“Battuta di caccia” (titolo originale: Partie de chasse) è un fumetto scritto da Pierre Christin e disegnato da Enki Bilal, pubblicato nel 1983.
La storia si svolge negli anni ottanta e racconta di una misteriosa battuta di caccia in Polonia che vede impegnati alcuni membri dell’élite del Partito comunista sovietico. Battuta
di caccia non è solo una critica del comunismo, ma un’opera sulla fine delle grandi illusioni ideologiche, sulla responsabilità individuale che ci accompagna attraverso tutta la vita e sugli inganni della gioventù che ci impone una serie di promesse che non saranno mantenute.

 

L’utopia socialista

L’utopia socialista è stata una delle grandi promesse del Novecento: un progetto di trasformazione radicale della società, basato sull’uguaglianza, la giustizia sociale e l’emancipazione collettiva. Nella sua realizzazione concreta, nei paesi del blocco sovietico, questa visione ha spesso assunto i tratti dell’autoritarismo, della burocrazia e della repressione.

Christin e Bilal raccontano il crepuscolo di questo mondo, la fine di un sogno trasformatosi in un incubo. Il fallimento dell’utopia socialista non come errore ideologico ma come tradimento umano, come una serie di fallimenti individuali che in nome del bene collettivo hanno costruito un sistema chiuso, oppressivo e privo di dignità individuale.


La narrazione ellittica di Christin

Per raccontare questa storia Christin adotta una narrazione ellittica e frammentata, che alterna passato e presente, affidando a una memoria ancora vivida e implacabile il compito di confrontare un luminoso passato con un buio presente.

I ricordi del personaggio principale, Vasili Čevčenko, si rincorrono in una lunga sequenza di flashback, evocati dal paesaggio, dai volti degli altri personaggi, dalle dinamiche della caccia. Egli vive interamente nel passato perché il presente per lui non ha più senso.
Lo storytelling è intimista e cupo, scandito da ricordi, rimorsi e silenzi. L’intero fumetto è costruito come un puzzle dove ogni pezzo contribuisce a un’amara riflessione
sulla memoria individuale e collettiva e sulla implacabile influenza degli errori del passato sul presente.

 

Il disegno martoriato di Bilal

Enki Bilal, con il suo tratto inconfondibile, interpreta da suo pari l’atmosfera profondamente decadente che avvolge l’intero racconto. I volti dei personaggi deformati e scolpiti da intrecci di linee sono simili a maschere di cera, rugosi e decrepiti, martoriati dal tempo e dal senso di colpa, ci raccontano che la vitalità del sogno comunista è svanita da tempo.

I paesaggi invernali, gli interni austeri, i treni grigi evocano un mondo in disfacimento. I colori cupi e freddi trasmettono la sensazione di un’epoca senza speranza. La neve biancastra che tutto avvolge evoca un inverno dei sentimenti. L’uso della china e del pastello contribuisce a creare un senso di durezza e malinconia, il lettore “sente” il fallimento dell’utopia prima ancora di comprenderlo intellettualmente.

 

Un racconto corale

Battuta di caccia non è la storia di un solo protagonista, ma una sinfonia amara sulla fine di un’epoca. L’opera si sviluppa come una sorta di tragedia corale in cui ogni personaggio rappresenta un frammento della storia sovietica e dell’utopia socialista in disfacimento.

La coralità, in quest’opera, non è solo narrativa, è una scelta etica e politica, che rifiuta di guardare alla storia da un unico punto di vista per abbracciare la complessità  e l’ ambiguità morale di un’intera epoca.
In Battuta
di caccia, la coralità non conduce a una sintesi, né a una redenzione. Al contrario, costruisce una tragedia senza eroi, in cui ciascun personaggio è al tempo stesso vittima e carnefice.


I personaggi

I personaggi di Battuta di caccia non sono semplici comparse in una narrazione politica, ma simboli viventi di un’epoca, di una disillusione storica, di un’umanità costretta a specchiarsi nel proprio in fallimento. Sono tutti, senza eccezione, degli sconfitti. Non nel senso del fallimento individuale, ma in quello più profondo e tragico del fallimento generazionale.

Vasili Aleksandrovič Čevčenko rappresenta la coscienza storica del comunismo sovietico: sa tutto, ha visto tutto, non crede più a nulla, ma conserva una sorta di dignità amara. Gli invitati alla caccia sono la nomenklatura decadente, una galleria di generali, burocrati e diplomatici, ognuno rincorre i propri guai, ognuno con il suo viaggio, ognuno diverso e ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi.

 

La circolarità

Battuta di caccia presenta una struttura narrativa circolare, che è fondamentale per comprenderne il senso profondo. Si tratta di una costruzione simbolica, visiva e tematica, che rafforza i messaggi centrali dell’opera: l’impossibilità di trovare un via di fuga in un sistema che ormai pensa solo a perpetuare se stesso.

Il fumetto si apre con Čevčenko immobile, seduto nello scompartimento del treno, mentre osserva e riflette in silenzio. Intorno a lui si muove un mondo che parla, complotta, racconta, di cui lui rimane muto testimone. L’opera si chiude nello stesso luogo, ripetendo quasi esattamente l’inquadratura iniziale, solo che Čevčenko, schiacciato dal peso dei ricordi, delle scelte sbagliate fatte in nome di un ideale, si è sparato.

 

I discorsi e i silenzi

Battuta di caccia è un’opera fortemente dialogica, dove la parola domina, ma allo stesso tempo è nei silenzi che si concentrano i momenti più intensi, drammatici e rivelatori. Battuta di caccia è apparentemente un’opera verbalmente densa. I personaggi parlano molto: si raccontano, si provocano, si difendono, si accusano. Eppure, sono i silenzi a contenere le verità più profonde del racconto.

Non a caso Vasili Čevčenko, il protagonista principale, è muto. In un mondo dove tutti parlano per difendersi, per giustificarsi o per mentire, il silenzio è l’unico spazio possibile per la verità. Spesso, le scene più drammatiche sono trattate con poche parole o nessuna, lasciando che sia l’immagine a parlare, Bilal dà vita a immagini che “gridano” emotivamente, anche se non si sente alcuna voce.

 

La nostalgia

Christin e Bilal se da una parte esprimono una critica verso la degenerazione dell’impero sovietico, dall’altra parte rivelano una sorta di nostalgia per quello che avrebbe potuto essere e non è stato.

Non si tratta di una nostalgia romantica o sentimentale, ma di un rimpianto amaro e lucido, spesso taciuto, a volte svelato nei silenzi o nei dettagli dei volti, nei paesaggi immobili, nelle parole pesanti dei dialoghi.

Battuta di caccia è una elegia della sconfitta degli ideali, una riflessione sulla memoria, sulla decadenza e su ciò che è stato promesso ma mai realizzato. Sì tratta di un’opera che offre una diagnosi poetica, malinconica e spietata di uno dei più grandi esperimenti politici del Novecento.

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