A Hong Kong, il 20 luglio 1973, Bruce Lee si trova in casa di Betty Ting Pei, attrice con la quale deve girare il suo prossimo film. Da un paio di anni, Betty è anche amante del famoso protagonista dei film di kung fu. Nel pomeriggio, Bruce avverte un forte mal di testa. L’amica gli dà una pastiglia di Equagesic, un potente analgesico da prendere solo su prescrizione medica: contiene il principio attivo dell’aspirina e il rilassante muscolare meprobamato. Sentendosi sempre più stanco, l’attore si stende sul letto per riposare. Quando scende la sera, Betty cerca inutilmente di svegliarlo. All’ospedale arriverà privo di vita. Muore così, a soli 32 anni, l’uomo che con i suoi film ha reso orgogliosi i cinesi di tutto il mondo. I medici dichiarano che la causa della morte è una reazione allergica a uno o entrambi i componenti dell’Equagesic. Ma come accade per tutti i miti, subito iniziano a girare le voci che l’attore campione del kung fu, in realtà, sia stato ucciso dalla mafia cinese. Betty Ting Pei Bruce Lee nasce nel 1940, l’anno del drago secondo il calendario cinese, da una coppia di cinesi trasferitisi temporaneamente a San Francisco. Il padre, Lee Hoi-chuen, è un cantante e un attore molto noto in Cina. La madre, Grace Ho, per metà cinese e per metà tedesca, è stata adottata da piccola da una ricchissima famiglia. Bruce ha solo tre mesi, quando torna con i genitori a Hong Kong. Grazie al padre ottiene subito una particina in un film, naturalmente nel ruolo di neonato in fasce. Crescendo, Bruce deve vedersela con i bulli del quartiere, per lo più figli degli sfollati affluiti dal resto della Cina dopo la rivoluzione maoista del 1949. Per affrontarli, il ragazzo si iscrive alla scuola di kung fu del maestro Yip Man. Per tutta la vita, Bruce non smetterà più di allenarsi. Impara anche la boxe occidentale, vincendo un titolo studentesco. Il padre non approva che Bruce faccia a botte con i prepotenti della triade, un’organizzazione mafiosa che ha messo radici a Hong Kong, e che dedichi la maggior parte del tempo allo sport. Trova anche dispersivo che dall’età di 16 anni lavori regolarmente nel cinema come comparsa, mentre dovrebbe frequentare di più la scuola, dove è indietro con gli studi. Così, a 19 anni, lo rispedisce a San Francisco, affinché studi in una scuola privata sotto l’occhio vigile di un vecchio amico. Spinto dal suo carattere indipendente, Bruce si trasferisce più a nord, a Seattle, dove trova lavoro come cameriere e allo stesso tempo studia, diplomandosi finalmente a 20 anni. Poi si iscrive alla facoltà di filosofia dell’università di Washington, dove incontra Linda Emery, una ragazza americana che sposa nel 1964. La coppia avrà un bambino, Brandon, nel 1965, e una bambina, Shannon, quattro anni dopo. Bruce Lee nei panni di Kato, nella serie “Calabrone Verde” Mentre gli altri atleti delle arti marziali hanno un fisico ordinario, Bruce Lee, influenzato dai lottatori americani, scolpisce il proprio corpo con il culturismo. Inoltre, nella lotta, punta sui salti acrobatici, piuttosto che sui colpi. Grazie al suo fisico scattante, atletico, ma anche aggraziato, viene scelto da un produttore televisivo per interpretare Kato, il compagno del supereroe Calabrone Verde. La serie non ha un particolare successo e finisce già nella prima stagione, trasmessa dalla fine del 1966 all’inizio del 1967. Per il resto degli anni sessanta la carriera di Bruce è piuttosto discontinua, anche perché, all’epoca, la presenza di un attore cinese (o di qualsiasi altra origine non europea) è piuttosto rara in televisione. Ogni tanto viene chiamato a partecipare a qualche telefilm, come Ironside. Nel 1970, Bruce Lee approfitta di un periodo di convalescenza, causato dallo stiramento di un nervo, per scrivere un trattato sullo stile di combattimento elaborato da lui stesso. Una disciplina che fonde la tradizione cinese con quella occidentale chiamata Jeet Kune Do (“la via che intercetta il pugno”). Come attore, il successo lo raggiunge l’anno dopo interpretando alcuni film incentrati sulle arti marziali, che gira a Hong Kong, il più noto dei quali è Dalla Cina con furore. Pellicole che non sbancano solo i botteghini del mercato asiatico, per i quali erano state pensate in origine, ma anche quelli americani ed europei. Nell’immaginario occidentale, gli spettacolari combattimenti di Bruce Lee cancellano di colpo la figura del cinesino servile mostrata fino a quel momento dai film di Hollywood. In tutto il mondo si apriranno palestre di karate e judo a seguito dell’influenza di questi film, anche se Bruce Lee pratica una forma acrobatica e spettacolare di kung fu. Il 10 maggio 1973, negli studi di Hong Kong dove sta doppiando il suo ultimo film (I tre dell’Operazione Drago), l’attore viene colto da un improvviso attacco di vomito, seguito da febbre alta e convulsioni. In ospedale gli riscontrano un edema cerebrale (un accumulo di sangue nel cervello), che i medici riescono a far riassorbire con un’iniezione di mannitolo. Poco più di due mesi dopo, Bruce Lee muore in casa dell’attrice Betty Ting Pei. Nei primi giorni le ragioni del decesso risultano oscure, poi vengono ufficialmente spiegate dai medici dell’ospedale che hanno eseguito l’autopsia, come un nuovo edema cerebrale provocato dalla reazione allergica a qualche componente del farmaco datogli dall’amica. Secondo il medico personale di Bruce Lee, Don Langford, invece, l’attore non soffriva di alcuna allergia e l’edema non può essere stato provocato nemmeno da un colpo perché da diverse settimane l’attore non combatteva. Qualcuno comincia a sospettare che, in realtà, Bruce Lee sia stato ucciso. Secondo alcuni i colpevoli sarebbero i membri dalla triade, la potentissima organizzazione criminale che controlla i traffici illegali di Hong Kong, dalla prostituzione alla droga. E che ha le mani in pasta anche nelle produzioni cinematografiche. Bruce Lee era ai ferri corti con la triade sin dalla gioventù e, soprattutto, negli ultimi anni aveva rifiutato di pagare le tangenti per girare i suoi film. Un comportamento che nessuna organizzazione mafiosa accetta senza reagire. Anche Brandon Lee, il figlio di Bruce, sarà destinato a morire giovane nel momento di maggior successo. «Si tratta dell’unico cinese con i capelli biondi», scherzava Bruce parlando del primogenito Brandon, che aveva ereditato i caratteri nordeuropei dalla madre Linda. Sin da quando ha quattro anni, il padre inizia a insegnargli i segreti delle arti marziali. «Dall’infanzia fino all’adolescenza ho sempre trovato qualcuno che voleva suonarmele», dice Brandon ormai adulto, «per poi vantarsi di aver pestato il figlio di Bruce Lee». Quando inizia anche lui la carriera di attore, recita in alcune particine a Hollywood con il nome di Brandon Graham, il cognome della madre, perché non vuole giovarsi della pubblicità che gli deriverebbe dal cognome paterno. Nei primi anni novanta gli offrono un sacco di soldi per interpretare il padre in un film sulla sua vita, ma lui rifiuta sdegnato. Eliza Hutton, una segretaria di produzione, intuisce le doti recitative del giovane. Quando diventa la sua fidanzata, lo convince a riprendere il nome del padre perché, data la differente personalità, nessuno potrà confonderlo con lui. Malgrado non abbia ancora recitato in film importanti, una rivista femminile nomina Brandon “il giovane attore più sexy dell’anno”. Nel 1993, a 28 anni, gira Il Corvo, destinato a diventare un film cult. Durante le riprese pare che eviti per un pelo di toccare alcuni cavi dell’alta tensione scoperti, di essere investito da un’auto che si schianta sul set e di essere coinvolto in una sparatoria che avviene nei pressi. Il 31 marzo, il personaggio impersonato da Brandon dovrebbe venire ucciso da un colpo della pistola .44 Magnum impugnata dall’attore Michael Massee. Un tipo di scena girata migliaia di volte negli studios con pistole caricate a salve. Stavolta è stata usata una pistola con proiettili veri. Ferito gravemente, Brandon muore in ospedale nel giro di dodici ore. Le eredi di Brandon (madre, sorella e fidanzata) bloccano le indagini accettando un risarcimento milionario dalla produzione. La decisione suscita l’irritazione degli investigatori, che volevano far incriminare alcune persone per omicidio colposo. (Cliccando su QUI potrai leggere gli altri gialli hollywoodiani raccontati da Giornale POP). 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