato avrebbero avuto una carriera migliore se inizialmente avessero “volato basso”. Il guaio è che per la Serra o si “volava alto” o non si volava proprio.

  4. Caro Andrea Carta, avendo collaborato a “Corto Maltese” sia italiano che francese negli anni 1986-88, avrei i miei ricordi e le mie opinioni da dire, ma dovrei riempire parecchie pagine.
    Se la cosa ti interessa, sarebbe possibile avere un contatto diretto con te, per poter realizzare questa mia memoria ?
    Franco Ressa – Milano

  5. Ognuno ha il proprio parere e i propri gusti, e tutti vanno rispettati.Il tono di sufficienza e di acredine nella trattazione della rivista “Corto Maltese”, però, mi stupisce. In particolare, non capisco il sarcasmo verso Fulvia Serra. Anzitutto, cosa c’è di strano o di negativo nel proporre la metafora della navigazione per una rivista che faceva sbarcare il lettore in mete lontane e mondi di fantasia? Mi spiace leggere il commento secondo cui gli intellettuali rovinerebbero la bellezza vera delle opere. Chi si dovrebbe occupare di proporle al pubblico? Un analfabeta? Un elettricista? Un commerciante di scarpe? Non so, sento puzza di misoginia. Mi sembra, poi, molto normale che un direttore di rivista o di giornale tracci e indichi lo spirito della pubblicazione, e non capisco perché il fatto che il direttore di “Corto Maltese” si definisse scherzosamente “comandante” (non “capitano”) di una nave possa essere preso come una forma di dittatoriale imposizione! Mi sembra di intendere che “il fumetto è maschio”; quanto ai sedicenti veri intenditori, dico. Stimo molto Fulvia Serra, intellettuale e art director capace e sensibile. Sapevate che, quando era vicedirettrice di Linus, fece sospendere la stampa di un numero della rivista, per inserirvi la storia di uno sconosciuto ragazzo, tale Andrea Pazienza, che era andato in redazione e si era tolto dalla tasca dei jeans dei fogli disegnati e spiegazzati?
    Io ho amato moltissimo “Corto Maltese”, che mi ha regalato piacere degli occhi e della mente, mi ha fatto scoprire nuovi autori, e stimolato tante curiosità. Sono stata complice con amici e amiche nell’amore per la rivista e nella corsa a comprarla, e ancora conservo quell’amore.
    Nonostante le diverse nostre opinioni, vi sono grata per il faticoso lavoro di archivio e antologizzazione che avete compiuto, e che ripropone “dal vivo” struttura e spirito della pubblicazione.
    Saluti,
    Alessandra Berardi Arrigoni

    1. Che dire? Di fronte a “Non so, sento puzza di misoginia” e “Mi sembra di intendere che ‘il fumetto è maschio'”, frasi che dimostrano che nulla è stato capito del mio articolo, rispondere non è possibile: ogni risposta farebbe la stessa fine dell’articolo trasformandosi in un enorme spreco di tempo e in un inutile logorio della tastiera. Di fronte a queste frasi posso solo augurare alla signora Berardi Arrigoni ogni bene possibile e una vita felice e piena di commenti come i suoi.

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