Probabilmente la migliore lettura dell’opera di John Carpenter l’ha elaborata Renato Venturelli, che nel 1980 scrisse: “Ama il cinema classico, ma non i giochi di specchi, non i rimpiattini dell’impotenza e della nostalgia”. Forse per questo nel nuovo millennio un regista come lui trova poco spazio. Nato il 16 gennaio del 1948 a Carthage (New York), nel 1968 si trasferisce in California e si iscrive al dipartimento cinema dell’USC (University of South California). Qui realizza i primi corti, tra cui Dark Star, con cui si diploma e che nel 1974 diventerà il lungometraggio d’esordio. Vogliamo raccontare il mondo cinematografico di Carpenter attraverso otto sequenze tratte da alcuni dei suoi film più rappresentativi. Il primo lavoro ufficiale di John Carpenter non è un horror ma un western moderno. La resurrezione di Bronco Billy è un cortometraggio che il regista realizzò durante il corso di cinema. Il western è, d’altra parte, uno dei suoi generi preferiti, Hawks il suo maestro, e la struttura tipica del racconto della frontiera accompagnerà Carpenter per l’intera carriera dietro la macchina da presa. Nel 1976 realizza un piccolo film indipendente, Distretto 13 – Le brigate della morte (Assault on Precinct 13), che è a tutt’oggi uno dei migliori. La storia è desunta da un fatto di cronaca, con i buoni asserragliati in una stazione di polizia e i cattivi fuori. Due i prototipi: i capolavori di Hawks, appunto, e La notte dei morti viventi di Romero, che lo stesso Carpenter indica come uno dei film che lo hanno maggiormente influenzato, più di Psycho. Il primo, grande successo di Carpenter è del 1978 ed entra direttamente nella leggenda. Halloween – La notte delle streghe (Halloween) è uno dei prototipi dello slasher-movie: reinventa la figura dell’assassino di baby-sitter, folle sì (da bambino lo vediamo accoltellare a morte la sorella), ma capace di muoversi nella notte e di sopravvivere alle pallottole come un essere sovrannaturale. Mascherato, gigantesco, silenzioso, Michael Myers è indubbiamente una delle grandi figure del cinema dell’orrore, tanto da diventare protagonista di una saga e da ispirare tutta una serie di epigoni. Halloween ha molte altre frecce al suo arco, tra esse l’ambientazione nel quartiere residenziale, con la cinepresa che inquadra i personaggi mentre si muovono in mezzo a vialetti e grandi prati e case tutte uguali e buona borghesia (perfettamente rappresentata dalla studentessa Jamie Lee Curtis), ma anche l’indimenticabile colonna sonora elettronica, opera dello stesso Carpenter. Nel 1982 Carpenter gira un altro film destinato a entrare nella storia del cinema del terrore: La cosa (The Thing). Un gruppo di ricercatori scopre un’astronave tra i ghiacci dell’Antartide e al suo interno un alieno ibernato. Scrisse Danilo Arona nel suo breve saggio intitolato “John Carpenter: la forma della cosa” (pubblicato su un numero monografico della rivista Cinema&Cinema dedicato al new-horror americano): “Tutti i mostri – umani o meta-umani – del cinema di Carpenter sono Cose. Anzi, sono Shapes of Things”. È certamente così, ma è giusto rimarcare l’ambiguità dei mostri carpenteriani, di cui la Cosa rappresenta il simbolo più eclatante e compiuto. Si tratta di un alieno, concreto e senza forma, tanto che può assumere qualsiasi sembianza (apparenza), umana o animale che sia. Ma è anche sovrannaturale, pur nella sua organicità, è tutto (tutti) e niente. Tripudio di effetti speciali di artistica plasticità, realizzati da Rob Bottin. https://www.youtube.com/watch?v=sxm9emYrOS4 Decisamente movimentato è Grosso guaio a Chinatown (Big Trouble in Little China), una delle poche grandi produzioni dirette da Carpenter che, almeno in Europa, ottiene un buon successo di pubblico e di critica. La miscela di sovrannaturale e arti marziali, eroismo e ironia (con Kurt Russell che sembra fare il verso al duro Jena Plissken protagonista di 1997: fuga da New York) e una sovrabbondanza visiva e volutamente puerile, guardano al cinema orientale e anticipano molti film futuri. Quel magico equilibrio tra inconoscibile e quotidiano, quella sorta di terra di nessuno espressiva, dove il rapporto tra ciò che è organico (o umano) e ciò che non lo è viene (non) risolto con lucida ambiguità (come nel caso di Michael Myers), qui è soltanto accennato. https://www.youtube.com/watch?v=eEjvq0e8dyk Nel 1987 Carpenter, con Il signore del male (Prince of Darkness), ripropone un horror indipendente, duro e sanguinoso e ritrova molti dei suoi temi e dei suoi attori preferiti (come Donald Pleasence), il luogo chiuso, l’assedio, il bene e il male, e l’insondabile. C’è di mezzo il Diavolo, probabilmente, ma Carpenter, da spirito laico, cerca di conferire al film un tono quasi scientifico, razionale, proprio come usava negli anni Settanta. Dopo un altro lungo silenzio, il 1992 segna il ritorno di Carpenter a una grossa produzione. Le avventure di un uomo invisibile (Memoirs of an Invisible Man) può contare su due star come Chevy Chase e Daryl Hannah, e su una sceneggiatura ben strutturata. La regia è all’altezza, il film ha un buon ritmo e gli effetti sono notevoli. Eppure si risolve in un altro insuccesso, forse perché Carpenter sente troppo il personaggio, lo rende quasi un suo alter-ego, un uomo di successo che diventa invisibile, e non riesce a dare la vivacità necessaria a quella che doveva essere un’avventura sfrenata. Troppo psicologico, troppo interiorizzato, poco rassicurante, nonostante il lieto fine, per piacere a tutti. Del 1994 è lo splendido Il seme della follia (In the Mouth of Madness), in assoluto uno dei migliori lavori carpenteriani. Il più visionario, solipsista e tenebroso. Ispirato alle atmosfere di Lovecraft, ma con uno dei personaggi, il misterioso scrittore di best-seller, che ha anche qualcosa di Stephen King. Non assomiglia a nessun altro film di Carpenter e, di sicuro, a nessun altro film dell’orrore degli anni novanta. Nulla è come appare, l’esistenza è come le fauci della follia, credi di poter cambiare, di poter ricominciare da capo, e invece ti ritrovi sempre allo stesso punto. Anche in questo caso sembra esserci qualcosa di autobiografico; o almeno questa è la sensazione, tenendo conto che la vicenda ruota intorno a un maestro dell’horror sparito nel nulla. Come sempre quando è particolarmente ispirato, Carpenter azzecca tutto: dalla scelta degli attori (notevole la performance del protagonista Sam Neill) all’uso della musica, dall’atmosfera al dosaggio degli effetti speciali. Nel 2005 e 2006 Carpenter dirige due riusciti episodi della serie tv “Masters of Horror”, Cigarette Burns – Incubo mortale (Cigarette Burns) e Il seme del male (Pro-Life). Nel 2010, dopo ben nove anni dal lungometraggio precedente, gira un film destinato alle sale cinematografiche. Ambientato nel 1966, The Ward – Il reparto (The Ward), ha come protagonista una ragazza, Kristen, ricercata dalla polizia. Arrestata per aver appiccato il fuoco a una fattoria, viene ricoverata nella clinica psichiatrica del dottor Stringer, nella quale si aggira un misterioso assassino. Temi e situazioni tipiche (il luogo chiuso, le malattie mentali, il passato che ritorna, il sottile confine tra reale e soprannaturale), in un ottimo e poco capito thriller psicologico, come lo definì lo stesso regista. Poche scene sanguinose ma grande senso della tensione. Come disse il produttore Peter Block: “Penso che oggi le persone desiderino sapere se c’è un film che fa davvero paura, con il sangue siamo andati davvero oltre il limite, in termini di tortura e di quanto si riesca a essere disgustosi”. Filmografia completa di John Carpenter (Lungometraggi) Dark Star (1974) Distretto 13 – Le brigate della morte (Assault on Precinct 13) (1976) Halloween – La notte delle streghe (Halloween) (1978) Elvis, il re del rock (Elvis) (Film per la tv, 1978) Pericolo in agguato (Someone is Watching Me) (Film per la tv, 1978) Fog (1980) 1997: Fuga da New York (Escape from New York) (1981) La cosa (The Thing) (1982) Christine – La macchina infernale (Christine) (1983) Starman (1984) Grosso guaio a Chinatown (Big Trouble in Little China) (1986) Il signore del male (Prince of Darkness) (1987) Essi vivono (They Live) (1988) Avventure di un uomo invisibile (Memoirs of an Invisible Man) (1992) Il seme della follia (In the Mouth of Madness) (1994) Villaggio dei dannati (Village of the Damned) (1995) Fuga da Los Angeles (Escape from L.A.) (1996) Vampires (1998) Fantasmi da Marte (Ghosts of Mars) (2001) The Ward – Il reparto (The Ward) (2010) Navigazione articoli SABINA CIUFFINI DA RISCHIATUTTO AL CINEMA SEXY ANTINISKA NEMOUR, TELEFONISTA EROTICA DI PORTOBELLO
[…] John Carpenter nel 1995 ha realizzato Il villaggio dei dannati, (John Carpenter’s Village of the Damned), giudicato ingiustamente uno dei suoi titoli minori. Forse perché è stato messo a confronto con lo splendido e omonimo film inglese diretto da Wolf Rilla nel 1960. Trasposizione cinematografica del romanzo di fantascienza “I figli dell’invasione”, di John Wyndham, del 1957. […] Rispondi
[…] anni (dal 1978 al 1982) vengono realizzati e/o distribuiti, Halloween – La notte delle streghe di John Carpenter e Zombi di George A. Romero, Poltergeist – Demoniache presenze di Tobe Hooper e Videodrome di […] Rispondi
[…] (Eraserhead – La mente che cancella), Brian De Palma (Carrie – Lo sguardo di Satana) e John Carpenter (Distretto 13 – Le brigate della morte), uno degli alfieri impegnati a rinnovare temi e atmosfere […] Rispondi