Se le peggiori serie tv di supereroi te le sei dimenticate un motivo c’è, e ‘sto motivo riguarda il fatto che le serie tv di supereroi non sono roba di ieri o ieri l’altro. Anzi. In realtà, la storia risale addirittura ai primissimi anni cinquanta. Mica fischi. Metti, tanto per dire, The Adventures of Superman: con la bellezza dei suoi 104 episodi divisi in 6 stagioni, andate in onda dal 1952 al 1958. Oppure Batman, quello degli anni sessanta con Adam West. Oppure ancora, la Wonder Woman degli anni settanta con Lynda Carter. Hulk con Bill Bixby e Lou Ferrigno; e questi sono, tanto per dire, quelli comunque rimasti popolari, che hanno continuato ad apparire nei media nel corso degli anni. No, perché se allarghiamo giusto un po’ la prospettiva, cominciano a venirne fuori a manetta: The Shadow, Flash Gordon, The Phantom, Mandrake e tutto il resto appresso. Questo, per dare una dimensione al fatto che radio, cinema e televisione hanno impiegato pochissimo ad adattare storie di eroi e supereroi. Un salto dalla carta a qualsiasi altra cosa quasi immediato, se consideriamo i serial cinematografici in voga negli anni trenta e quaranta. I serial cinematografici, aperta e chiusa parentesi, erano sostanzialmente film, sì, ma divisi in circa una dozzina d’episodi proiettati uno a settimana. Gli antesignani delle moderne serie tv, praticamente. Appunto: la prima apparizione di Batman nei fumetti è in Detective Comics n. 27, pubblicato nel 1939. Manco cinque anni dopo, nel 1943, la Columbia Pictures ha già prodotto un serial di Batman con Lewis Wilson (Batman) e Douglas Croft (Robin). Sebbene ci siano molti esempi positivi nella storia dei supereroi al cinema e in televisione, ce ne sono altrettanti che fanno schifo ai cessi. A volte, magari, perché troppo strani e in netta controtendenza con il periodo per trovare un pubblico di riferimento, altre volte perché semplicemente si tratta di prodotti brutti e scadenti. Il fatto è che in un mare di roba non tutte le ciambelle possono riuscire con il buco. I misteri della laguna (Swamp Thing – 1990) Visto che c’abbiamo buttato un occhio ai peggiori film di supereroi degli anni novanta partendo con Swamp Thing, potrebbe essere cosa buona e giusta partire anche qui con Swamp Thing. A meno di vent’anni dalla sua creazione (1971) i personaggi di Len Wein e Berni Wrightson avevano ottenuto un certo successo, portando a ben due film e due serie, una animata e l’altra… questa. Mandata da noi nei primissimi anni novanta con il titolo de I misteri della laguna, il grosso, grossissimo problema della serie sta nel fatto di essere un’incredibile occasione persa. Partita con un’impostazione da dramma soprannaturale, gli autori, nel giro di una dozzina d’episodi, hanno abbandonato questo approccio trasformando la serie nel classico spettacolo da cattivo della settimana, scadendo sempre più nel campy e nel completamente ridicolo. Anche se andata avanti oltre il centinaio di episodi, solo giusto una manciata risultano interessanti. Fondamentalmente perché Swamp Thing, il personaggio, pare un sidekick nel suo stesso spettacolo: rimane fuori campo per quasi tutto l’episodio e poi, alla fine, con i suoi poteri ballerini (che non si capisce bene quali siano, ma funzionano a comodo cambiando di volta in volta in base a cosa dice la sceneggiatura) arriva e mette a posto la situazione. Morale della favola: la serie era di una pigrizia sconcertante, ed è un gran peccato. In linea di massima c’erano ed erano lì, a portata di mano, tutti gli elementi per fare qualcosa di memorabile. Invece gli autori non hanno saputo mettere insieme i pezzi. La serie animata è invecchiata decisamente molto meglio. Night Man (Night Man – 1997) C’era una volta, tanto tempo fa, la Malibu Comics. Era una casa editrice che nel giro di un lustro, tra la fine degli anni ottanta e i primissimi novanta, raggiunse la popolarità grazie a serie come Men in Black, Ultraforce e questo qui, Night Man. Ora, la storia di Night Man riguarda Johnny Domino: un sassofonista di San Francisco che a seguito di un incidente in cui si schianta con l’auto contro una funivia, si ritrova con una scheggia di metallo ficcata in testa. Per purissimo caso la scheggia conficcata nel cervello non uccide Johnny, ma altera le sue facoltà cerebrali trasformandolo in una specie di telepate in grado di percepire i pensieri malvagi di chi lo circonda. A parte questo, si ritrova con gli occhi permanentemente dilatati (cosa che gli permette di vedere al buio), con mezzo cervello guastato e pure con un’insonnia perenne. Perfetto. Con queste sue strabilianti capacità di super-sonnambulo, Johnny si mette a combattere il crimine. Alé. All’epoca Night Man ebbe un certo successo per via di un approccio alla Spawn, diciamo. Nel senso, non era il supereroe già fatto, bello e pronto che deve combattere il cattivo del momento. Al contrario, in ogni numero Johnny imparava a conoscere e usare meglio i suoi poteri, i buff forniti dal costume super-tecnologico, i nemici che lo attaccavano e così via, adattandosi poco per volta alla sua nuova vita.Ecco, sviluppata dal solito Glen A. Larson, Night Man la serie tv (a bassissimo budget) era invece una pacchianata atroce appena-appena basata sul personaggio, ma tutta-tutta ridicola. Qui, Johnny diventa capace di “sentire il male nel cuore delle persone” dopo essere stato colpito da un fulmine. Dopodiché ruba una corazza da battaglia sperimentale e si mette a combattere il crimine. Se consideriamo che il punto più alto di questo spettacolo è l’episodio crossover con Manimal… Sheena (Sheena, Queen of the Jungle – 2000) Aperta e chiusa parentesi: forse non tutti sanno che il vero nome di Tina Turner era Anna Mae Bullock. Il nome d’arte “Tina”, fu scelto dall’ex marito, Ike Turner, perché faceva rima con quello di Sheena, la regina della giungla, una delle sue principali fonti d’ispirazione per la creazione dello stage personale della Turner. Benissimo.Sheena la tarzanella è il primo personaggio femminile dei fumetti ad aver avuto una testata tutta sua, precedendo di un anno Wonder Woman. In effetti, Sheena raggiunse presto una certo successo, tale, da portare alla produzione di una serie tv nei primissimi anni cinquanta. Sostanzialmente, la grandissima differenza fra la Sheena originale e questa del suo tentativo di rilancio nel XXI° secolo, sta che la Sheena interpretata da Gena Lee Nolin di Baywatch può trasformarsi in quasi tutti gli animali della giungla. Grosso errore. Sheena, per quanto poco sia durata (cioè due stagioni, una di 22 e l’altra di appena 13 episodi) in fondo non era malvagia come serie. Solo, metti trame il più delle volte non esattamente brillanti; un budget non proprio top notch che dava alla serie l’aspetto di un film porno-zozzo-grafico per cui qualcuno aveva speso giusto qualche spiccio in più per trucco e costumi. Metti pure che spesso tutto sembrava più una scusa per inquadrare la Nolin scosciata col sexy-body animalier… Altro che trasformarsi in animali vari, insomma. Birds of Prey (Birds of Prey – 2002) Birds of Prey è una specie di What if…, diciamo, in cui Black Canary, Oracle e Huntress formano una squadra per combattere il crimine di Gotham City, in un futuro dove Bruce Wayne abbandona volontariamente la città dopo la morte di Selina Kyle. Una premessa intrigante, certo. Tanto che la serie (sviluppata da Laeta Kalogridis, la stessa Kalogridis sceneggiatrice di inestimabili perle come Catwoman e Terminator Genisys) fu defenestrata dopo appena 13 episodi.Le premesse sono abbastanza lunghe e complesse, perciò, volendo stringere il brodo al massimo, diciamo che alla fine degli anni novanta i dirigenti della Warner cominciarono a esprimere un interesse crescente verso gli adattamenti live action, a causa delle proprietà Dc Comics che avevano acquisito. Visto il successo dei due film di Tim Burton pochi anni prima, l’idea era proprio quella di realizzare una nuova serie tv su Batman, in linea con i toni dei film. Questa ipotetica serie avrebbe dovuto riguardare i primi giorni di Bruce Wayne nei suoi viaggi intorno al mondo per allenare corpo e mente fino a diventare Batman. L’idea non fu scartata, ma messa in stallo e sviluppata nel riavvio della saga cinematografica affidata a Christopher Nolan. Quindi si passò al personaggio successivo: Superman, e da qui, nel 2001, la serie Smallville. Tuttavia, la Warner, soprattutto visto il successo enorme della prima stagione di Smallville, non aveva abbandonato l’idea di fare una serie tv legata in qualche modo a Batman. Perciò, ecco Birds of Prey: una zozzeria clamorosa. Nonostante il pilot avesse raggiunto un record clamoroso di spettatori, settimana dopo settimana il pubblico calò in modi più drastici a causa di una storia via via sempre più farneticante, ridicola e mal sviluppata; oltre agli infimi valori di produzione da film osé, naturalmente. Blade – La serie (Blade – 2006) Blade, qui, praticamente è la stessa identica cosa di Birds of Prey: un pilot accattivante che dietro di sé nasconde un prodotto triste e tirato al ribasso, peggio di quanto si potrebbe immaginare guardando le immagini promozionali. Infatti, pure questa serie è stata defenestrata dopo appena 13 episodi. Essenzialmente Sticky Fingaz, nonostante il ridicolo nome d’arte e una certa goffaggine che a volte lo rendevano stranamente noioso da guardare, non era affatto malvagio come Blade. Pure la storia di fondo, cioè la soldatessa Krista Starr che ritorna in patria dopo aver servito in Iraq per indagare sulla misteriosa morte del fratello gemello, cosa che la porterà poi ad allearsi con Blade, non era malissimo, alla fine. Semmai, il problema (molto comune, condiviso da tantissime produzioni sia di ieri sia di oggi) è un altro: al di là che pare non sia stato fatto il benché minimo sforzo per tirar su qualcosa di anche solo lontanamente coinvolgente, Blade è l’ennesima prova che i produttori non dovrebbero metter bocca su certe cose. C’è un motivo per cui alcuni personaggi rimangono popolari a dispetto di tutti gli anni che si portano addosso e appunto, tutto ciò a cui dovrebbero limitarsi nella produzione di eventuali trasposizioni, sta semplicemente nel creare storie. Storie che ruotino attorno alle personalità di quei personaggi. Non devi cambiare i loro poteri. Non devi cambiare le loro origini. Neppure devi cambiare le loro personalità, distintive e riconoscibili. Sono le storie a dover cambiare, non il contrario. Se alteri i caratteri propri che rendono tali e distinguibili quei personaggi, va da sé che ti ritroverai per forza di cose con personaggi diversi. Infatti, come nella serie su Swamp Thing, qui Blade è completamente decentrato e pare la spalla nel suo stesso spettacolo. Quindi, figuriamoci il resto. Painkiller Jane (Painkiller Jane – 2007) Pubblicato dalla defunta Event Comics di Jimmy Palmiotti e Joe Quesada, nonché creata dagli stessi Quesada e Palmiotti, Painkiller Jane è un altro di quei personaggi tipicamente anni novanta nati sulla scia del momento, tipo Lara Croft, Bloody Mary, Sarah Pezzini, Danger Girls e tutto il resto appresso. Il personaggio non ha mai avuto né una forte risonanza né raggiunto la popolarità mainstream. Ci sono stati diversi tentativi di rilancio e pure la sua storia delle origini è abbastanza ballerina, cambiata al volo un paio d’anni dopo la prima pubblicazione; ma in un mondo in cui tutto fa brodo… pure Painkiller Jane andava bene per farci uscire una serie tv di supereroi. Con Kristanna Loken nei panni di Jane Vasco, la serie tv Painkiller Jane segue a ruota il tentativo di rilancio della serie a fumetti pubblicata fra 2006 e il 2008 dalla Dynamite Entertainment e segue l’ascesa di Jane come supereroe in seguito alla scoperta dei suoi poteri. Praticamente, Jane è pressappoco Wolverine: scopre di possedere un fattore rigenerante che la rende quasi invulnerabile, ma, a dispetto di questa invulnerabilità, il suo corpo percepisce ancora normalmente il dolore. A parte questo tratto che contraddistingueva il personaggio, la serie tv era di un misero clamoroso. Non era interessante. Non era coinvolgente. Niente di anche solo potenzialmente intrigante.Non è stato fatto assolutamente niente per costruire qualcosa attorno a quella premessa. Alla fine della fiera, Painkiller Jane era nient’altro che una blanda serie poliziesca fondamentalmente indefinibile. Una specie di Law & Order, insomma. Solo molto più noioso, con almeno il 110% in più di stereotipi e con una protagonista senza personalità che si pigliava schioppettate a destra e sinistra senza morire. I 22 episodi che è durata sono stati pure troppi. The Phantom (The Phantom – 2009) Per farla brevissima, nonostante sia considerabile il primo fra i supereroi, Phantom non ha mai avuto successo a Hollywood. Mai. Ogni tentativo è miseramente fallito. Appunto, nel 2009, a quasi quindici dal fallimento del film con Billy Zane, i canadesi hanno prodotto questo live action. A quanto pare, l’obiettivo degli sceneggiatori era quello di rimanere fedeli al materiale originale aggiornandolo allo stesso tempo per lo schermo, aggiungendo elementi di fantascienza raramente visti nei fumetti del personaggio. In altre parole, The Phantom è un trionfo di cattive idee buttate a casaccio, un prodotto allo stesso tempo incredibilmente triste e incredibilmente brutto. In questa versione, l’avvocato e appassionato di parkour Chris Moore scopre di essere stato adottato. Poi, dopo che i suoi genitori adottivi vengono assassinati, Moore scopre di essere, in linea di sangue diretta, il 22esimo Fantasma e ne assume l’identità per combattere la setta dei Sing, i nemici secolari del Fantasma. Sta bene. Ora, se l’obiettivo degli scrittori era fare una parodia di Devil, allora tutto a posto. Missione compiuta. Qualsiasi altra cosa al di fuori di questa, non è assolutamente contemplabile. Infatti, se ne sono accorti e per fortuna, hanno realizzato solo il pilot diviso poi in due episodi. No Ordinary Family (No Ordinary Family – 2010) Insipido. Non c’è altro modo per definire ‘sto irritante mucchio di cliché tenuti insieme con lo sputo, ennesimo clone fuori tempo massimo de Gli Incredibili. Perché, il tropo della “normale” famiglia di supereroi piaceva e perciò, qualcuno, da qualche parte, deve aver pensato che nel 2010 inoltrato avessimo un necessario bisogno di un’altra serie su “persone normali” che in realtà sono supereroi che fingono di essere persone normali. Eh… D’accordo che su carta, più che una serie tv di supereroi, No Ordinary Family dovrebbe essere una sitcom, sicuramente. Ciò non cambia il fatto che abbia una delle premesse più sconcertantemente pigre della storia. In pratica, la serie gira sulla famiglia Powell (cioè la classica famiglia americana della middle-class ultra-stereotipata all’inverosimile) che va a farsi una vacanza in Brasile. L’aereo però si schianta dalle parti del Rio delle Amazzoni, loro finiscono in un lago e così scoprono di avere i super-poteri. Straordinari poteri, attenzione, con cui dovranno imparare a convivere, naturalmente. Già… e quali sarebbero questi “straordinari poteri”, poi? Cioè, solo guardando il poster, qualsiasi persona con un normale afflusso di sangue al cervello, impiegherebbe qualche minuto a ragionare sul fatto che ci saranno un sacco di stereotipi, sì, ma pure qualcosa di un po’ più originale con cui giocare ed eventualmente costruire le gag. Magari, sono solo le immagini promozionali a dare questa impressione.Nel senso, Michael Chiklis (conosciuto per The Shield e per essere stato Ben Grimm nei primi due film dei Fantastici Quattro) non può avere solo la super-forza, la moglie, Julie Benz, la super-velocità, mentre i due figli una è telepatica e l’altro super-intelligente, no? Invece… sì. Esattamente così. Effettivamente No Ordinary Family pareva un compendio sull’uso dei cliché. Infatti, con grandissima sorpresa di assolutamente nessuno, la serie è stata cancellata dopo 20 episodi. The Cape (The Cape – 2011) Su carta, The Cape avrebbe dovuto essere una storia di supereroi tesa, cupa e drammatica alla Batman. Invece è solo un Renegade che non ci ha creduto abbastanza. No, perché la storia in sostanza è quella di Renegade, solo che al posto del capello meshato, il gilet di pelle e la muturetta tamarra con cui Lorenzo Lamas andava in giro ad acciuffare il gaglioffo della settimana, qui è stato tutto sostituito da un costume di carnevale, con tanto di maschera e mantellina. Seriamente, in Renegade (una serie tv del 1992, ricordiamoci sempre) Lorenzo Lamas interpretava Reno Raines, l’unico agente di polizia buono in una città di criminali che viene incastrato per l’omicidio di un altro poliziotto (naturalmente corrotto), quindi assume l’identità di Vince Black e si mette a fare il cacciatore di taglie. In The Cape, David Lyons interpreta Vince Faraday, l’unico agente di polizia buono in una città gestita da criminali che viene incastrato per l’omicidio del nuovo capo della polizia. Il grande distinguo che separa Renegade e ‘sto The Cape, in termini di storia naturalmente, sta nel fatto che Faraday è un esempio di virtù quasi ultraterrena e un padre di famiglia talmente stucchevole e stereotipato che la famiglia del Mulino Bianco pare la famiglia Manson. Questo è il punto: Faraday, tutte le sere legge a suo figlio le avventure del suo supereroe preferito, indovina qual è? Esatto, The Cape. Comunque, aperta e chiusa parentesi, vedere un ragazzino di circa tredici anni farsi leggere i fumetti dal padre fa veramente tanto, tanto strano. A ogni modo, invece di mettersi a fare il cacciatore di taglie, alla fine si fa il costumino e ritorna in città con l’identità di The Cape, il supereroe preferito del figlio. The Cape era mediocre oltre i limiti del tollerabile e ridicolmente brutto. Fu talmente un fallimento che alla fine, la Nbc, la rete che lo trasmetteva, ridusse il numero di episodi ordinati da 13 a 10.Il bello, poi, causa gli ascolti praticamente nulli, il finale manco lo mandarono in onda; diedero un semplice avviso in cui avvertivano (chi?) che il finale della serie sarebbe stato disponibile solo sul sito web della Nbc e a posto così. Ebbene, detto questo anche per stavolta è tutto. Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro. (Da Il sotterraneo del Retronauta). Navigazione articoli SUPERGIRL E SHEENA: I FLOP DELLE EROINE SHAMELESS, IL SESSO AMERICANO