Capitan America è uno dei personaggi più popolari e conosciuti della Marvel. Non è stato il primo supereroe a tema patriottico, ma è di sicuro il più noto grazie alla sua lunga vita editoriale. Creato nel 1940 da Joe Simon e Jack Kirby, pubblicato fino al 1946 (con un breve revival nel 1954) è stato riportato nel nascente Universo Marvel da Stan Lee e Jack Kirby nel leggendario Avengers n. 4 del 1964. Da quel momento in poi è diventato una colonna all’interno dell’universo narrativo delle Casa delle Idee, guidando gli eroi nei momenti di crisi, faro morale e ispiratore di almeno tre generazioni di eroi. Indossando i colori della bandiera statunitense, a un’occhiata superficiale potrebbe dare l’impressione di un personaggio nazionalista e propagandistico, ma nella realtà dei fatti Cap è un personaggio di tutt’altra pasta. Sebbene, durante la Seconda guerra mondiale, sia nato con quello scopo, con il tempo la sua visione si è modificata. Ecco di seguito alcune delle storie che posso aiutare a far capire meglio la personalità dell’eroe a stelle e strisce. 1 – IL CICLO DI LEE & KIRBY (1964) Appena riportato in vita negli anni sessanta, Cap è stato subito protagonista di una serie da solista. Condivideva infatti le pagine dell’albo Tales of Suspense con Iron Man. Fin da subito è chiara la versione che i due autori vogliono dare: se da una parte Cap è un veterano di guerra, esperto sul campo di battaglia e in grado di tener testa a tutti i nemici, dall’altra Steve Rogers è un uomo fuori dal suo tempo. Cresciuto durante gli anni della Grande depressione economica, si ritrova in un mondo che non gli appartiene, in cui gli usi e costumi della società gli sono estranei. Viene caratterizzato come un nostalgico, giovane e aitante fuori ma dentro è un veterano che porta dentro di sé il trauma di aver perso la sua spalla, Bucky Barnes. Le sue avventure erano spesso legate all’incubo del nazismo che ritornava a farsi vivo, con gerarchi come il barone Zemo e soprattutto la sua nemesi, il Teschio Rosso, sopravvissuti alla guerra come lui e pronti a riprendere con gli orrori del passato. Le storie di Lee e Kirby sono state pubblicate su Tales of Suspence a partire dal numero 58 e hanno proseguito fino al 100, quando la testata cambierà titolo in Captain America. Memorabili in tale senso le storie “Mezzanotte al castello Greymoor” ambientata nella Seconda guerra mondiale, in cui Cap e Bucky sventano il bombardamento di Londra ad opera di uno scienziato che collaborava con i nazisti (numero 71), la saga dei Dormienti, in cui tre giganteschi robot dei nazisti si risvegliano ai giorni nostri con il compito di distruggere la Terra, e Cap in una sfrenata corsa contro il tempo deve riuscire a fermarli (numeri 72/74) e la saga del Cubo cosmico, oggetto in grado di avverare i desideri di chi lo impugna, caduto nelle mani del Teschio Rosso (numeri 79/81) 2 – STANOTTE MUOIO! (1969) Una delle saghe più note e amate del personaggio, oggetto di culto perché le uniche disegnate dal geniale Jim Steranko è una trilogia (Captain America n. 110, 111 e 113 con in mezzo un fill-in di Kirby) passata alla storia per le atmosfere noir e certe sequenze grafiche di Steranko ispirate alla pop art e allo stile psichedelico. Cap si ritrova a prendersi cura di Rick Jones, spalla dell’Incredibile Hulk. Il ragazzo lo convince ad accompagnarlo in missione nel ruolo di nuovo Bucky, storica spalla del Capitano morto in guerra. La storia evidenzia i sentimenti dei due eroi; da una parte Cap che si trova combattuto tra la nostalgia dei suoi ricordi di guerra con Bucky e dall’altra la paura di averne di nuovi con Rick. Dal canto suo il ragazzo sente il peso di dover essere all’altezza della leggenda di Bucky, cosa che lo opprime e lo sconforta. Nel frattempo, i terroristi dell’Hydra guidati da Madame Hydra attaccano Steve Rogers, non avendo più in quel momento un’identità segreta, e rapiscono Rick, tendendogli un agguato in cui l’eroe sembra cadere, crivellato di colpi. Il terzo atto è la struggente commemorazione dell’eroe, in cui i Vendicatori presenti al funerale cadono in una trappola tesa loro dall’Hydra, che inonda di gas la camera mortuaria. Gli eroi più potenti della Terra vengono sepolti vivi: a nulla serve l’intervento di Rick, ma l’arrivo di Cap, evidentemente sopravvissuto, riesce a ribaltare la situazione. Un’entrata epica che trasmette tutta la forza dell’eroe. La storia di Steranko è un gioiello sia per i testi sia per i disegni, entrata prepotentemente nell’immaginario collettivo e citata da molti artisti ispirati dalle sue tavole. 3 – L’IMPERO SEGRETO E NOMAD (1974) È uno dei cicli più noti e che meglio caratterizzano Cap. Scritto da Steve Englehart e disegnato da Sal Buscema, l’impero Segreto pubblicato su Captain America n. 169-176 è stato un arco fondamentale per il personaggio, mostrando al pubblico come l’eroe, pur essendo un fervente patriota, tanto da indossare letteralmente la bandiera, non fosse un sostenitore del paese in qualunque circostanza, ma che è capace di inorridire davanti a certe azioni compiute dal governo. Era il 1974, appena dopo lo scandalo Watergate che travolse il presidente Richard Nixon, ed Englehart si chiese come poteva reagire Capitan America davanti alla corruzione che dilagava nella politica. Nella storia, Cap subisce una campagna denigratoria sui media da parte del “comitato per la riconquista dei principi americani” che arriverà a incastrarlo per omicidio. Latitante e con l’opinione pubblica contro, per la prima volta Cap, accompagnato dal fedele amico Falcon, risale la china scoprendo che dietro alla congiura c’è l’Impero Segreto, un gruppo sovversivo che, guidato dal misterioso “Numero Uno” sta cercando di compiere una sorta di colpo di stato. Il provvidenziale intervento di Cap e Falcon, aiutati dagli X-Men, riesce a mandare all’aria il complotto, ma il nostro eroe scopre con stupore che sotto il cappuccio del Numero Uno c’è un alto funzionario del governo (non lo vediamo mai in volto, ma molti elementi ci fanno supporre che potrebbe trattarsi del presidente stesso), il quale, ormai smascherato, decide di suicidarsi. A causa della sconcertante rivelazione, Steve Rogers decide di rinunciare al ruolo di Capitan America, non essendo più in grado di rappresentare quel paese che lo ha deluso. Qui inizia la saga di Nomad (dal n. 177 al 184) in cui Steve decide di inventarsi una nuova identità mascherata e, sentendosi ormai un uomo senza patria, si ribattezza Nomad. Nel frattempo alcuni personaggi più o meno insoliti cercando di diventare il nuovo Cap, con risultati disastrosi. Il più motivato di questi, un giovane acrobata di nome Roscoe Simons, verrà trucidato dal Teschio Rosso. La morte del giovane spinge Steve Rogers a comprendere che ora più che mai c’è bisogno di Capitan America, simbolo di speranza e rappresentante di quei valori in cui la gente ormai disillusa pare non credere più. La storia mostra per la prima volta la contrapposizione tra l’America ideale rappresentata da Cap e l’America reale piena di contradizioni, tensioni razziali e ingiustizie sociali. 4 – DAS ENDE (1984) La conclusione di un lungo ciclo scritto da J.M. De Matteis, cominciata su Captain America n. 261 nel 1981, avviene sullo storico numero 300 della serie, in cui il nostro eroe ha lo scontro “definitivo” con la sua nemesi, il Teschio Rosso. In questo triennio l’autore approfondisce la natura nostalgica di Steve Rogers e i suoi problemi a relazionarsi, instaurando una relazione con una donna molto più giovane di lui, l’ebrea Bernie Rosenthal. È una relazione ricca di amore, ma anche di conflitti generazionali tra una ragazza degli anni ottanta e un uomo cresciuto nei quaranta. Le storie di questo periodo sono ricche di approfondimenti a tema sociale, in cui De Matteis affronta le contradizioni del “sogno americano” e le condizioni degli afroamericani. Inoltre è stato uno dei primi a parlare di omosessualità, introducendo il personaggio di Arnie Roth, un vecchio amico di Cap che è gay. Il numero 300 vede il Teschio Rosso, ormai invecchiato e prossimo alla morte, orchestrare un piano allo scopo di venire finito in combattimento dal suo nemico di sempre, minacciandolo di uccidere tutti i suoi affetti. Vediamo Cap, invecchiato artificialmente, convinto della morte dei suoi cari, in preda all’odio essere sul punto di uccidere il suo nemico, ma all’ultimo si ferma, deciso a non venir meno al suo codice morale. Il piano del Teschio era quello di spingere il Capitano a tradire la propria etica, andando all’altro mondo con una vittoria “morale” sul suo nemico, ma Cap lo priva di questa ultima gioia, mantenendosi integro anche di fronte alla tragedia. 5 – RINASCITA DI FRANK MILLER (1986) Frank Miller non ha mai scritto la serie regolare di Capitan America, ma ne dà una descrizione perfetta durante il suo ciclo più prestigioso su Daredevil ossia, Rinascita. Sulle pagine del numero n. 233 delle serie di Devil, Capitan America viene a sapere di Nuke, un folle psicopatico che ha messo a ferro e fuoco il quartiere di Hell’s Kitchen. Costui veste ed è equipaggiato come un soldato americano e porta i colori della bandiera tatuati sul volto. Cap va dal generale dell’esercito Hayworth (colluso con Kingpin) per chiedere informazioni al riguardo, ma il generale, facendo appello alla sua fedeltà al paese, gli dice di non potergli rivelare l’’informazione top secret. Cap gli risponde in modo solenne e senza possibilità di alcuna smentita di “non essere fedele a nulla tranne che al Sogno” alludendo al Sogno Americano. Disobbedendo al generale, Cap si reca in segreto negli archivi scoprendo che Nuke è l’ennesimo tentativo di replicare lo stesso Capitan America, un supersoldato da poter mandare in guerra, in quel caso quella del Vietnam. Interessate notare come Cap si domandi come poteva finire la Seconda guerra mondiale se lui non fosse stato l’unico supersoldato, potendo riuscire a vincere “con le mani pulite” senza ricorrete alla bomba. Nel frattempo Nuke evade, Cap cerca di fermarlo ma mentre lottano i soldati dell’esercito, agli ordini di Hayworth, sparano sui due per mettere a tacere Nuke in modo che non riveli i legami tra il generale e il signore del crimine di New York. Devil eviterà che Cap venga colpito, ma non potrà salvare Nuke, che muore insieme ai suoi segreti. Ancora una volta viene rimarcata, in modo esaustivo, la netta separazione che c’è tra Capitan America e il governo, capace di azioni meschine. 6 – IL NUOVO CAP (1987) Ancora una volta i contrasti tra Cap e il governo sono al centro di un arco narrativo, scritto stavolta da Mark Gruenwald e disegnato da Kieron Dwyer. I membri di una commissione governativa che risponde al presidente costringe Capitan America a rispondere direttamente a loro, diventando di fatto un G-Man. Non volendo perdere la propria autonomia per rispondere agli ordini del governo, Steve Rogers non accetta la proposta, ma si vede obbligato a consegnare scudo e costume. La commissione decide di consegnare il ruolo a John Walker, un forzuto supereroe nazionalista. Se la trovata di far rinunciare Rogers non era una novità in casa Marvel, quella di creare un nuovo Capitan America che travisasse gli ideali di Cap era un concetto del tutto nuovo che trovò il favore del pubblico. Gruenwald voleva una sorta di anti-Cap, ossia un cattivo patriota, un personaggio più violento. Sebbene nelle primissime apparizioni Walker veniva descritto come un personaggio negativo, con il proseguire degli episodi lo sceneggiatore ne addolcisce il carattere, mostrandolo sì come un energico reazionario, ma anche dotato delle migliori intenzioni e con buoni sentimenti, mostrandocelo molto più umano. La serie si divide in due linee narrative, da un lato Steve Rogers, ora con indosso un costume nero e definendosi solo “il Capitano”, privo del suo rango e del suo prestigio, agisce spesso ai margini della legge, mentre dall’altra si assiste agli sforzi fatti da Walker per essere all’altezza della leggenda di Capitan America. Gruenwald analizzava cosa significasse essere Capitan America; non un supersoldato tutto muscoli ma il rappresentante di un’etica che anche in tempo di guerra non deve venire corrotta. Invece Walker, dopo che i suoi genitori vengono uccisi per rappresaglia, diventa violento e sanguinario, uccidendo i nemici in modo brutale. Si scoprirà essere tutto un complotto orchestrato dal redivivo Teschio Rosso, ordito per screditare Capitan America e distruggerne la reputazione. Il tutto in una lunga run durata da Captain America n. 332 al n. 350. 7 – L’AVVERSARIO (2001) John Ney Riber e John Cassady descrivono magistralmente il Capitan America post 11 settembre. Cap è il personaggio che risulta maggiormente colpito dall’abbattimento delle Torri gemelle. Una storia in cui, nella tragedia, si cerca di dare luce alla speranza e, a detta dello sceneggiatore, a “risvegliare la coscienza degli americani” senza cadere in una cieca spirale d’odio. La storia inizia a ground zero, dove Steve Rogers aiuta a cercare superstiti tra le macerie. Qui viene contattato da Nick Fury per andare in missione, ma Cap si rifiuta categoricamente. Il suo posto è lì, ad aiutare “quelli che potrebbero avere cinque minuti di ossigeno o di sangue prima di morire”. Cap non è spinto dall’odio o dalla vendetta, ma dalla compassione e dall’umanità. Sventerà un tentativo di linciaggio di un ragazzo di origine pakistana da parte di un uomo che ha perso la figlia nell’attentato. La storia prosegue in una cittadina americana di provincia, in cui la cittadinanza viene presa in ostaggio da dei terroristi guidati dal misterioso Al Tariq. Scopriremo che l’apparente pacifica cittadina ha una fabbrica di componenti per mine antiuomo, e che molti dei sequestratori sono ragazzini con arti artificiali rimasti mutilati da quelle stesse mine prodotte lì. Un cambio di prospettiva in cui Riber ci mostra che, a suo giudizio, l’attentato alle Torri gemelle è la conseguenza della politica estera sbagliata degli Usa nel tempo. Capitan America arriverà ovviamente a salvare i suoi concittadini evitando un’altra tragedia, ma nel farlo pare dover uccidere inevitabilmente il terrorista. Per impedire altre ripercussioni verso il suo paese si smaschera in diretta mondiale, assumendosi ogni responsabilità. Una storia che vede l’odio indiscriminato come nemico e che abbandona ogni retorica nazionalista, mostrando ancora una volta un Cap a tutto tondo, che si pone domande sulle azioni compiute dal proprio governo. 8 – IL SOLDATO D’INVERNO (2005) Nel corso di 40 anni di vita editoriale, Bucky Barnes era rimasto morto, dando a Capitan America il senso di colpa del sopravvissuto. Sebbene nel corso dei decenni Cap avesse fatto pace con se stesso e il ricordo di Bucky, la morte di quest’ultimo rianeva una della basi intoccabili della serie. Nel 2005 Ed Brubaker ebbe invece l’idea di riportare in vita Bucky, addirittura come nemico, senza però intaccare quel senso di colpa che caratterizzava Cap, ma solo cambiandolo. Nello specifico, scopriamo come Bucky sia sopravvissuto alla trappola che fece cadere in ibernazione Cap ma, privo di memoria, venne ritrovato dai sovietici e trasformato in un sicario con un arto cibernetico. Per tutta la guerra fredda lo smemorato Bucky, ora noto come Soldato d’Inverno, ha compiuto numerosi omicidi politici. Per evitare che riprendesse coscienza di sé stesso, dopo che un paio di volte ha dato in escandescenze, gli veniva fatto il lavaggio del cervello, e tra una missione e l’altra veniva messo in animazione sospesa (per questo è invecchiato di appena 6 anni nel corso di 6 decenni) per poi finire dimenticato in un magazzino come un’arma abbandonata, alla fine della Guerra fredda. Brubaker si muove magistralmente nelle maglie della continuty, non alterandole ma rimanendo coerente, e di fatto non togliendo a Cap il senso di colpa che lo ha sempre caratterizzato. Se prima Steve Rogers si sentiva colpevole per la morte prematura di Bucky, ora si sente colpevole del destino crudele che gli è capitato, dei numerosi lavaggi del cervello che la sua ex spalla ha subito dai sovietici e dei terribili omicidi che è stato costretto a commettere. Per tutto l’arco della storia Cap cercherà di salvare a qualunque costo il suo vecchio amico ritenendolo una vittima, mentre in molti lo vorrebbero morto per via delle sue azioni deplorevoli. Questa run è stata la base per il secondo film da solista dell’eroe a stelle e strisce, Captain America: the Winter Soldier. 9 – CIVIL WAR (2006) A riconferma che Capitan America a dispetto del nome non è un personaggio con una fede cieca nel proprio paese, ma è pronto a criticarlo, Mark Millar si serve del nostro eroe per farne il principale oppositore all’atto di registrazione dei supereroi (ispirato dal famoso patriot act di George Bush Jr.). In seguito a una tragedia in cui sono morti 800 bambini di una scuola elementare, compiuta a causa di un’azione avventata di alcuni giovani eroi, il governo decide di promuovere una legge che imponga a ogni uomo mascherato di registrarsi presso il governo e lavorare per lo Shield, pena l’arresto. La storia sarà una guerra fratricida tra gli oppositori della nuova legge guidati dallo stesso Cap e i favorevoli, guidati dal suo vecchio amico Iron Man. La guerra sarà un disastro da ambo le parti, e vedrà Cap consegnarsi spontaneamente quando si accorgerà che la sua rivalità con Iron Man sta diventando controproducente e dannosa per i civili. È nella natura di Capitan America vincere in modo “pulito” e senza danni collaterali, cosa che lo rende il perfetto contro altare di Iron Man, più pragmatico e pronto a scendere a compromessi pur di raggiungere il proprio fine. Alcuni lettori hanno ritenuto il comportamento di Cap “ipocrita”, in quanto proprio lui è stato il primo eroe sovvenzionato dal governo, che gli ha fornito il siero del supersoldato, l’uniforme e lo scudo che ancora oggi adopera, ma costoro mostrano di non conoscere né i precedenti del personaggio (torna ai paragrafi 5 e 6 qui sopra) né di aver capito il motivo della sua ribellione. Steve Rogers infatti si offrì volontario per l’esperimento che lo ha reso Capitan America ed è andato volontariamente sotto le armi. Cosa che è una differenza fondamentale rispetto all’atto di registrazione, che obbliga i supereroi a stare agli ordini del governo. Cosa che rimarca ancora una volta il suo essere la sentinella della libertà, di ogni libertà, inclusa quella di scelta. 10 – L’UOMO SENZA TEMPO (2010) Una storia “di nicchia” e non certo classica di Capitan America, una mini di 5 episodi scritta da Mark Waid (autore di uno dei cicli di Cap più apprezzati dalla critica nel 1995) in cui affronta un “dietro le quinte” di quanto accaduto al nostro eroe dopo essere stato ripescato ai giorni nostri dai Vendicatori in Avengers n. 4. Qui Capitan America sbatte letteralmente la testa contro la nuova società americana, per esempio quando viene colpito da un proiettile sparato da una “indifesa fanciulla” che stava salvando da un’aggressione. Cap rimane sconvolto quando viene a conoscenza, tramite internet, di molti avvenimenti storici avvenuti durante la sua assenza: la morte di Roosevelt, Hiroshima, il Vietnam, lo scandalo Watergate. Il destino lo porterà ad affrontare, insieme ai Vendicatori, Kang il conquistatore, un viaggiatore del tempo che lo rispedisce nel 1945, a guerra finita, per fargli rivivere la vita che l’incidente, che lo ha ibernato, gli ha tolto. Quello che potrebbe sembrare un lieto fine in realtà non lo è. Cap è ormai conscio dei cambiamenti sociali che si verificheranno, ritrovarsi in piena segregazione razziale e senza l’emancipazione femminile, gli dimostrano che i “bei vecchi tempi” non erano poi così belli e il futuro non è poi così brutto. La nostalgia dei primi episodi lascia il posto a una nuova consapevolezza. Un Capitan America davvero “senza tempo” in quanto troppo moderno per il passato e troppo retrogrado per quelli del presente, ma che cerca di lottare per un futuro migliore. Waid compie un ottimo lavoro di ri –modernizzazione delle primissime storie di Cap e i Vendicatori, senza intaccarne la continuity ma rinfrescandole, aggiornandole donandogli un punto di vista moderno. PLUS: ULTIMATES Concludiamo questa rassegna con Ultimates, la serie del 2000 di Mark Millar e Brian Hitch dove troviamo una versione di Capitan America opposta rispetto al Cap classico, più simile a una versione “realistica” del personaggio. Rivisitazione ultramoderna di Capitan America e i Vendicatori, anche questo Cap è un supersoldato della Seconda guerra mondiale sopravvissuto ai giorni nostri finendo in animazione sospesa, ma rispetto al Cap dell’universo “normale” non è un liberal di larghe vedute, con una grande coscienza sociale, bensì è più conservatore e dalla mentalità decisamente meno aperta. Un soldato in tutto e per tutto, che mai si sognerebbe di discutere gli ordini né di contestare il proprio paese. Un Capitan America meno simpatico, tuttavia non si tratta di un personaggio negativo. Non è sprovvisto di un lato umano, e anzi condivide con la sua controparte classica un senso di nostalgia e il dolore per le persone care scomparse, che ha visto la sua promessa sposa accasarsi con il suo migliore amico, Bucky Barnes, ormai ridotti a una coppia di anziani di 80 anni. Questo Steve Rogers si innamorerà di Wasp, con cui instaurerà una malsana relazione con un evidente gap generazionale, con lui uomo chiuso, brusco e retrogrado e lei donna emancipata e moderna con grossi problemi di autostima, tanto che tornerà a vedersi con l’ex marito Hank Pym, reo di averla maltrattata per anni. Famosa la scena in cui Cap indica la lettera sulla sua fronte gridando a un nemico alieno: “credi che questa lettera significa “Francia?”, intendendo come gli americani non siano arrendevoli come i francesi all’inizio della Seconda guerra mondiale. Insomma, questo Cap è tutto quello che il Cap originale non è, più simile semmai a John Walker/USAgent che a Steve Rogers. 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Bellissimo articolo, mi ha fatto ricordare che da parecchio che non rileggo queste storie e che ora di porre rimedio. Sembre bravo Carmelo Mobilia. Rispondi