40 anni di Punk: Brani duri e veloci, suonati “a cazzo di cane”, chitarre rumorose e batterie potenti: questo è il sound dei Sex Pistols, la band che più di ogni altra ha fatto la storia del punk rock. Chi verrà dopo, e penso a Kurt Cobain, non potrà che esserne influenzato. I Sex Pistols furono i campioni, osceni e sboccati, di una cultura che influenzerà non solo la musica e la moda, ma anche l’arte, la grafica, il cinema, i fumetti, la letteratura e persino la pornografia. È la messa a punto del meccanismo perverso della promozione attraverso lo scandalo, o forse l’ultimo battito di ali della rivolta giovanile degli anni sessanta, prima di essere definitivamente seppellita dall’eroina e dal mercato. Che comunque darà i suoi frutti: amari, il cui succo è acido, è la disillusione, il cinismo di una generazione, ma pur sempre originali e pervasi da una perversa purezza. A 40 anni dalla nascita del punk, il quotidiano La Repubblica porta in edicola una collana di cd e vinili con le band più leggendarie del più graffiante, rumoroso, lercio e tossico dei generi musicali: prima uscita, oggi, 6 settembre, con l’album dei Sex Pistols “Never Mind the Bollocks”, laddove “bollocks” vuol dire letteralmente “coglioni”. Attivi a Londra tra il 1975 e il 1978, i Pistols sono il gruppo punk per eccellenza. Con testi osceni e un atteggiamento estremo e anticonformista hanno rivoluzionato il rock introducendo e contribuendo a diffondere la cultura punk. E in tempi di Olimpiadi, faccio anche notare che a Syd Vicious appartiene ancora il record nella corsa verso l’autodistruzione: è morto di overdose a soli 21 anni. Anarchy in the United Kingdom è il titolo di uno dei brani più noti: contenuto nel loro primo e unico album in studio, è anche un singolo uscito nel 1977. Anarchia per il Regno Unito Arriva a volte e forse vi causa un po’ di problemi, blocca il traffico, il vostro progetto sul futuro, fare shopping… Perché io voglio essere Anarchia… Anarchy in the United Kingdom è anche il titolo dell’Economist del luglio 2016, numero monografico dedicato alle conseguenze della brexit, nonché di un articolo pubblicato ai tempi della rivolta dei sobborghi di Londra, nel 2011. Questo indica che all’Economist non sono per niente originali in fatto di titoli ma anche che il brano, o almeno il suo titolo, è entrato da tempo nel linguaggio comune e giornalistico, come metafora perfetta in ogni tempo, come paradosso utile a far intendere subito ai lettori che l’argomento del pezzo è una situazione critica, politica, sociale o economica che sta attraversando il paese, l’incertezza dei tempi, il casino tutto britannico che si vuole raccontare. Nel 1997 dei paleontologi chiamarono una serie di specie di fossili trilobiti, in onore dei membri del gruppo, Arcticalymene rotteni, A. viciousi, A. jonesi, A. cooki e A. matlocki. Forse solo un altra band inglese, i Beatles, ha avuto una simile influenza sul linguaggio e sulla cultura. Ma quello di essere un’immagine prima che prodotto musicale, testimonial prima che musicisti, per i Sex Pistols sembra un destino deciso fin dall’inizio dall’istinto del manager Malcolm McLaren e da sua moglie Vivienne Westwood, i proprietari del negozio di Londra che lancerà la moda punk a base di t-shirt tagliate, pantaloni in pelle e accessori fetish; e che Johnny Rotten considerava due veri truffatori, capaci di vendere qualunque cosa per fare soldi. Una moda che successivamente si diffonderà tra gli stessi fan dei Pistols e poi nel mondo. Il giorno dopo la loro prima apparizione televisiva i Pistols erano già sulle pagine dei giornali nazionali. Con la loro squinternata essenza di rocker riescono a ravvivare la scena musicale in uno dei suoi momenti più critici, schiacciata fra cultura pop e nichilismo punk. Anche se non erano i primi del loro genere, anche se già nel 1969 gli Stooges rompevano gli schemi in pieno stile punk, quello dei Sex Pistols è un successo unico all’interno del movimento punk, un importante evento nella storia della musica popolare in generale. Never Mind è regolarmente citato nella lista dei migliori di sempre e per Rolling Stone si trova al secondo posto nella sua classifica dei migliori album degli ultimi 20 anni. Anche le loro performance live sono entate nel mito. Il 4 giugno 1976 suonarono di fronte ad appena 42 persone al Lesser Free Trade Hall di Manchester, ma fra il pubblico ci sono i Buzzcocks (organizzatori del concerto), Ian Curtis dei Joy Division, Mick Hucknall dei Simply Red, Anthony H. Wilson fondatore della Factory Records, Adam Ant e un giovane Morrissey degli Smiths. I Sex Pistols sono anche un esempio di comunicazione diretta ed efficace di un prodotto al pubblico: si discute ancora oggi se il loro costante atteggiamento anti-istituzione fosse spontaneo o programmato e finalizzato a conseguire quella notorietà indispensabile al successo. Altri sostengono che, in quel periodo di depressione sociale, in Inghilterra fosse abbastanza facile creare una band “contro”, e che l’intelligenza feroce e carismatica che John Lydon (aka Johnny Rotten) esprimeva nei testi e sul palco furono catalizzatori importanti. Ultimamente, però, nel bene o nel male, la responsabilità di ascesa e caduta dei Sex è stata attribuita tutta a McLaren, alla sua influenza e alla sua capacità di manipolare l’immagine e il comportamento dei membri della band: un vero genio del male e del marketing. Sul piano strettamente musicale, fra i gruppi più famosi influenzati dai Sex Pistols si possono citare Siouxsie & the Banshees, Nirvana, Oasis, Guns N’ Roses, Green Day, Big Audio Dynamite, Clash, ma sono milioni i ragazzi che hanno suonato le loro canzoni nei pub e nei garage di tutto il mondo. Che la famosa attitudine punk sia morta con Sid Vicious, nel momento in cui l’industria se ne è impossessata o quando, più banalmente, hanno compiuto trent’anni e papà li ha buttati per strada, e che sia sopravvissuta in altre forme, è una tesi condivisibile. Ma ci piace credere che una possibile erede del punk, in quanto anti-establishement e anti-corporation, sia la Rete con tutte le sue potenzialità fuori dal controllo del potere. E allora anche noi, e voi, siamo tutti un po’ punk! Fuck you! Navigazione articoli “A MOON SHAPED POOL” DEI RADIOHEAD: UNA RECENSIONE INVIDIOSA TODDI, COME SI REALIZZA UN GIORNALE GIAPPONESE