Numero 3593 del 2 ottobre

–   Copertina di Paolo Mottura, che si ispira alla storia sul Circo nel vecchio West, forse la prima di un nuovo ciclo e che, pur presentando (sul manifesto) i suoi principali esponenti, non chiarisce le idee su cosa c’entri Topolino e sul genere di storia che verrà presentata al lettore. Copertina buona, insomma, ma non di quelle che stuzzicano veramente la curiosità. La colorazione, inutilmente smorta, non aiuta.

–   Ombre della ribalta, di Giovanni Di Gregorio e Paolo Mottura: a Cornville, località sperduta del vecchio West dove non succede mai niente, arriva un giorno un circo carico di misteri. Tra la curiosità ed anche la diffidenza degli abitanti il circo riesce a tenere uno spettacolo e poi riparte il giorno dopo, portando con sé Topolino (Mick McMouse) ma non Minni (Milly), che pure vorrebbe farne parte. Giovanni Di Gregorio, noto autore bonelliano, con pochissime storie disneyane al suo attivo, non convince molto con questa storia che si fatica a seguire, molto confusa, priva di azione e con troppi personaggi inediti che devono ancora assumere una vera fisionomia. I disegni di Mottura, che pure è molto bravo, vengono presentati con una colorazione smorta, vagamente giallastra (forse a rappresentare l’ambiente semidesertico che fa da sfondo alla storia), e finiscono per rendere ancora meno interessante una storia nella quale, alla fine, non succede niente e le aspettative del lettore vengono deluse. Certo, questa potrebbe essere solo la storia introduttiva di una serie memorabile, ma se il buongiorno si vede dal mattino… e comunque 50 pagine abbondanti sono davvero troppe per una storia introduttiva.

Un esempio del Mottura “pittorico”, che esalta molti lettori ma che nulla aggiunge a una storia confusa

 

–   Demotivational coach, di Marco Bosco e Francesco Guerrini: tornano Filo Sganga e Paperoga, sempre alla ricerca di lavori nuovi ed improbabili. Dopo il “motivational coach” tocca adesso al “demotivational coach”, cioè a colui che deve dissuadere qualcuno da comportamenti maniacali ed ossessivi (in questo caso, eccessivo esercizio fisico per mantenersi in forma). Paperoga fa del suo meglio, ma esagera e finisce di demotivare un po’ troppo il suo cliente.

–   La principessa nella torre, di Davide Aicardi e Giulia Lomurno: nuova storia della serie “Paperino Paperotto”, che ci mostra un Paperino giovane e sognatore nel periodo vissuto alla fattoria di Nonna Papera. Stavolta la sua amichetta Betty Lou viene immaginata come principessa “prigioniera in una torre” (in realtà è chiusa in casa a fare i compiti). Come sempre, equivoci a non finire e doppia chiave di lettura, un po’ come avviene in “Calvin & Hobbes”.

–   La paglietta, di Marco Bosco e Carlo Limido: questa è una storia di quelle che “osano”, che vanno a scavare nel passato di Paperone inserendosi in quello che è ormai diventato il “canone” del mondo dei paperi, anche se non è ufficiale e non tutti gli appassionati lo accettano. Ci viene infatti proposto il Paperone appena giunto a Paperopoli agli inizi del ‘900, con tanto di sorelle al seguito (in una delle loro rarissime apparizioni) e, pur nella contraddizione con le storie di Don Rosa, nelle quali la Duckburg dell’epoca era solo un piccolo villaggio, la storia si legge con piacere, mostrandoci come inizialmente il reduce del Klondike volesse diventare un “papero di mondo” colto e raffinato, così da poter entrare nei club più altolocati: solo dopo aver fatto la conoscenza di un altro magnate, come lui di umili origini, Paperone tornerà quello di sempre. La storia è importante perché ci mostra quello che dovrebbe essere il primo incontro fra Paperone e Pico de’ Paperis (raffigurato coi “capelli” grigi e non bianchi), scelto dal primo come “pigmalione”, e che lo induce, allo scopo, a indossare la paglietta del titolo al posto della solita tuba. L’introduzione di Pico è di fondamentale importanza alla luce del fatto che il “canone” in cui la storia si inserisce prevede che sia proprio lui il marito di Matilda, una delle sorelle di Paperone, anche se un veto della Disney ha sinora impedito a Rosa (e a chi ne segue il canone) di rendere la cosa esplicita. Bosco ci va vicino, e si comprende facilmente come mai abbia inserito le sorelle di Paperone in una storia dove hanno poco spazio: purtroppo, più di tanto non può fare. Senza infamia e senza lode i disegni di Limido, comunque attento ai dettagli (come il colore della palandrana di Paperone, che passa dal blu dei vecchi tempi al rosso di oggi).

Pico coi “capelli” ancora grigi e Paperone con la vecchia palandrana blu

 

Numero 3594 del 9 ottobre

–   Copertina di Ivan Bigarella, memorabile in quanto dedicata all’atteso ritorno, dopo sette anni, del commissario Topalbano, geniale creazione di Francesco Artibani che è riuscito a dargli vita propria dopo averlo inizialmente tratteggiato come semplice parodia del famoso personaggio di Camilleri. Bigarella ci mostra Topalbano e ovviamente Topolino come se fossero due “pupi” siciliani (la storia infatti li riguarda), componendo un quadretto vivace ed estremamente espressivo e che certo fa di questa copertina una delle più riuscite dell’anno.

–   Il ferro di Orlando, di Francesco Artibani e Giampaolo Soldati: torna trionfalmente, dopo un’assenza di sette anni, il commissario Topalbano, in visita a Topolinia per uno “scambio” culturale e subito coinvolto in un furto commesso nel museo dove sono esposti alcuni “pupi”. La trama, molto complessa e che vede la vicenda svolgersi dapprima a Topolinia e, nella seconda parte, a Vigatta, viene appesantita da un gigantesco “spiegone” che chiude la vicenda nel buonismo generale, senza un vero villain a farla da padrone. Ciò non toglie che la storia sia brillante da molti punti di vista, piena di battute un po’ disneyane e un po’ camilleriane, con molti personaggi secondari (Irk e Manetta su tutti) a cui vengono dedicati dei bei siparietti, e con Topolino che lascia spesso e volentieri la scena al suo illustre collega, che peraltro dimostra un acume pari al suo. Pregevoli i disegni di Soldati, che con Topalbano si era già cimentato dieci anni fa: come sempre, una buona sceneggiatura spinge il disegnatore a dare il meglio di sé. Resta incerto il futuro del personaggio, che ormai, morto Camilleri e terminati i film per la televisione, vive di vita propria e si sta affiancando ai numerosi detective che affollano il commissariato e collaborano con Topolino (o meglio, lui collabora con loro): da Manetta, la cui importanza è molto cresciuta negli anni, a Rock Sassi, ad Irk. Sperabilmente, se le storie ambientate in Italia continueranno numerose, lo rivedremo presto.

I due protagonisti nel pieno della loro collaborazione

 

–   Lo spirito alpino, di Alessandro Sisti e Simona Capovilla: ennesima gara fra Paperone e Rockerduck per riuscire a costruire un gigantesco resort nelle Alpi Piemontesi (la storia si svolge a Cuneo, ultima delle numerose città italiane nelle quali vengono ultimamente ambientate molte storie disneyane). Come sempre Paperone avrà la meglio, ma le Giovani Marmotte (i nipotini in particolare) lo convinceranno a non deturpare il panorama alpino. In fondo, “se un affare manda Rockerduck in sollucchero, dev’essere un cattivo affare”.

313 per quattro alla seconda, di Massimiliano Valentini e Marco Palazzi: seguito della storia pubblicata un anno fa, e che vede Paperino usare la sua macchina per fare del “car pooling” (dare passaggi a gente che non vuole usare la sua né prendere i mezzi). I suoi “clienti” saranno zio Paperone, Pico e Ciccio, ma il viaggio finirà in un disastro: Paperino arriverà tardi al concorso felino al quale voleva esibire Malachia, la macchina gli si rompe, e alla fine tutti dovranno tornare in autobus, per di più in compagnia degli odiati Gastone, Brigitta e Rockerduck.

 Stuff recoverer, di Marco Bosco e Francesco Guerrini: nuova storia della serie che vede l’agenzia di Filo Sganga fornire volontari (in realtà il solo Paperoga) per svolgere lavori improbabili. Stavolta quello che serve è uno “stuff recoverer”, cioè qualcuno che recuperi oggetti prestati e mai restituiti. Come sempre Paperoga se la cava bene, ma commette un errore fatale: tra questi oggetti c’è anche una betoniera, che viene usata per trasportare tutti gli altri… solo che viene messa in funzione. Disastro inevitabile.

 La soluzione intelligente, di Marco Bosco e Giampaolo Soldati: Bosco, che negli ultimi tempi sta diventando uno sceneggiatore prolifico e con molte storie importanti al suo attivo, ci propone una classica avventura con Amelia protagonista, in un ennesimo tentativo di impadronirsi della “numero 1” di Paperone. Il lato interessante di questa storia è il ritorno della strega Roberta, famosa controparte magica di Archimede, e che fu introdotta dal grande Rodolfo Cimino nel lontano 1971. Roberta, strega amante della scienza, è venuta spesso in aiuto di Amelia quando le difese ideate da Archimede sembrano prevalere sulle sue arti magiche, anche se di tanto in tanto i due rivali finiscono per andare d’accordo (se non d‘amore), come nella recente “le streghe vulcaniche”. In questa occasione Roberta decide di attaccare il deposito senza servirsi della magia, che verrebbe subito riconosciuta e neutralizzata dalle difese di Archimede, e costruisce Gloria, un androide con la personalità di Amelia e che, fingendosi una giornalista, riesce a entrare nel deposito e impossessarsi della moneta. Gloria, però, è fin troppo intelligente e decide di tenersi la moneta e l’amuleto che ne verrebbe fuori, e le due streghe devono fermarla prima che sia troppo tardi. Archimede e Paperone finiscono l’opera. Ben disegnata da un Soldati in gran forma (è alla seconda storia importante di questo numero), questa storia è di buon livello, pur non essendo fra le migliori di Marco Bosco, e pur restando lontana dal capolavoro ciminiano; tuttavia fa molto piacere rivedere in azione Roberta, fra i pochi personaggi ideati da Cimino, oltretutto col look e con la personalità originali. Bosco, che pure vanta già centinaia di sceneggiature al suo attivo, sembra aver cambiato passo negli ultimi tempi, con diverse storie che si rifanno al passato e vanno ad inserirsi nel “canone” innovandolo senza stravolgerlo. Continuerà su questa strada?

Soldati rende assai bene sia Amelia sia la sua amica Roberta

 

 

Numero 3595 del 16 ottobre

–   Copertina di Andrea Freccero, estremamente particolare in quanto vi compare Anacleto Mitraglia in una prima assoluta: personaggio considerato l’equivalente italiano del terribile vicino Jones, Anacleto compare di rado sulla rivista, anche se la sua rivalità con Paperino è leggendaria. La copertina ce lo mostra mentre sgombra le foglie dal suo giardino mandandole a ricoprire Paperino sull’amaca. Bravo Freccero, in quella che è una piccola gag slegata da ogni storia particolare e dedicata all’arrivo dell’autunno; bravo il colorista (Mario Perrotta) a rendere visivamente l’idea di questa “mezza stagione”.

–   L’illustre fortunato, di Marco Nucci e Stefano Intini: terza puntata della “riscoperta” di Gastone, iniziata anni fa con la celebratissima “solitudine del quadrifoglio” e che ha visto il fortunatissimo cugino di Paperino prendere coscienza del fatto che oltre ai soldi anche la fortuna non porta la felicità. Il Gastone trasformato da Nucci è ora un papero che cerca di “fare” qualcosa (per esempio sta studiando pittura) e cerca di ritagliarsi degli spazi e delle amicizie cercando di non incorrere nella sua buona sorte; ha persino trovato, se non l’anima gemella, una persona con cui, se son rose, fioriranno: Priscilla di Farmtown. Ma non è Priscilla ad accompagnare Gastone in un viaggio in Italia, più precisamente a Brescia, ma la zia Olivia, introdotta un anno fa nella seconda storia di questa “riscoperta”, e la cui presenza annulla (a Paperopoli) o riduce (altrove) la sua fortuna. Proprio per questo, per passare inosservato in quello che per lui è un viaggio alla scoperta dell’arte italiana, Gastone la porta con sé. Da Brescia i due si sposteranno in tutto il Nord Italia, cercando di capire se un tale raffigurato in un quadro del Paperaccio sia in effetti un loro antenato. L’insolita caccia al tesoro si concluderà con un nulla di fatto (anche se in effetti Gastone non si sbagliava), ma servirà a far crescere ulteriormente Gastone, dandogli fiducia in sé stesso e riuscendo a fargli prendere sul serio il suo hobby, la pittura: la storia si concluderà con un suo memorabile ritratto di Priscilla, mentre anche la zia Olivia tornerà alla sua antica passione: disegnare abiti. Proprio la zia Olivia è la vera protagonista della storia, scontrosa e scostante al limite dell’antipatia, ma animata da buone (e pragmatiche) intenzioni. Personaggio decisamente insolito e poco disneyano, nei suoi modi scostanti, nel suo rapporto col nipote (che si ostina a chiamare “passerotto”), nella sua flemmatica, spesso glaciale indifferenza, Olivia potrebbe diventare una presenza fissa in un mondo mai troppo affollato di personaggi. Per quanto la storia venga molto appesantita dalla necessità (evidentemente imposta dall’alto) di “fare pubblicità” al nostro paese e alle sue città d’arte, l’approfondimento, non solo di Gastone, ma anche delle persone con cui si relaziona, non è affatto banale. Se Nucci ci tornasse su più di una volta all’anno, magari… buoni, ma solo a tratti, i disegni di Intini, subentrato al più brillante Stefano Zanchi come disegnatore della “riscoperta”.

Olivia sa rendersi odiosa, e Intini sa rendere bene questo aspetto della sua personalità

 

–   Tutti sospetti, di Niccolò Testi e Marco Mazzarello: Testi è uno dei due nuovi autori che hanno esordito alcuni numeri fa, e nell’occasione si era cimentato con i Paperi; in questo numero si dedica a Topolino, protagonista di un giallo molto classico nel suo svolgimento e con numerose citazioni cinematografiche. Un’attrice in pensione, Vera Swan, viene derubata di una serie di cimeli preziosi, tra cui uno destinato ad un museo di Ratville: il museo manda a Topolinia un detective privato, Leo Baskerville, che rivelatosi meno burbero e scontroso rispetto ai cliché del suo personaggio, familiarizza subito con Topolino e infine risolve il caso insieme a lui, arrivando alla soluzione prima dei vari Manetta, Irk e Rock Sassi (tutti presenti nella complessa indagine). Soluzione con un colpo di scena, oltretutto. Chi sia veramente questo detective, che toglie la scena a tutti i protagonisti di questo giallo, rimane un piccolo mistero nel mistero. Non un capolavoro, questa ennesima storia in cui Topolino, sulla falsariga di tante avventure degli anni ’60 e ’70, si limita a fare il detective, e con Minni che non va oltre il ruolo di cuoca (Leo Baskerville è sempre affamato); e tuttavia, anche se la trama non è certo nuova (qualcuno l’ha persino accostata alla mitica “unghia di Kalì”), Testi sa svilupparla con una certa freschezza e con la giusta dose di innovazioni, pur nell’ambientazione volutamente “rétro” (niente cellulari, niente computer, mancano solo le pellicole al posto dei Dvd). Mazzarello se la cava bene, con una costruzione delle tavole molto cinematografica, frequenti zoom, cambi di prospettiva e vignette che vanno a sovrapporsi senza creare confusione. Ottimo il suo Topo; non allo stesso livello gli altri personaggi.

Mazzarello disegna un ottimo Topolino e un Leo Baskerville solo discreto

 

–   Il nuovo hobby di Paperoga, di Rudy Salvagnini e Valerio Held: Paperoga vuole diventare ventriloquo e a questo scopo si serve di Pappy, un pupazzo che gli assomiglia. Paperino decide di fargli uno scherzo, fingendo che il pupazzo possa animarsi come succede nei film horror, e ne prende il posto (dopo essersi travestito come il pupazzo) muovendosi e parlando quando il cugino non se l’aspetta. Lo scherzo riesce, almeno finché Paperoga non lo scopre, ma forse il pupazzo aveva davvero una vita propria…

–   Lastre e flash, di Corrado Mastantuono: breve storia in B/N della serie “Don’t worry, Bum happy” (a quasi un anno dall’ultima) che, come quelle che l’hanno preceduta, consiste in una serie di gag mute centrate sul personaggio di Bum Bum Ghigno, stramba creazione dell’autore romano che appare di rado nonostante grandi potenzialità comiche. In questa storia le gag ruotano intorno ad una radiografia, chiesta dal medico per capire le cause della tosse che affligge Bum Bum, e che ogni volta mostra gli oggetti più disparati.

–   La caccia al tesoro nei secoli, di Gorm Transgaard e Andrea Freccero: storia di produzione scandinava, ma disegnata dal nostro Freccero, vede Paperino alle prese con un misterioso cubo, trovato in un prato dai nipotini e in grado di trasportare ogni tipo di oggetto attraverso il tempo. Per evitare che arrivino anche oggetti pericolosi, Paperino, con l’aiuto di Archimede, deve a sua volta viaggiare nel tempo seguendo le istruzioni fornite dallo stesso cubo e procurandosi altri oggetti… finché non arriverà una famiglia di extraterrestri a recuperare il cubo, che era solo un giocattolo educativo del loro “bambino”.

 

Numero 3596 del 23 ottobre

–   Copertina di Giuseppe Facciotto, ispirata, anche se vagamente, alla nuova storia della serie “Lord Hatequack presenta”. Paperino legge un libro di “Misteri” mentre dall’acqua una creatura mostruosa, che non sembra preoccuparlo minimamente, incombe su di lui… minacciosa o amichevole? Buon lavoro di Facciotto, indubbiamente (anche per la colorazione di Mario Perrotta, che rende bene l’idea di una notte di luna piena), per quanto la copertina non sia da applausi e non stuzzichi poi tanto la curiosità del lettore.

–   Metallo pesante, di Tito Faraci e Lorenzo Pastrovicchio: torna, a un anno dalla sua ultima apparizione, la famosa “variante” di Paperinik, ormai diventato supereroe effettivo e a tempo pieno: PK! La storia è un seguito di “Rinascita”, e narra di come Paperino/PK stia cercando di tornare sulla Terra in compagnia di un certo Kilborg, fuggito insieme a lui da una prigione evroniana. Fin qua tutto è chiaro. Lo è molto meno ciò che succede nel corso della storia, che con sole 40 pagine (laddove quelle di PK ne avevano più di 60) si riduce a una lunga serie di scazzottate contro nemici di ogni tipo e provenienza, e al suo termine, dopo il consueto finale buonista, lascia il lettore più seccato che desideroso di sapere cosa succederà nella prossima storia (che si speri arrivi prima che sia passato un altro anno). Siamo di fronte a un clamoroso passo falso della coppia Faraci/Pastrovicchio che, dopo il buon risultato di “Rinascita”, non riesce a far proseguire la storia con lo stesso dinamismo, né riesce a ricreare le particolari atmosfere del PK originale, supereroe che certo poco assomiglia a Paperino, ma neanche scopiazza quelli d’oltreoceano limitandosi a menare le mani tra una battuta e l’altra. L’idea di Faraci, ineccepibile, è quella di reintrodurre PK sulla rivista, cercando di avvicinarlo al Paperinik (se non al Paperino) tradizionale, e smussandone i lati più estremi, quelli che lo fanno sembrare del tutto avulso dal mondo disneyano al quale pure dovrebbe appartenere. Il risultato, in storie troppo brevi, finisce per deludere da ogni punto di vista: questo PK non è più quello di una volta, ma neanche ricorda il Paperinik tradizionale. Eppure sulla rivista non mancano storie di lunghezza adeguata, anzi, ne compaiono sempre di più: la stessa “Rinascita” aveva 70 pagine, la lunghezza ideale per approfondire i personaggi e fare evolvere lentamente ma sicuramente la storia. Possibile che Faraci non lo abbia capito? Pastrovicchio, ai disegni, è sempre ottimo, ma a sua volta appare meno convincente rispetto ad altre sue prove; il colore della storia, soprattutto, non convince né aiuta a districarsi fra un combattimento e il successivo. Non resta che sospendere ogni giudizio in attesa delle storie future, e sperare che Faraci sappia raddrizzare la rotta già dal prossimo episodio.

Quando si tratta di mostrare PK in piena azione Pastrovicchio non è secondo a nessuno

 

–   Il manuale del trovamostri, di Giulio Gualtieri e Roberto Vian: nuova storia della serie “Lord Hatequack racconta” e che vede Paperino, che inizialmente prende in giro Paperoga e la sua strana idea di diventare un “trovamostri”, finire per crederci a sua volta, con tanto di incubi notturni e persino di un manuale, sia online che cartaceo, trovato tramite un sito consigliatogli dal cugino. Neanche i nipotini riescono a distoglierlo da questa idea, ma alla fine il lettore resta col dubbio: questi mostri esistono davvero?

–   Domande e risposte, di Tito Faraci e Giulia La Torre: a casa di Pippo, Orazio mette in funzione uno strano oggetto piramidale, la cui provenienza non è chiara, e invita il suo amico a provarlo. Si tratta, in sostanza, di una delle pseudo AI che oggi vanno tanto di moda, in teoria in grado di rispondere ad ogni domanda, in pratica ben poco utile. La sola volta che dà una risposta sensata (quale sia il tempo di cottura degli spaghetti) Pippo resta comunque insoddisfatto.

–   Il segreto del papiro, di Marco Bosco e Giampaolo Soldati: Paperone e Rockerduck vincono congiuntamente, ad un’asta, un antico papiro della civiltà Anatrazi. Il papiro in sé ha grande valore e viene decifrato con l’aiuto di Pico, di Archimede e di tecnologie ultramoderne, scoprendo che parla di una “casa dell’oro”. L’insolito quartetto parte alla sua ricerca, la trova nel Paperal, alle sorgenti del Rio Pigro, ma scopre anche che l’oro in questione altro non è che un mucchio di noci, che gli Anatrazi consideravano molto preziose.

–   I vichinghi perbene e la biennale barbarica, di Roberto Gagnor e Andrea Malgeri: Topjorn e Minniborg sono due “vichinghi per bene” dell’Alto Medioevo, e il primo si reca, con Horazjold e Pippulk, alla “Biennale di Arti non grezze” di Venezia, per uno scambio culturale. Lì si scontrano con Cafonarico, capo dei Vandali, tutti barbari e sgrammaticati. Ogni tentativo di civilizzarli fallisce, finché Gambadilegnurk, che si era nascosto nel drakkar di Topjorn, non riesce ad ammansirli mettendosi a cantare. A quanto pare ha inventato un nuovo genere musicale: l’Heavy Metal!

 

Numero 3597 del 30 ottobre

–   Copertina di Paolo Mottura, dedicata a Giacomo Puccini, del quale ricorre a novembre il centenario della morte. Paperone, con aria languida e vestito con eleganza, assiste a un’opera (la Bohème, come si legge nel bozzetto della copertina a pagina 6). Ben disegnata e simpatica, con un Paperone un po’ diverso dal solito, la copertina resta comunque un po’ fredda e difficilmente farà colpo in chi è poco interessato all’opera lirica. In redazione dovrebbero mettersi d’accordo: la rivista è rivolta a un pubblico di adolescenti, nel qual caso è inutile che parli di un certo tipo di musica, o si vuole ammettere che la leggono solo adulti nostalgici, nel qual caso perché insistere con tematiche adolescenziali e censure grottesche?

–   500 piedi: ci sono più cose in cielo e in terra… (1° puntata), di Bruno Enna e Davide Cesarello: l’appetito vien mangiando, e la premiata coppia Enna/Cesarello ci riprova, dopo l’enorme successo del loro “Gli evaporati”, straordinario romanzo (data la lunghezza, ben 12 puntate e 324 pagine, lo si può definire tale) di fantascienza distopica che si è affermato come una delle migliori storie disneyane del 2023. Di nuovo fantascienza, di nuovo Topolino e i suoi amici al centro di una vicenda ricca di mistero, che inizia quando Orazio, in visita dai suoi zii Carpazio e Wanda, nel Kansas, viene “sopraffatto” da tre strane luci che gli volteggiano intorno per poi risvegliarsi in mezzo ad alcuni cerchi nel grano. Il mistero, pagina dopo pagina, diventa sempre più fitto, tra alieni, uomini in nero, ufologi, gente che scompare e un Topolino che, nonostante l’aiuto di Minni, Pippo e Clarabella, perde ben presto il controllo della situazione, vittima non si sa di chi e non si sa perché. Per il momento la trama non brilla per chiarezza, i misteri sono innumerevoli e indecifrabili, ma la suspence è altissima, il ritmo perfetto e il cliffhanger con cui si chiude la puntata (la prima di ben sei) veramente unico. Cesarello tocca vertici incredibili, arrivando a ricordare il miglior Cavazzano: con questa storia si può dire, ormai senza timore di sbagliare, che siamo di fronte al miglior disegnatore del “nuovo corso”, tra i pochissimi che potranno venire accostati ai migliori del passato, gli Scarpa, i De Vita, i Cavazzano. Il suo tratto è perfetto, la gamma delle espressioni che riesce a rendere sterminata, le inquadrature da urlo, la costruzione della pagina, tradizionale ma innovativa quando serve, ineccepibile, i colori (di cui ha fatto la supervisione) ideali in ogni ambiente e con ogni luce. Sarà difficile fare meglio de “Gli evaporati”, ma la direzione sembra quella, anche se dovremo attendere altre cinque puntate.

La perfezione di Cesarello si vede dalla ricchezza di dettagli, dalla gamma di espressioni, dalla composizione della vignetta e dalla resa di luci e ombre

 

–   Una lieve influenza, di Tito Faraci ed Enrico Faccini: tornano “Gli allegri mestieri di Paperino” con un lavoro abbastanza insolito ma molto alla moda: l’influencer. In sostanza Paperone chiede al nipote di reclamizzare in video certi prodotti sul nuovo social “Clic Clac”, il che farà di lui un famoso influencer. L’idea funziona, ma a rovescio: Paperino si copre di ridicolo e nessuno compra i prodotti reclamizzati. Alla fine si scoprirà che il furbo zio gli ha fatto reclamizzare quelli di Rockerduck, non i suoi, avendo previsto i disastri che il nipote avrebbe combinato.

Simpatica l’idea delle vignette simili allo schermo di uno smartphone, con tanto di “faccine”


–   Il procrastinatore
, di Giovanni Eccher e Blasco Pisapia: l’ispettore Manetta, dopo avere arrestato Gambadilegno, deve compilare un rapporto sulle indagini svolte. Nonostante faccia gli straordinari in commissariato, la voglia di portare a termine un lavoro così noioso è talmente poca che Manetta, tra video di gattini, macchine del caffè da riparare e sonno da recuperare, finisce per arrivare al mattino senza aver combinato nulla. Per sua fortuna Gambadilegno è già evaso e del rapporto non c’è più bisogno.

–   L’opera inattesa, di Alessandro Sisti e Simona Capovilla: Paperone e i nipoti, in compagnia di Lucilla, l’amica toscana dei nipotini, si trovano a Torre del Lago Puccini alla ricerca del finale perduto della Turandot, che sperano di trovare per mezzo dei retrocchiali, così da scoprire “in diretta” cosa ne avesse fatto il Maestro. In realtà Paperone sta solo fingendo di avere i retrocchiali per prendersi gioco di Rockerduck, che lo sta spiando, e il suo vero scopo è trovare una vecchia foto di Paperopoli scattata in sua presenza da Puccini stesso ai primi del ‘900. La foto gli varrà il titolo di “cittadino dell’anno”.

–   Alla ricerca della melaurea perduta, di Matteo Venerus e Giada Perissinotto: Paperone è alla ricerca della “melaurea”, una mela di incredibile bontà che gli permetterebbe guadagni astronomici nel settore ortofrutticolo. Aiutato dal fido Battista e da Betty, intraprendente fruttivendola che conosce la leggenda della mela, Paperone ne trova i semi: tradito da Betty, se li vedrà soffiare da Rockerduck. Ma la leggenda dice anche che la mela non può essere usata per arricchirsi, e Rockerduck si ritroverà con montagne di frutti dal sapore disgustoso. Betty, pentita, si scuserà con Paperone, col quale si metterà in affari offrendogli la frutta da lei stessa coltivata.

Molto buono il Paperone della Perissinotto, ottimo e originale il suo Battista

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *