Alex Ross è una figura davvero fuori dall’ordinario nel mondo del fumetto, soprattutto per il suo stile pittorico realistico che ha cambiato la percezione dell’arte sequenziale.
Nato nel 1970, Ross ha portato nel fumetto uno stile che si ispira direttamente alla pittura classica e al realismo americano, utilizzando tecniche come la gouache e l’acrilico su tavola, con una maestria che richiama illustratori come Norman Rockwell e i grandi pittori accademici.

Ross non disegna come la maggior parte degli artisti del fumetto: ogni sua tavola è dipinta, con attenzione maniacale alla luce, alle espressioni facciali e alla fisicità dei personaggi. I supereroi sembrano vivi, quasi fotografati, con rughe, pori, muscoli realistici e posture naturali.
Alex Ross rappresenta i personaggi non solo come eroi d’azione, ma come icone mitologiche. Le sue pose richiamano spesso la statuaria classica, conferendo una dignità quasi religiosa ai protagonisti.

Ross lavora spesso con modelli reali (parenti, amici o professionisti), scatta foto in posa per poi basare su di esse le sue composizioni. Non si limita a illustrare storie: le scolpisce nella memoria visiva del lettore, come affreschi moderni della mitologia contemporanea.
Ripercorriamo la sua carriera attraverso le sue opere più significative.

Alex Ross inizia la sua carriera nel fumetto lavorando su Terminator. Il suo primo lavoro a pagamento come disegnatore risale al 1990, quando a venti anni illustra una miniserie per Now Comics, intitolata Terminator: The Burning Earth.

Questa serie in cinque numeri è significativa per diversi motivi. Già qui Ross mostrava una forte influenza pittorica, anche se il suo stile non era ancora del tutto maturo né iperrealista come nelle opere successive, è già fortemente soggiogato dal colore. Si nota un uso particolare della luce e una tecnica compositiva che anticipa le sue future tavole.

Anche se disegnato in stile più tradizionale, The Burning Earth mostra già l’attenzione al dettaglio e alla drammaticità che caratterizzeranno il Ross maturo. Da qui in poi, Ross si immergerà in maniera completa nel colore acrilico alla ricerca di uno stile originale che gli permetta di esprimersi in maniera compiuta.

Lo stile di Alex Ross diventa ancora più pittorico e iperealistico su Clive Barker’s Hellraiser, una serie Marvel antologica dedicata ai Cenobiti, le creature di Clive Barker. Qui la capacità di Alex Ross, di rendere i personaggi dei fumetti incredibilmente realistici e vividi, comincia a prendere forma all’interno dell’universo malato, oscuro e visceralmente inquietante di Hellraiser.

Hellraiser, con il suo mix di horror sovrannaturale e tendenze sadomasochiste, si prestava bene a un’interpretazione visiva dettagliata e realistica. L’approccio di Ross rese i Cenobiti —le creature mostruose, tra cui il celebre Pinhead— ancora più inquietanti e potenti.

La sua attenzione ai dettagli e il suo uso magistrale della luce e dell’ombra riuscirono a enfatizzare la loro natura mostruosa, aggiungendo profondità psicologica e fisica.
Il contrasto tra la bellezza inquietante del design dei personaggi di Barker e il realismo esasperato di Ross fece emergere ancora di più l’elemento di horror psicologico che caratterizza la serie, con ogni piega della pelle e ogni cicatrice che raccontano una storia di sofferenza e desiderio.

 


Alex Ross è diventato una vera e propria leggenda nel mondo del fumetto grazie al suo lavoro su
Marvels, miniserie scritta da Kurt Busiek che ha fatto il suo debutto nel 1994. In Marvels, Ross usa il suo stile iperrealista per raccontare una storia attraverso gli occhi di Phil Sheldon, un fotografo che documenta l’epoca d’oro degli eroi Marvel, come Spider-Man, Capitan America, e i Fantastici Quattro, ma anche l’arrivo di minacce cosmiche e il conflitto tra la gente comune e queste figure quasi divine.

L’aspetto che Ross riesce a catturare, con il suo realismo, è proprio il contrasto tra la grandiosità dei supereroi e la vulnerabilità della gente comune, una differenza incolmabile che diventa il leit-motiv della serie nonchè la sua forza.

Il “motivo” che ha fatto esplodere Marvels è proprio il modo in cui Ross riesce a rendere visibile la sacralità dei personaggi e l’emozione che essi provocano sulla gente comune. Non sono più solo figure in calzamaglia, ma esseri straordinari che sembrano uscire dal mondo della fantasia per cercarsi un loro spazio nel mondo reale.

Kingdom Come (1996), scritto da Mark Waid è la conferma che quel che Alex Ross tocca, grazie alla straordinaria magnificenza visiva che riesce a conferire ai suoi personaggi, si trasforma in oro. Con Kingdom Come, Ross non solo si conferma come uno dei più grandi disegnatori del fumetto, ma eleva ulteriormente il concetto di supereroe, trasformandolo in una sorta di mito moderno.

Questa miniserie immagina un futuro alternativo dove i vecchi eroi della Justice League (come Superman, Batman, Wonder Woman) devono confrontarsi con una nuova generazione di supereroi violenti e disillusi. È una riflessione sul cambiamento sociale, sul concetto di giustizia, e sull’idea del potere.

Ciò che rende Kingdom Come un’opera eccezionale non è solo la trama, ma la capacità di Ross di infondere in ogni personaggio una forza, un’umanità e una sacralità che li eleva a figura quasi divina.

Un esempio straordinario di questo è la rappresentazione di Superman, che nella storia è praticamente diventato una figura messianica. Ross lo dipinge con una luce che lo rende il “salvatore” di un mondo che sta perdendo la sua via.


Con
Superman: Peace on Earth (1998), Alex Ross non solo conferma la sua visione unica dei supereroi, ma inizia a diventare un punto di riferimento anche per l’intero universo DC, stabilendosi definitivamente come il pittore “ufficiale”, almeno sotto il profilo artistico.

Questa miniserie, scritta da Paul Dini, è un altro capolavoro in cui Ross mescola il suo straordinario talento pittorico con una storia ricca di significato sociale e umano. Superman affronta la povertà e la fame nel mondo usando i suoi poteri in un contesto realistico. Questo approccio, che pone l’accento sulla moralità e sulle implicazioni del suo essere un eroe in un mondo così imperfetto, viene illustrato magnificamente da Ross.

Le tavole sono un inno alla bellezza del personaggio di Superman e della sua capacità di dare speranza. Ogni tavola è ricca di colori caldi, che danno a Superman un’aura quasi divina, ma anche di una sensibilità che lo rende più vicino all’umanità di quanto non fosse mai stato prima.

Con Batman: War on Crime (1999), Alex Ross si pone senza dubbio come uno dei punti centrali dell’universo DC, non solo per l’impatto visivo, ma anche per la profondità umana che riesce a dare ai personaggi. L’albo, scritto da Paul Dini è il secondo della serie di volumi in grande formato iniziata con Superman: Peace on Earth.

In War on Crime, Ross esplora il trauma, la paura e il senso di giustizia di Bruce Wayne/Batman in modo realistico e toccante, mostrando Gotham come un luogo afflitto da problemi sociali reali — povertà, criminalità, abbandono.
Batman non è solo un vigilante, ma anche una figura compassionevole che cerca di prevenire la nascita di nuovi “criminali”, come nel caso del giovane Marcus.

A livello visivo, Ross adotta il suo stile pittorico iperrealista per avvicinare il fumetto alla pittura classica, conferendo un’aura mitica e allo stesso tempo umana ai protagonisti. Questo contribuisce a trasformare Batman in un’icona morale, elevandolo oltre l’azione e il noir.

In Shazam: Power of Hope (2000), Alex Ross — sempre in collaborazione con Paul Dini — compie un autentico atto di rievocazione della Golden Age, sia nello spirito che nello stile. Ma lo fa con la maturità narrativa e pittorica del presente, fondendo nostalgia e riflessione contemporanea.

Captain Marvel (oggi chiamato Shazam per motivi legali) è uno dei personaggi più rappresentativi della Golden Age. Ross e Dini recuperano quel senso di meraviglia e innocenza tipico dei primi anni del supereroismo, ma lo calano in una storia delicata e toccante che ha per protagonisti dei bambini malati in un ospedale.

Il tono è volutamente più luminoso rispetto a War on Crime, e il tratto di Ross, pur restando realistico e pittorico, assume toni più caldi, quasi solenni, come a voler evocare un ricordo dell’infanzia collettiva. L’opera diventa così una celebrazione della speranza, del potere dell’immaginazione e del bene disinteressato, che erano valori fondanti del fumetto degli anni ’40.

Billy Batson/Shazam incarna il sogno infantile di trasformarsi in eroe con una sola parola — una metafora potentissima che Ross eleva a mito moderno. In questo senso, Power of Hope non è solo un omaggio estetico alla Golden Age, ma anche un recupero del suo cuore valoriale, reinterpretato con profondità emotiva.

In Wonder Woman: Spirit of Truth (2001) Alex Ross rappresenta Wonder Woman non solo come supereroina, ma come una vera e propria dea vivente. La sua rappresentazione trascende l’umanamente possibile: è imponente, eterea, e maestosa, con un’aura quasi sacrale.

Ross utilizza la sua tipica tecnica pittorica iperrealistica – che si ispira chiaramente all’arte classica e rinascimentale – per conferirle una dignità iconica, quasi come se stesse dipingendo una figura mitologica o una divinità greca. La luce, i colori, e le posture ricordano davvero i dipinti di epoca neoclassica, con una compostezza e un equilibrio che amplificano il senso di potere e compassione.

Inoltre, la storia scritta da Paul Dini rafforza questa visione: Wonder Woman si confronta con il mondo umano non come un’entità distante, ma come una guida morale, un essere che cerca di portare verità e giustizia con empatia e comprensione. Non è solo una guerriera: è un simbolo, un’ideale vivente.

In Captain America: Red, White & Blue (2002) Alex Ross rende un vero e proprio omaggio reverenziale a Capitan America, trasformandolo in un simbolo eterno dei valori americani, ma anche in un’icona morale universale.

Anche se l’opera è una raccolta antologica con contributi di diversi autori e artisti, la presenza di Ross — attraverso una sua illustrazione (Origins)— dona al personaggio una solennità e una dignità eroica che vanno oltre il fumetto tradizionale.

Nelle sue mani, Steve Rogers diventa quasi un monumento vivente: un eroe senza tempo, specchio della coscienza americana, dipinto con lo stesso realismo e rispetto che si riserva a un ritratto storico o a un patriota.

Ross utilizza pose classiche, colori forti ma sobri, e giochi di luce che fanno sembrare Cap un personaggio epico, idealizzato ma mai disumanizzato. Il suo sguardo è fiero, ma sempre umano, colmo di responsabilità. Non è un guerriero aggressivo, ma un difensore etico, un uomo che porta sulle spalle il peso del sogno americano nella sua forma più pura.

In Action Comics n. 800 (2003), Alex Ross dà forma a quello che può essere considerato il suo Superman definitivo: un’icona visiva e morale che incarna in modo assoluto il concetto di speranza, giustizia e integrità.

Anche se in quel numero celebrativo ci sono vari autori e stili, il contributo di Ross si distingue per la sua potenza iconografica. Il Superman di Ross non è solo un supereroe: è una figura archetipica, quasi cristologica, una presenza che simboleggia la parte migliore dell’umanità.

La sua rappresentazione è intensamente realistica ma allo stesso tempo idealizzata, con muscolatura armoniosa, volto sereno e sguardo rivolto sempre verso l’alto, come a guidare gli altri con il solo esempio.

Ross usa la luce come elemento narrativo: Superman è spesso immerso in un’aura solare, che sottolinea la sua natura quasi divina, ma senza mai allontanarlo dalla terra, dalla gente comune, rimane pur sempre il figlio adottivo del Kansas. Superman non dunque un dio tra gli uomini, ma come il meglio di ciò che gli uomini potrebbero essere.

Dopo il 2003 Alex Ross smette pressoché di disegnare dedicandosi soprattutto alla realizzazione di testi per fumetti (Justice League, Justice society of America, Marvels X…). Torna nel 2019 con Marvel Comics 1000, uno speciale albo antologico composto da 80 storie brevi, ognuna realizzata da team creativi diversi, pubblicato per celebrare gli 80 anni della Marvel.

Il contributo di Alex Ross consiste in una pagina autoconclusiva potente e simbolica che si distingue per il suo tono scherzoso ma anche profondamente marveliano e solenne perfettamente in linea con il suo stile iconografico.

Il titolo del suo contributo è “The last word “, una frase che coglie in pieno lo spirito profondo di uno dei personaggi Marvel più amati dai lettori: il gigante verde chiamato Hulk. Ross usa Hulk per rendere omaggio all’intera Marvel, vista non solo come una casa editrice, ma come un mito moderno, popolato da figure che riflettono paure, speranze e aspirazioni della società contemporanea.

Nel 2020, Alex Ross ha reso omaggio agli X-Men con uno spettacolare dipinto intitolato “Second Genesis”, ispirato alla storica copertina di Giant-Size X-Men n. 1 (1975), l’albo che ha rilanciato il gruppo con una nuova formazione internazionale e multiculturale — un momento fondamentale nella storia Marvel.

“Second Genesis” è un tributo visivo alla nuova era degli X-Men inaugurata nel 1975 da Len Wein e Dave Cockrum. Ross riprende quel momento cruciale ma lo rilegge attraverso il suo stile pittorico realistico e solenne, trasformando una copertina dinamica e quasi esplosiva in una visione iconica, monumentale, simile a un affresco storico.

Con Second Genesis, Ross celebra non solo un momento editoriale, ma un cambiamento culturale: gli X-Men, per Ross, sono simboli della diversità e della resistenza all’emarginazione. L’omaggio è allo stesso tempo nostalgico e attualissimo. È un’opera che restituisce agli X-Men la dignità visiva dei miti: non più solo un team di supereroi, ma una famiglia di reietti diventati leggende.

Nel 2021, in occasione dell’80º anniversario di Captain America, Alex Ross ha realizzato “Captain America Anniversary Tribute”, un omaggio affettuoso e una reinvenzione visiva delle origini del personaggio. Captain America Anniversary Tribute è un albo commemorativo in cui artisti contemporanei reinterpretano, tavola per tavola, due storie fondamentali: Captain America Comics n.1 (1941): la prima apparizione di Cap, dove lo vediamo per la prima volta prendere a pugni Hitler e Avengers n. 4 (1964): il celebre albo in cui Cap viene ritrovato nel ghiaccio dai Vendicatori e reinserito nell’Universo Marvel moderno.

Ross, in particolare, ha reinterpretato il momento cruciale su Avengers n. 4, dove i vendicatori riconoscono nella figura umana recuperata dai ghiacci le fattezze inconfondibili di Captain America.

In questa versione Cap appare come un residuo della Golden Age, consunto e superato, ma allo stesso tempo sembra brillare di una luce inestinguibile che ne fa un simbolo etico eterno, in grado di adattarsi al presente mantenendo intatti i suoi valori fondamentali: coraggio, giustizia, e difesa degli innocenti. L’omaggio non è nostalgico: è vivo, contemporaneo, necessario.

2 pensiero su “ALEX ROSS FRA TERRA E CIELO”
  1. Di lavori con personaggi Marvel non è stato citato Fantastic Four: Full Circle scritto e disegnato da Ross nel 2022.Tra l’altro è un lavoro particolare dato che in questo lavoro, Ross si allontana dal suo stile di pittura marcatamente fotorealistica (anche se il disegno rimane invece fotorealistico) cercando col colore un effetto più pop- vintage.

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