Atomik era un supereroe creato da Luciano Secchi anni prima che importasse gli eroi Marvel per l’Editoriale Corno.

L’Italia ha conosciuto il fenomeno dei supereroi alla fine della Seconda guerra mondiale, quando sono arrivati da noi i primi comic book portati dai soldati americani, ed è durato fino ai primi anni sessanta.
Diversi personaggi, generalmente di scarso successo, si sono alternati imitando soprattutto Phantom (chiamato da noi l’Uomo Mascherato) e Superman (da noi Nembo Kid).

I nomi di questi supereroi italiani erano Tanks di Carlo Cossio (1945), Ciclone di Andrea Lavezzolo e Carlo Cossio (1945), Asso di Picche di Mario Faustinelli e Hugo Pratt (1945), Misterix di Max Massimino Garnier e Paul Campani (1946), Amok di Cesare Solini e Antonio Canale (1946), Plutos di Gian Luigi Bonelli e Leone Cimpellin (1949), Maskar di Giovanni De Leo e Gallieno Ferri (1949), fino a Atlas di Luigi Grecchi e Loredano Ugolini (1960), Radar di Tristano Torelli e Franco Donatelli (1961) e altri ancora.

ATOMIK, SUPEREROE CORNO PRE-MARVEL

Gli eroi più venduti in Italia erano però i “cow boy”. Per questo la giovane casa editrice di Andrea Corno, nel suo primo settimanale di fumetti con materiale inedito, puntò sul personaggio western di Maschera Nera. Il quale, comunque, con la sua mascherina apriva una porta anche ai superereoi. Infatti, insieme ad alcuni personaggi americani che apparivano in appendice all’albo, tra i quali i primi eroi Quality pubblicati in Italia (Plastic Man e Blackhawk), c’era anche un supereroe italiano vero e proprio: Atomik.

Non sorprende, dato che Tanks era il personaggio preferito del giovane Andrea Corno e Nembo Kid una delle letture del cognato Luciano Secchi (il direttore-sceneggiatore del settimanale), almeno a giudicare da un suo annuncio pubblicato nell’edizione italiana di Superman.

Le storie di Atomik erano piuttosto ingenue e piene di luoghi comuni.
Uno scienziato della Germania nazista aveva progettato una “tuta atomica” in grado di rendere fortissimi e praticamente invulnerabili i soldati che l’avessero indossata. La guerra era finita prima che il progetto potesse essere sviluppato pienamente, ma il prototipo della tuta era stato costruito.

Le potenzialità belliche dell’arma non erano sfuggite a una potente organizzazione criminale che intendeva sfruttarne a pieno le prerogative. Sulle tracce dell’Organizzazione c’erano, però, i servizi segreti americani, in particolare l’agente Red Norton, che riuscì a mettere le mani sul prodigioso costume e tenerselo per sé.

Come programmato dai suoi costruttori, il congegno rendeva Norton praticamente invulnerabile. L’agente completò il suo armamentario con due pistole in grado di emettere raggi distruttivi o stordenti a seconda dell’intensità di regolazione.

Assunta l’identità di Atomik, Norton si trasferì in una base segreta posta in un antico castello trasformato in un efficiente laboratorio scientifico.


Come tutti i supereroi che si rispettino, Atomik aveva la sua personale nemesi, il misterioso Dominatore. Il quale, dal suo rifugio nella catena dell’Himalaya, faceva progetti di conquista assecondato da un mad doctor, il Professor Diabolicus, che sfornava per lui armi fantascientifiche.

Come si vede, la serie non presenta particolari tratti di originalità. I testi del giovane Luciano Secchi, che si firmava Esselle (non ancora Max Bunker) cominciano a sviluppare con Atomik quel particolare sarcasmo che verrà coltivato su Kriminal, Satanik e, soprattutto, su Alan Ford.
Tuttavia le sue storie risultavano spesso cervellotiche e sconclusionate, dato che Secchi non ha mai avuto grande predisposizione per il genere fantascientifico (come confermerà il suo successivo malriuscito personaggio di Gesebel, se non altro memorabile per l’avvenenza).


Il primo, e migliore, disegnatore di Atomik è stato Paolo Piffarerio, che si firmava Paul Payne. Al quale seguì il volenteroso Giuseppe Montanari, con la firma Montag, apprezzabile almeno per le chine molto pulite. E soprattutto Raffaele Cormio (Ralph Hunter), che tentò di rifarsi a modelli come Burne Hogarth e Frank Robbins senza centrare il bersaglio.

Oltre a essere stato pubblicato su Maschera Nera, Atomik ebbe l’onore della copertina dei primi due albi della pomposa Collana dei Classici del Fumetto, uscita nel 1964, dove vennero ristampate le sue storie. Le illustrazioni di copertina vennero affidate a Ezio Carretti che, con discreti risultati, si rifece alla versione del personaggio di Piffarerio .

Il successo non arrivò mai per Atomik. Nella sua ultima avventura, con l’aiuto dell’esercito americano, sventava finalmente la minaccia del Dominatore riuscendo a salvare il pianeta. Si concludeva così il suo ciclo insieme alla testata antologica che lo ospitava.

Era il 1965 quando uno degli ultimi supereroi italici scomparve nella terra dei personaggi dimenticati: era arrivato il momento dei supercriminali lanciati da Diabolik, e con Kriminal la Corno aveva in mano un’ottima carta da giocare.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *