Il 27 dicembre del 1831 la “HMS Beagle” salpò dalle coste inglesi per effettuare un viaggio di ricerca attorno al globo terraqueo, agli ordini del capitano FitzRoy. Su quella stessa nave era imbarcato un naturalista di soli 22 anni, che però aveva già dato prova di saper raccogliere, osservare e catalogare una gran quantità di reperti quali fossili, insetti, erbe e minerali vari, e in più era un “gentleman” per lignaggio familiare e cultura. Si chiamava Charles Darwin, figlio di un medico che aveva cercato invano di farne un chirurgo, dovendo però arrendersi davanti alla sua incapacità di reggere alla vista delle dissezioni cadaveriche. Anche il tentativo di avviarlo alla carriera ecclesiastica non era andato a buon fine, scontrandosi con l’agnosticismo del figlio al quale interessavano soltanto le osservazioni naturali e le gite in località impervie, per raccogliervi i reperti più disparati. La laurea in teologia, conseguita a stento, gli permise però di farsi conoscere in ambito accademico, così pubblicizzando le proprie scoperte fino a entrare nel “giro giusto”. Ecco allora che al giovane Charles si presentò l’occasione della vita con l’invito a partecipare a quella missione scientifica che gli avrebbe consentito di effettuare con tutta calma le sue ricerche in luoghi altrimenti irraggiungibili. In un viaggio destinato a durare quasi cinque anni, due terzi dei quali trascorsi a terra nei quattro angoli del globo, Darwin registrò le sue osservazioni in un diario di 800 pagine, descrivendo fra l’altro le creature degli oceani, le foreste amazzoniche, le sconfinate distese della pampa argentina, i paesaggi incontaminati della Terra del Fuoco, la scalata delle cime andine e via discorrendo. Il tutto fu arricchito dalla raccolta di circa 5.500 reperti quali fossili, minerali, rettili, insetti, pesci, fiori ed erbe. Il luogo che lo colpì maggiormente furono le Isole Galapagos, perché vi osservò come le creature ivi presenti, tartarughe giganti ed uccelli marini in particolare, pur simili fra loro, avessero sviluppato caratteristiche diverse a seconda dell’isola su cui vivevano, differenziandosi così via via dai “cugini” delle isole limitrofe, non abbastanza vicine però per permettere incroci genetici. Una volta rientrato in patria, Darwin avrebbe riordinato i suoi studi nella rivoluzionaria “Teoria dell’evoluzione delle specie”, a sua volta inserita nel saggio “Sull’origine delle specie per selezione naturale” pubblicato per la prima volta nel 1859 con un effetto dirompente sulla bigotta Inghilterra d’epoca vittoriana, ancora saldamente aggrappata ai principi del creazionismo puro e semplice. Per Darwin, in un mondo sovrappopolato la selezione naturale avrebbe favorito le specie che avessero saputo sviluppare caratteristiche atte a favorirne l’adattamento e la riproduzione in determinati ambienti. Conclusione logica, sebbene sottaciuta dall’autore, era che l’uomo fosse imparentato con le scimmie, il che a quei tempi rappresentava una sorta d’eresia. (Testo di Anselmo Pagani. Riproduzione solo se indicante il nome dell’autore). Navigazione articoli L’ARRIVO DELLA TERRIBILE CIMICE CINESE