Negli Stati Uniti gli eventi sportivi comprendono non solo il match in sé, ma anche tutto un carrozzone di entertainment, spot pubblicitari e junk food che “avvolgono” lo spettatore in un’incredibile esperienza a 360 gradi. Basti pensare allo spettacolo dell’half time del Super Bowl, dove si esibiscono gli artisti più hot del periodo e dove per qualche manciata di secondi di spot le major cinematografiche si azzuffano a suon di milioni di dollari. In questo particolare contesto sportivo a stelle e strisce trovano posto le mascot (o mascottes), generalmente uomini con costumi da pupazzoni che fungono da simbolo della squadra e che in alcuni casi, oltre a intrattenerlo durante le pause, fungono da veri e propri “direttori” del tifo, orchestrando cori e a volte simpatici sberleffi verso gli avversari. Mascot è una parola di origini provenzali, cioè della Francia meridionale, che significa “portafortuna”: tipico è infatti il momento in cui la squadra di casa in difficoltà decide di utilizzare questo talismano per rinvigorire il pubblico e trasmettere fighting spirit al proprio team. Prima dei giganti pupazzi danzanti, le squadre avevano animali in carne ed ossa come mascot, pratica tuttora in uso seppur rara. Questo discorso nello stile di Piero Angela introduce bene il film tv Mascots, produzione originale Netflix del 2016, che segue le vicende di quelli che possiamo definire i “ripieni” dei pupazzi impegnati nel prestigioso (si fa per dire) Campionato Mondiale delle Mascot. Il film inizia come un mockumentary (un falso documentario) che ci presenta tutti i protagonisti della vicenda provenienti da varie parti degli Usa e del mondo, i quali hanno alle spalle le più disperate e tragicomiche vicende personali (che spaziano dai problemi coniugali alle mancate vocazioni religiose) e prosegue con i preparativi per la gara e il concorso vero e proprio, con tutti gli imprevisti che ne derivano. L’ambito trofeo assegnato al vincitore Il concorso si svolge in un clima divertente e surreale, in cui si alterna gente a cui del titolo in palio non interessa nulla, persone che approfittano del palcoscenico per sfogare tensioni interne e altre che ritengono l’essere mascot di una squadra una missione monastica, quasi sacra, di importanza tale da sentirsi al livello dei campioni che scendono in campo a giocare. Tra i nomi presenti nel cast di Mascots citiamo la vincitrice di Primetime Emmy Award e Golden Globe Jane Lynch (famosa per la sua partecipazione a Glee), Chris O’Dowd (il Roy di the IT Crowd), la leggendaria “Mamma di Stifler” Jennifer Coolidge, Parker Posey (vista anche nel recente Café Society di Woody Allen) e Bob Balaban (visto in Truman Capote- A Sangue Freddo, col compianto Philip Seymour Hoffman). Mascots distilla in maniera brillante 135 minuti di agrodolce comicità, di costumi colorati e vistosi che nascondono disagio e malcontento, e regala divertimento ben bilanciato e scene che entrano subito nella fantasia dello spettatore (su tutte l’esilarante esibizione di The Fist, il Pugno). Da guardare, rigorosamente con Pepsi e nachos con salsa chipotle a portata di mano. Navigazione articoli LOVESICK: LE CONSEGUENZE DELL’AMORE GOLION CONTRO VOLTRON