Un bel po’ di anni fa decisi di smettere di faticare scrivendo a mano i testi dentro i balloon. C’erano molti font digitali disponibili, e pensai che fosse ora di modernizzarsi un po’. La spinta definitiva me la dette un amico collega: “Ma davvero ti scrivi ancora il lettering a mano!?”. Cercai fra i caratteri etichettati “free” su uno dei siti di font per Macintosh; quello che mi piacque di più aveva lo strano nome di MAAP Cat Claw. E quello ho usato per anni. Finché, iniziata la collaborazione con la Shockdom, si presentò un problema. I primi volumi me li ero curati da solo: avevo rifumettato le strisce col font digitale, le avevo impaginate, curato la grafica, i redazionali e quant’altro. Ai colori aveva provveduto mio figlio Jacopo, fresco di un corso di colorazione al computer alla Scuola Internazionale del Fumetto di Firenze. Abbiamo fatto così per “Dante” e per “Renzo & Lucia”. Arrivato a “Omero”, l’editore mi affiancò due collaboratori della casa editrice, il grafico-impaginatore (nonché autore di libri suoi) Stefano Antonucci e il supervisore editoriale Chiara Zulian. Fu lei a sollevare il problema. Era successo che uno dei disegnatori della Shockdom aveva usato per un titolo di copertina del suo volume un font che non era esattamente “libero”, e questo era costato all’editore una “multa”, così la regola divenne quella di usare solo caratteri “sicuri”. Dissi a Chiara dove avevo trovato il MAAP Cat Claw e lei mi spiegò che a volte alcuni font, anche se erano offerti con assoluta libertà di utilizzo a scopi commerciali, erano in realtà “copie” di altri invece protetti. Per curiosità andai a ricercarlo sui vari siti a cui attingevo abitualmente tipo 1001 Fonts e Dafont. Non era più da nessuna parte. Probabilmente, mi disse ancora la Zulian, i titolari del font originale avevano sgamato l’autore costringendolo a togliere il carattere dal sito. Chiara mi dette il link della Squirrel, dicendomi che lì potevo trovarne un buon numero. Dovevo solo stare attento che avessero la licenza SIL OPEN, che metteva al riparo da qualsiasi contestazione. Così, per alcuni volumi successivi ho usato un carattere “fumettoso” preso su quel sito, ma non mi piaceva del tutto. Per altri lavori “minori” ho continuato caparbiamente a usare il font ormai “fantasma”. Finché non mi hanno fatto sparire il computer. Tra le poche cose andate perdute in quell’occasione, c’era proprio il carattere che mi piaceva. Nel post su linkato chiedevo perciò ai lettori se qualcuno poteva darmi una mano a rintracciarlo. L’aiuto mi è venuto dall’amico contatto facebookiano Claudio Piccinini che, esperto dell’argomento, mi chiese di vedere un campione del font. Dopo averlo visto individuò immediatamente la fonte originale: era “il Wild Words, uno dei primi, e più popolari lettering font della Comicraft, disegnato inizialmente su commissione per la serie WILDC.A.T.S. ADVENTURES di Jim Lee“. A quel punto ho deciso di acquistare la licenza del carattere per poter continuare a usarlo serenamente, e l’ho fatto, soddisfatto di me stesso per aver avuto l’occhio di scegliere a suo tempo, nella mia assoluta ignoranza, un font “professionale”. Il primo lavoro che ho realizzato con il carattere finalmente legalizzato è stato, nelle settimane scorse, il mio contributo al quarto volume (a più mani, come i precedenti) della collana di Guida Editori “Nuvole in città” dedicato, dopo Napoli, Milano e Torino, a Bologna. Avete visto più sopra qualche striscia con Asinelli e Garisenda, le due torri cittadine antropomorfizzate (cliccate sulle immagini, per ingrandirle). D’ora in avanti, per il lettering, posso dormire sonni tranquilli. Navigazione articoli MATITE BLU 395 LA SATIRA E IL FUMETTO CUBANO IN ESILIO
Ecco un tool online utile per riconoscere al volo i font in foto e pagine web: https://www.myfonts.com/pages/whatthefont Buon divertimento 😉 Rispondi