Aquaman, sin dal primo trailer, mi aveva dato certe good vibrations che manco i Beach Boys. Cosa di cui sono rimasto perplesso, dato che ormai tutta la paccottiglia di supertizi mi puzza di vecchio peggio della “vecchia vita” di Willy trenta secondi dopo aver messo piede a Bel Air. Sono quindi entrato in sala convinto di vedere qualcosa di tutto sommato carino. Invece, ne sono uscito completamente soddisfatto, perché… Aquaman è una sirenetta super-cazzutissima gonfiata a steroidi. Perché faccio il parallelismo Aquaman-Sirenetta? Non tanto perché entrambi stanno in fondo al mar, eh. Come qualcuno saprà, tra gli anni settanta e ottanta la Disney non è che andasse a gonfissime vele. I fallimenti cinematografici erano tanti e i dindini che entravano in cassa pochi. Si sperimentava un po’ di tutto, arrivando persino all’horror, ma c’era una mancanza cronica di, come dire… identità, e i film proprio non decollavano. Tanto che, nel 1985, Taron e la pentola magica fu una mazzata quasi letale. Alla fine si corse ai ripari e nel 1989 uscì La sirenetta. Successo di proporzioni blasfeme, che diede il via al periodo indicato successivamente come Rinascimento Disney. Quest’arco temporale, iniziato con La sirenetta e conclusosi con Tarzan, vede la Disney scoprire la “formula magica” del successo: ogni film doveva seguire una precisa linea narrativa e usare determinate formule collaudate: doveva essere la storia d’amore tormentata, animali antropomorfizzati come spalle dei protagonisti e via dicendo. Se quattro o cinque anni fa mi avessero detto che il film post-Nolan di maggior successo della Dc Comics fosse stato Aquaman, probabilmente mi sarei vomitato addosso dal ridere. Voglio dire, Aquaman, l’eroe che da decenni è l’emblema dello sfigato. Invece è successo che, zitto zitto, questo film è probabilmente l’apripista di un “Rinascimento Warner” come fu La sirenetta per la Disney. A fronte del miliardo di dollari che ha incassato finora, alla Warner finalmente sono arrivati a capire due cose che, effettivamente, non ci voleva tanta scienza per arrivarci. In primis, smetterla di correre disperatamente dietro alla Marvel-Disney. La seconda, quella più importante, se vuoi fare un film su un supertizio, che sia Superman, Aquaman, Flash o chi diavolo si voglia, l’approccio Bat-Nolan è proprio l’ultimissimo da prendere in considerazione. In Aquaman la trama di base, piuttosto semplice, è la classica origin story che serve a introdurre personaggi e vicende. Una storia accessibile e lineare. E molto appagante in quanto copre, con efficacia, quasi ogni possibile cliché del genere supereroico. Nonostante il soggetto sia di Geoff Johns (presidente e direttore creativo responsabile della Dc Comics, nonché uno degli autori più importanti degli ultimi anni) e James Wan, si tratta di una storia alla portata di un qualunque sceneggiatore medio di Hollywood. La sfida più grande era quella di scollare da Aquaman l’aria da zimbello, di paria tra gli eroi. In realtà chiunque abbia letto qualche sua storia a fumetti degli altini decenni sa perfettamente che Aquaman non è affatto lo sfigato che si fa ridere dietro pure dai cavallucci marini. Non si può dire lo stesso delle storie a fumetti degli anni cinquanta e sessanta, quando le sue avventure erano piuttosto infantili. A peggiorare la situazione ci hanno pensato negli anni settanta le sue apparizioni nei Super Amici di Hanna-Barbera. Serie animata tanto camp nei toni quanto la serie live action di Batman con Adam West. Aquaman non ha avuto versioni cinematografiche, nessun Richard Donner e certo nessun Tim Burton che facessero dimenticare la ridicola versione dei cartoni animati agli occhi del grande pubblico. Altro merito della Dc è avere finalmente preso le distanze da Zack Snyder. Tutta quella pesante cupezza fine a se stessa spacciata per maturità, cucita a forza su storie profonde quanto una pozzanghera, è stata abbandonata per imboccare l’unica strada che porta da qualche parte: quella segnata da Wonder Woman. Cioè la strada fantastica dei mattoni gialli che porta dritto alla Città di Smeraldo del semplice divertimento. Divertimento dato dall’azione e dal sense of wonder, libero di andare a tutta forza. Com’è giusto che sia, d’altronde, se mi fai un film il cui protagonista si chiama Aquaman, no? Il merito di aver riportato la Dorothy degli abissi sulla strada giusta va a James Wan. Per quei pochi che non lo sapessero è il regista (e creatore) di Saw – L’enigmista, Insidious e The Conjuring. Wan può piacere o no, sta di fatto che ha le idee chiare e arriva dritto al punto senza perdere tempo. Potendo contare su una linea di condotta precisa, Aquaman tira come un treno. La regia di Wan offre una grande quantità d’azione dinamica, con un impatto visivo raro nei film live action. Uno spettacolo d’azione, esplosione di luci e colori fantastici e abbacinanti, che offre tutto quello che ci si può aspettare e desiderare da un film del genere. Wan è riuscito a creare un’epopea subacquea ficcandoci dentro tante di quelle cose da far paura. Aquaman è chiamato a compiere il suo destino attraversando una Pandora sottomarina, prima che l’Impero colpisca ancora. Un’amalgama, cioè, di assets tanto riconoscibili quanto semplici e funzionali nell’economia del film. Addirittura Wan è riuscito a farci stare in mezzo a tutto questo pure riferimenti e citazioni al H.P. Lovecraft di racconti come L’orrore di Dunwich e Dagon. Parliamoci chiaro, Aquaman non è assolutamente un film perfetto. Per dire, c’è la sottotrama che coinvolge Black Manta, un nemico storico di Aquaman, che in fin dei conti non è altro che una specie di filler. Un qualcosa che serve giusto ad allungare un po’ di più il brodo di esplosioni e mazzate. Sì, in Aquaman è stato fin troppo quello che sono riusciti a fare, aggiungendo anche il superfluo. Le cose sarebbero potute essere gestite un tantino meglio con una spuntatina qua e là. Due ore e mezza sono parecchie e il film, a un certo punto, tende a essere un po’ ripetitivo. Ovviamente, niente di diverso dalla media dei cinecomics dal budget fanta-faraonico, ma di qualcosa si poteva fare a meno. Le gag di ridere non potevano mancare e per la maggiore funzionano. Qualcuna è veramente molto azzeccata, altre accettabili e altre ancora, tipo la questione dell’ascella commossa sott’acqua, se la sarebbero potuta benissimo risparmiare. Ma oh, tutto sommato la cosa gira. E siamo di sicuro a una spanna sopra a tristezze tipo lo Zio del Tuono. Le creature e i mondi subacquei sono assolutamente fantastici, resi in un modo incredibilmente coinvolgente. In molte parti un vero trip Vaporwave fatto di colori e luci al neon abbaglianti e suggestivi. E il bello è che quando hai tutto questo non hai bisogno di impantanarti in inutili spiegoni. Lasci semplicemente parlare le immagini. La cosa poi che più mi ha colpito e mi è piaciuta di Aquaman è, come posso dire, il suo equilibrio. Jason Momoa nei panni di Arthur Curry/Aquaman è assolutamente perfetto. Perché questo tipo è il figo supercazzuto che tutti vogliono vedere nei film d’azione. È la naturale evoluzione degli Schwarzenegger, Stallone e tutti gli altri eroi anni ottanta che non credevano nelle magliette. Un neo-Vin Diesel pre-doppio mento che salvava il mondo sullo snowboard e prendeva a cazzotti gli alieni al buio. Momoa e tutto il resto del film ti urlano in faccia “Tirannosauro superdotato™”, che Ventura spostati. Ci sono le strizzate d’occhio al passato, persino cose molto discutibili (di polipi e conga, per dire). Ma tutto, e quando dico tutto voglio dire tutto, è stato fatto per essere la quintessenza della cazzutaggine: dal primo schiaffo che tira Nicole Kidman come Atlanna, fino all’ultima posa in slow motion di Momoa che si guarda alle spalle di sbieco. Wan è un’esteta e, anche se non mi va di scadere nel luogo comune razziale, gli asiatici sanno come rendere epica pure una corsa in mezzo ai boschi. Come dicevo, l’equilibrio del tutto mi ha colpito molto. Aquaman, il film quanto il personaggio, sono pervasi da un sottile umorismo tongue-in-cheek in grado di mantenere tutto a un certo livello. Un po’ come il Dante del primo Devil May Cry, per capirci: tanto ironico da non prendersi mai drammaticamente troppo sul serio, e mai troppo scemo da ridicolizzare tutto quanto e buttarla in cagnara. Alla fine della fiera, i tempi di Remo Williams, Commando, Die Hard, Pitch Black e compagnia cantante, sono belli che lontani. Lontani, ma non dimenticati. I cinecomics sono gli action movies di oggi e Aquaman, paradossalmente, fa un passo indietro che lo avvicina molto ai “bei vecchi tempi” rappresentando un passo avanti evolutivo per il genere. Insomma, pare che quelli della Warner abbiano trovato “la formula magica”: azione, divertimento e sense of wonder. E soprattutto che leggerezza è sinonimo d’infantilità, quanto l’inutile ammorbamento lo è di maturità. Bene, detto questo credo che sia tutto. Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro. Aquaman Titolo originale: Aquaman Regia: James Wan Produzione: Peter Safran, Rob Cowan Sceneggiatura: David Leslie Johnson-McGoldrick, Will Beall Soggetto: Geoff Johns, James Wan, Will Beall Starring: Jason Momoa, Ambra sentito, Willem Dafoe, Patrick Wilson, Dolph Lundgren, Yahya Abdul-Mateen II, Nicole Kidman Casa di produzione: Warner Bros Navigazione articoli ATOM AGENCY, L’AGA KHAN, LA BÉGUM E I SUOI DIAMANTI LUCILLA AGOSTI E GIORGIA SURINA, PROTAGONISTE SEXY